L’ipertensione essenziale è una patologia subdola: non presenta sintomi evidenti ma può influenzare la qualità della vita provocando gravi danni alla salute. La psiche conta molto sia nella fase di prevenzione che in quella di cura.
“Non arrabbiarti che ti fa male al cuore!”, “Calmati o ti salterà una coronaria!”.
Una pressione sanguigna alta può costituire un grave pericolo per la salute. Vediamo in che modo il benessere psicologico influenza lo sviluppo di questa patologia.
Che cos’è l’ipertensione?
L’ipertensione arteriosa è una condizione medica in cui i vasi sanguigni sopportano in maniera costante una pressione alta. La pressione sanguigna è la forza esercitata dal sangue in circolo contro le pareti delle arterie.
L’ipertensione può aumentare il rischio di sviluppare diverse patologie, come:
È una delle principali cause di morte prematura in tutto il mondo e colpisce quasi il 28 per cento della popolazione adulta. In media, tra gli uomini soffre di ipertensione una persona su quattro, e tra le donne una su cinque. Negli Stati Uniti e in Europa ne soffre circa un terzo della popolazione adulta.
Cause dell’ipertensione
A differenza dell’ipertensione secondaria – di solito causata da disturbi renali o del sistema endocrino – l’ipertensione essenziale ha molteplici cause. La pressione alta può essere causata da abitudini di vita non salutari, tra cui:
- mangiare troppo sale,
- bere alcol,
- fumare,
- essere in sovrappeso oppure obesi,
- non fare abbastanza attività fisica.
Il rischio di ipertensione è aumentato poi da altre condizioni, come l’età e il genere. Oltre i due terzi degli individui di età superiore ai 65 anni soffrono di ipertensione e gli uomini in media hanno maggiori probabilità di essere ipertesi rispetto alle donne (anche se dopo i 65 anni accade l’opposto). Inoltre, una storia familiare di ipertensione, stress di lunga durata e basso status socio-economico sono altri fattori di rischio.
Sintomi dell’ipertensione
Molte persone con ipertensione non notano i sintomi e potrebbero non essere consapevoli del problema. I sintomi dell’ipertensione possono includere:
- mal di testa mattutino,
- sangue dal naso,
- ritmi cardiaci irregolari,
- alterazioni della vista,
- ronzio nelle orecchie.
Le forme più gravi possono comportare poi affaticamento, nausea, confusione, ansia e tremori muscolari. Se non trattata, l’ipertensione può causare dolore toracico persistente (“angina”), attacchi di cuore, insufficienza cardiaca. Il problema maggiore è che le arterie ipertese sono più fragili e rendono l’individuo più esposto a ictus, infarti e danni ai reni.
Qualità della vita delle persone ipertese
Vi sono prove crescenti a supporto dell’ipotesi che l’ipertensione sia correlata negativamente con la qualità della vita dei pazienti. In altre parole, se la qualità della vita è alta, il rischio di ipertensione è minore. Viceversa, le persone più ipertese tendono a segnalare un benessere ridotto, livelli più elevati di stress psicologico e maggiori sintomi.
Strategie di coping nell’ipertensione
Nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa sono molto importanti le strategie di coping, ovvero l’insieme di atteggiamenti, pensieri e comportamenti che mettiamo in atto per affrontare situazioni stressanti. Esistono strategie più efficaci e altre che invece peggiorano la situazione.
Strategie disadattive
I pazienti con malattie cardiovascolari tendono a usare strategie disadattive, tra cui:
- pensiero fatalista,
- autoaccuse,
- evitamento dei problemi,
- minimizzazione della minaccia,
- soppressione delle emozioni.
Tali strategie sono associate a maggiore angoscia emotiva, aumento della pressione sanguigna e limitazioni fisiche.
Anche la depressione influisce sulla qualità della vita dei pazienti con malattie cardiovascolari. In uno studio del 2012 i pazienti più depressi riportavano un maggior numero di limitazioni nella vita quotidiana e un peggior funzionamento fisico, emotivo e sociale. I sintomi depressivi erano anche collegati a una durata maggiore dell’ipertensione e a un rischio aggiuntivo di eventi cardiaci.
Strategie adattive contro l’ipertensione
Le strategie adattive sono le migliori per affrontare lo stress. Possono portare a risolvere i sintomi o, quantomeno a un adattamento migliore alle patologie, riducendo il disagio emotivo che esse provocano.
L’ipertensione è una condizione gestibile, e capirlo può aumentare la fiducia nel riuscire a vivere con una malattia cronica. E a proposito di fiducia, un elemento comune nei programmi progettati per migliorare l’autogestione della malattia e migliorare la qualità della vita è l’attenzione al livello di autoefficacia: la fiducia nella propria capacità di riuscire a raggiungere un determinato obiettivo.
Nel video che segue abbiamo parlato di quanto questo aspetto sia importante per la salute e il benessere (mentre qui trovate l’articolo di approfondimento).
In che modo le emozioni influenzano la pressione
Diversi studi sull’ipertensione hanno rilevato che vissuti emotivi di rabbia, ansia e depressione, possono essere rischiosi per il benessere psicofisico. Sembra infatti che il fattore principale nei pazienti con ipertensione sia la costante lotta con le emozioni aggressive.
Allo stesso tempo, i pazienti hanno paura di perdere l’approvazione degli altri ed è per questo che sopprimono la loro ostilità. È stato osservato che durante le visite mediche, i pazienti con ipertensione arteriosa essenziale tendono a esprimere meno le loro emozioni negative rispetto a persone che non soffrono di questa problematica. In questo modo il rapporto medico-paziente può essere danneggiato, portando a ritardi nella diagnosi e nella terapia.
Infine, sembra che la rabbia sia un’emozione e un tratto caratteriale comune nelle persone che soffrono di ipertensione. La relazione causale tra rabbia e ipertensione comunque non è ancora molto chiara. Trattandosi di una condizione psicosomatica, le cause del fenomeno clinico sono molteplici ed è opportuno impostare un buon trattamento anche senza riconoscere una causa univoca originaria.
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L’ipertensione come strategia appresa
Alcuni autori hanno teorizzato che l’aumento della pressione sanguigna sia una strategia per far fronte allo stress. In pratica, grazie a recettori sensoriali posti nei vasi sanguigni e nel cuore (i cosiddetti barocettori) l’aumento della pressione induce una riduzione del dolore e dello stress percepito. Ciò però innesca un circolo vizioso poco utile alla persona.
Questo meccanismo spiega inoltre la mancanza di compliance nelle cure a base di farmaci antipertensivi: anche se accompagnate dalla promessa di una durata di vita più lunga, tali trattamenti risultano meno appetibili, perché obbligano la persona a rinunciare a un meccanismo di difesa nei confronti dello stress.
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(3 Agosto 2020)