Psichiatria

Guida al processo di decision making: i segreti per scegliere con saggezza

Il processo decisionale è cruciale nella vita quotidiana, coinvolge valutazioni anche nelle decisioni più semplici. In psicologia cognitiva, sono studiati i processi coinvolti, tra cui percezione, memoria, emozioni e distorsioni cognitive

Guida al processo di decision making: i segreti per scegliere con saggezza

Il processo decisionale è una componente fondamentale nella vita di ciascun individuo. 

La verità è che prendiamo decisioni continuamente, persino nelle situazioni più banali: decidere se andare al lavoro in macchina o a piedi, se gustare un gelato al cioccolato o alla fragola, se indossare un jeans o una gonna. Decisioni che, seppur possano sembrare di poco conto, implicano un processo di valutazione, spesso velocissimo. Lo stesso processo di valutazione che affrontiamo quando dobbiamo prendere decisioni di maggiore portata o complessità, come quelle legate al lavoro o al futuro della famiglia. 

In poche parole, il processo decisionale è il metodo strutturato mediante il quale raccogliamo informazioni, valutiamo le diverse alternative e giungiamo a una decisione che valutiamo come la più appropriata. Conoscerlo e capirlo è importantissimo e per tale motivo, in questo articolo, lo esamineremo più nel dettaglio. 

Cosa si intende per decision making?

Psicologicamente parlando, il processo decisionale è una delle tematiche più dibattute e studiate dalla psicologia cognitiva, in quanto coinvolge una vasta gamma di aspetti, dalla raccolta di informazioni alla risoluzione di problemi, passando per la comprensione dei bias decisionali. 

Per comprendere meglio questa complessa area di studio, bisogna iniziare col capire quali sono i processi cognitivi coinvolti. Nel processo decisionale, infatti, le persone si impegnano in una serie di numerosi processi cognitivi quali la percezione, la memoria, l’attenzione e il ragionamento. Ad esempio, quando si cercano informazioni per prendere una decisione, si utilizza la memoria per richiamare alla mente dati rilevanti e l’attenzione per concentrarsi sulle fonti di informazioni pertinenti.

Inoltre, non bisogna tralasciare le emozioni, come la paura o l’euforia, che svolgono anch’esse un ruolo significativo nelle decisioni umane. Noi tutti, in effetti, non sempre prendiamo decisioni in modo razionale. Siamo esposti a una serie di bias decisionali, che sono distorsioni sistematiche nel processo decisionale, spesso influenzate dalle nostre emozioni. Ne è un esempio il cosiddetto effetto ancoraggio, cioè quando – presi dall’euforia, ad esempio – si dà troppa importanza alla prima informazione che si riceve nonostante questa possa non essere rilevante per la decisione da prendere.

Nel corso del tempo gli psicologi hanno sviluppato diverse teorie per spiegare come le persone prendono decisioni. La teoria dell’utilità attesa, ad esempio, suggerisce che le persone pesano i risultati possibili in termini di probabilità e utilità per massimizzare il valore atteso. Altre teorie, come la prospettiva di Daniel Kahneman e Amos Tversky, hanno sottolineato il ruolo delle emozioni e dei bias nella decisione umana.

La comprensione dei modelli decisionali ha applicazioni pratiche in vari campi, tra cui l’economia, il marketing, la gestione e la pianificazione strategica. Ad esempio, le aziende possono utilizzare la conoscenza dei bias decisionali per progettare strategie di marketing più efficaci.

Quali sono le fasi del processo di decision making?

Sebbene il numero esatto di fasi che regolano un processo decisionale efficace possa variare a seconda delle situazioni, in generale, si possono distinguere sei fasi principali. Tali fasi possono essere adattate sia applicate a decisioni più semplici, come la scelta di cosa mangiare per pranzo, sia per decisioni molto più complesse.

  1. Identificazione del problema o dell’opportunità. La prima fase consiste nel riconoscere che vi è una situazione che richiede una decisione da prendere, come un problema che deve essere risolto o un’opportunità che può essere sfruttata.
  2. Raccolta delle informazioni. Una volta identificato il problema o l’opportunità, è necessario raccogliere tutte le informazioni pertinenti. Questo passaggio può includere la ricerca di dati, l’acquisizione di conoscenze e il ripescaggio di ricordi.
  3. Identificazione e valutazione delle alternative. In questa fase, vengono generate diverse opzioni o soluzioni per affrontare il problema o sfruttare l’opportunità, dopodiché vengono valutate. Questa valutazione può includere la considerazione dei vantaggi e degli svantaggi di ciascuna alternativa, la valutazione delle probabilità di successo e il confronto tra le opzioni. Spesso identificazione e valutazione vengono considerate come due fasi distinte. 
  4. Scelta. In questa fase, viene effettivamente selezionata una delle alternative individuate. 
  5. Attuazione. Dopo aver effettuato la scelta, è il momento di mettere in atto la decisione. Questa fase può richiedere la pianificazione e l’attuazione di azioni specifiche, come la comunicazione della decisione presa o la realizzazione di un piano di attuazione. 
  6. Valutazione della decisione presa e del suo impatto. Dopo aver attuato la decisione, è importante valutarne i risultati. Questo consente di capire se la decisione è stata efficace e se è necessario cambiare rotta o apportare modifiche.

Bisogna ricordare che il processo decisionale non è sempre lineare e può comportare un ritorno a fasi precedenti se emergono nuove informazioni o se le circostanze cambiano. Inoltre, le decisioni possono variare notevolmente in complessità. Le decisioni quotidiane, come cosa mangiare a colazione, possono richiedere solo alcune di queste fasi, mentre le decisioni complesse, come l’acquisto di una casa o la scelta di una carriera, possono richiedere una pianificazione più elaborata e più fasi coinvolte.

Quali sono gli stili decisionali?

Gli individui tendono ad adottare vari stili decisionali in base alla loro personalità, esperienza e situazione specifica. Le decisioni, infatti, sono influenzate da diversi fattori tra cui la personalità dell’individuo, l’ambiente e il numero di persone coinvolte. Alcuni preferiscono uno stile decisionale autocratico, altri uno stile decisionale consultivo o collaborativo.  Andiamo a scoprire più nel dettaglio quali sono gli stili decisionali comuni.

  • Stile decisionale autoritario. In questo caso, c’è una sola persona che prende la decisione senza coinvolgere nessun altro. Si tratta di uno stile di processo decisionale che può essere molto utile quando c’è bisogno di prendere decisioni rapide o che si adatta a persone che hanno una conoscenza molto approfondita sulla questione. 
  • Stile decisionale consultivo. Lo stile consultivo si adatta a quegli individui che preferiscono consultare gli altri prima di prendere una decisione finale. Specie in un gruppo di lavoro, questo coinvolgimento può portare a decisioni migliori attraverso l’apporto di più punti di vista.
  • Stile decisionale partecipativo. Questo stile coinvolge attivamente i membri di un gruppo nella presa di decisioni. È utile per promuovere l’entusiasmo e l’approvazione di chi è strettamente interessato dalla decisione stessa, ma può richiedere molto tempo.
  • Stile decisionale consensuale. In tal caso un individuo o un gruppo di individui lavorano insieme ad altre persone per raggiungere una decisione soddisfacente per tutti. È un processo lento ma può portare a risoluzioni solide e condivise.
  • Stile decisionale delegante. Si tratta dello stile di chi ha paura o poca fiducia in se stesso e affida la decisione finale a qualcun altro. Tale stile può essere molto efficace quando si ha poco tempo e si dispone di persone di fiducia.

È importante ribadire che l’uso di uno stile decisionale specifico dipende dalla situazione, dall’obiettivo e dalle dinamiche del gruppo. Spesso, una combinazione di stili può essere più efficace per affrontare decisioni complesse e varie.

Come si fa a prendere una decisione?

Come già spiegato, prendere una decisione è un processo spesso impegnativo. 

Innanzitutto, identificare il proprio obiettivo è fondamentale. In altre parole, bisogna comprendere appieno il problema che si sta cercando di risolvere e capire perché è importante. Questo aiuta a stabilire una scala delle priorità.

La raccolta di informazioni è il passo successivo. Raccogliere tutti i dati necessari relativi al problema consente di avere una visione più chiara della situazione, di generare idee sulle possibili soluzioni e prendere una decisione informata. Ovviamente bisogna anche tener conto dei propri valori guida, in quanto aiutano a determinare la direzione che si intende seguire, e tener presente che un’eccessiva razionalità può talvolta ostacolare la presa di decisioni significative. L‘intuito, come una specie di scorciatoia mentale del cervello, può infatti giocare un ruolo primario e fornire spesso indicazioni preziose.

Non bisogna poi dimenticare di considerare sempre le conseguenze delle proprie scelte. Ogni decisione avrà un impatto su svariate persone e situazioni, sia nel presente che nel futuro, e bisogna valutare bene i pro e i contro delle diverse opzioni al vaglio. Anche un approfondimento dei temi legati alla decisione, sia a livello logico che intuitivo, può contribuire a prendere decisioni efficaci.

Spesso prendere una decisione può provocare ansia, ma se ci si fida del proprio istinto e delle proprie facoltà morali e intellettive non dovrebbero esserci grandi problemi. Se dubbi o incertezze sorgono, basta chiedersi come ci si sente interiormente rispetto alla decisione presa e, qualora la risposta non dovesse piacere, rettificare il tiro. D’altronde, non esiste una decisione perfetta. Esiste solo la decisione migliore per se stessi e gli altri in una determinata situazione. Il resto sono solo possibili alternative.