Se affrontare una gravidanza in tempi ordinari significa esporsi anche agli imprevisti, farlo durante una pandemia richiede di ampliare notevolmente le proprie capacità di adattamento. Vediamo quali sono le maggiori sfide psicologiche per le mamme in attesa e come affrontarle al meglio.
Anche se la maternità è un processo naturale, non per questo è anche altrettanto semplice. Cambiamenti corporei, visite mediche, aggiustamenti psicologici per entrare nel ruolo materno sono alcuni tra i fattori che modificano lo stile di vita di una donna in gravidanza. La pandemia può amplificare ulteriormente la portata di questi cambiamenti, per questo riconoscerne le implicazioni può aiutare ad affrontare meglio i mesi di attesa.
Le sfide psicologiche per le mamme in attesa
L’aumento di ansia e di preoccupazione in gravidanza è una condizione fisiologica, ma in questo contesto emergenziale la paura del contagio amplifica le naturali apprensioni materne per la propria salute e per quella del bambino.
Le misure restrittive come la quarantena e la distanza fisica, inoltre, dettano un cambiamento nella routine quotidiana che può aumentare ansia e senso di isolamento. Lo scarso supporto sociale, ad esempio, è uno dei fattori che predispone all’insorgere di sintomi ansiosi e depressivi nel periodo perinatale, eventi che colpiscono tra il 10 e il 23 per cento delle donne in gravidanza, e tra il 10 e il 40 per cento nel post-partum.
I cambiamenti nella gestione della gravidanza, del travaglio, del parto e delle cure postnatali, infine, rischiano di aumentare in modo significativo il senso di solitudine delle donne, che spesso si ritrovano ad affrontare da sole questi passaggi.
Nuove preoccupazioni sul futuro
Il tempo dell’attesa, oltre a quello fisiologico dei nove mesi, è anche un tempo interno che la coppia dedica a costruire progetti e aspettative intorno alla nascita. L’anticipazione di scenari futuri può suscitare nei genitori trepidazione ed eccitazione, ma anche preoccupazione per ciò che non si può prevedere.
In particolare, le gestanti vivono con incertezza il momento del travaglio e del parto, nonché l’arrivo a casa e la cura del neonato, soprattutto se li affrontano per la prima volta.
Aspettare un figlio ai tempi del Covid-19 sottolinea ulteriormente il senso di insicurezza delle donne sul loro futuro: le preoccupazioni economiche, lavorative, sanitarie e fenomeni come l’infodemia – l’ondata di notizie false e/o inaccurate riguardanti il virus – accrescono i vissuti di base di ansia e paura. Le future madri si chiedono non solo quando finirà l’emergenza, ma soprattutto come finirà.
Un difficile passaggio del testimone
Sin dal concepimento, i futuri genitori devono ridefinire lo status di figli, per integrarvi la dimensione genitoriale. Per fare questo devono rinegoziare i legami con le rispettive famiglie d’origine. Questo passaggio può essere complicato da conflitti irrisolti e suscitare vissuti di perdita o sentimenti di colpa.
In particolare, per una donna la nascita di un figlio significa:
- Riesaminare il proprio modello interno di madre;
- Interrogare il rapporto con la madre reale, che si appresta ora a diventare nonna.
Per un uomo sarà importante invece:
- Fare i conti con sentimenti di esclusione innescati dalla simbiosi madre-bambino;
- Fornire alla compagna sostegno e sicurezza, sia durante la gravidanza che nel post-parto, in modo da proteggere lo sviluppo emotivo del bambino.
Il problema è che lo spazio dedicato al confronto tra generazioni risulta compromesso a causa della pandemia. L’unico modo per tutelarlo è affidarsi a canali virtuali, che però comprimono l’espressione affettiva e privano i futuri genitori del supporto materiale di nonni, parenti e amici. La coppia quindi si trova nuda, perché i consueti spazi di condivisione affettiva sono ridimensionati. Stessa cosa accade per i servizi di sostegno alla genitorialità, che di solito forniscono importanti occasioni di supporto tra pari.
Lutti simbolici e lutti reali
Il primo incontro col bambino reale ridimensiona aspirazioni e fantasie coltivate durante l’attesa: il bambino appena nato corrisponde solo in modo parziale con quello immaginato. Per i genitori è quindi necessario mettere da parte le proprie proiezioni personali e riconoscerlo per com’è davvero.
Si tratta di un lutto simbolico, che riguarda non solo le aspettative sul bambino, ma anche il modo di pensarsi genitori. E nell’epoca in cui viviamo, i lutti simbolici si inscrivono in lutti collettivi e reali legati all’epidemia, allineando il tema della morte con quello della vita che nasce.
A questo proposito, una ricerca sull’impatto psicologico del Covid-19 su un campione di donne in attesa, ha messo in luce una profonda trasformazione delle aspettative sul parto. Mentre la paura è rimasta l’emozione più diffusa tra le gestanti sia prima che dopo il Covid-19, la rete di parole collegate a questa emozione è cambiata in misura notevole con la pandemia. Se prima la paura era associata a gioia, felicità, condivisione e serenità, con il coronavirus si affianca a termini come restrizione, tristezza, solitudine, ansia e inabilità. Se prima le paure erano associate al dolore fisico del travaglio e ai cambiamenti di vita necessari per accogliere il neonato, durante la pandemia emergono sentimenti di pericolo dovuti anche alle politiche di gestione degli ospedali. In molte strutture, infatti, le madri con positività al Covid-19 sospetta o confermata sono separate dai loro bambini e non possono allattare. I padri, inoltre, non possono affiancare le partner durante il travaglio e/o al momento del parto.
Cambiare strada
Le misure restrittive adottate da molti ospedali rispondono più a un criterio di precauzione che alle evidenze scientifiche. L’epidemia ha alterato i diritti umani in gravidanza e nel parto sanciti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), come:
- scegliere una persona da avere vicino durante il parto;
- essere libere di assumere varie posizioni durante travaglio e il parto;
- favorire la prossimità e il contatto pelle a pelle tra madre e bambino subito dopo la nascita;
- condividere la stanza col proprio bambino e promuovere l’allattamento in sicurezza, indossando correttamente la mascherina e igienizzando le mani.
Garantire la vicinanza con il partner o con una persona cara durante il parto è una componente critica della cura, che genera numerosi effetti positivi per la donna e la relazione madre-bambino. Il sostegno affettivo è utile per abbassare la percezione di pericolo, ansia e abbandono che simili esperienze possono evocare nelle donne, soprattutto per quelle con precedenti problemi psicologici, più a rischio di sviluppare depressione postnatale. Incoraggiare la prossimità tra madre e bambino sin dai primi minuti dopo la nascita, invece, favorisce l’allattamento e il bonding (legame) della diade.
Come spiega Fabio Mosca, presidente della Società Italiana Neonatologia, le mamme positive asintomatiche o poco sintomatiche possono stare con i loro neonati e allattare: uno studio recente ha rivelato che con l’igiene delle mani e l’uso corretto delle mascherine oltre il 97,5 per cento dei bambini evitava il contagio e chi contraeva l’infezione era in genere asintomatico o sviluppava sintomi lievi.
Come gestire le preoccupazioni
- Accogliere senza giudizio o biasimo tutte le emozioni, anche quelle più spiacevoli che, soprattutto in questo periodo, possono emergere con più evidenza. Pur nella consapevolezza che le emozioni materne generano cambiamenti ormonali percepiti dal feto nei loro correlati fisici, è importante che le mamme in attesa sappiano che tale influenza non è l’unica variabile in grado di determinare lo sviluppo psico-emotivo del loro bambino.
- Pensare alle opportunità che questo momento di isolamento può offrire in termini di maggiori occasioni per prendersi cura di sé (alimentazione, sonno, attività fisica, letture, esercizi di rilassamento) e quindi del proprio bambino. Evitare la sovraesposizione alle informazioni dei media e preferire informarsi una o due volte al giorno da fonti ufficiali.
- Ripensare con più flessibilità alle proprie aspettative sul momento del travaglio e del parto, accettando l’incertezza e la transitorietà del momento. Essere consapevoli che l’assistenza al parto in ospedale può subire modifiche per via delle nuove direttive può aiutare la coppia ad accogliere con minor rigidità l’imprevisto. Contemplare, se le condizioni di salute materno-infantile e quelle economiche lo consentono, soluzioni alternative all’ospedale per partorire (come le case maternità o il parto in casa).
- Anche il ritorno a casa potrebbe rivelarsi diverso da come lo si era immaginato, senza il tipico viavai di parenti e amici ad accogliere la nuova nascita. In un’altra ottica questa situazione può rivelarsi un’opportunità per la coppia di sintonizzarsi sui bisogni del bambino, di conoscerlo senza distrazioni, ma anche di modularsi nella nuova dimensione co-genitoriale, accrescendo il senso di intimità familiare.
Infine, se le preoccupazioni e l’ansia rischiano di andare fuori controllo, può essere utile chiedere il supporto psicologico di un professionista, in modo da affrontare con maggiore serenità questo importante percorso di cambiamento.
(1 Dicembre 2020)