La paralisi del sonno porta, chi ne soffre, ad una temporanea incapacità di muoversi. Questa condizione può manifestarsi sia durante il risveglio, sia poco prima che la persona si addormenti.
Da cosa può essere determinato questo disturbo del sonno? Si tratta di una condizione tutto sommato benigna, anche se risulta consigliabile escludere cause organiche accertabili attraverso esami medico-specialistici. Questa condizione può essere fonte di disagio psicologico, di ansia o di paura.
Con la dottoressa Ilaria Bellavia approfondiamo le dinamiche della paralisi del sonno, cercando di comprenderne le cause e le possibilità di intervento.
Che cos’è la paralisi del sonno?
La paralisi del sonno, che viene anche definita paralisi ipnagogica, è un disturbo del sonno che si declina nella incapacità transitoria di movimento e di parola da parte della persona. Questa incapacità si manifesta, specificamente, poco prima rispetto all’addormentamento oppure quando la persona si sta risvegliando.
Durante un episodio di paralisi del sonno il soggetto va incontro ad atonia muscolare. La persona è comunque cosciente, ma non è sostanzialmente in grado di muoversi. Al termine dell’episodio, che può durare pochi secondi o pochi minuti, la persona è perfettamente in grado di parlare e di muoversi.
L’unico strascico degno di nota è rappresentato da una passeggera sensazione di disagio o un leggero stato d’ansia.
Come si manifesta?
Questo tipo di paralisi momentanea è classificato tra le parasonnie. Si tratta di uno specifico disturbo del sonno di tipo episodico che si caratterizza per comportamenti anomali, o per avvenimenti fisiologici indesiderati, che possono verificarsi in precisi cicli del sonno o nella transizione tra sonno e veglia.
Il sintomo distintivo di questa condizione è, ripetiamo, una incapacità di parlare e di muoversi che perdura alcuni secondi e può durare complessivamente alcuni minuti. Quando l’episodio si è esaurito, la persona non subisce alcuna ripercussione a carico delle proprie capacità cognitive e motorie.
Paralisi del sonno e allucinazioni
È possibile che durante un episodio di paralisi del sonno si abbiano delle allucinazioni, o siano percepite delle presenze, oppure dei suoni, che non sono reali. Spesso viene riferita la sensazione, ad esempio, che non ci si senta da soli nella stanza. Le allucinazioni possono essere di due tipi:
- allucinazioni ipnagogiche, se accadono non durante il sonno ma nella fase di passaggio tra la veglia e il sonno
- allucinazioni ipnopompiche quando accadono al risveglio.
Chi soffre di paralisi del sonno?
A soffrire di questo disturbo è, nei Paesi industrializzati, circa il 6% della popolazione. Si tratta per lo più di episodi di tipo sporadico, che nella maggior parte dei casi tende a verificarsi in una sola circostanza durante l’intero arco di una vita.
In merito alla fascia di popolazione che soffre di paralisi del sonno, non c’è una particolare differenza d’incidenza tra la popolazione maschile e femminile, ma sembra esserci una concentrazione di età compresa tra i 25 anni e i 44 anni. Si tratta quindi di adolescenti e giovani adulti.
Tra il 30% e il 50% delle persone che soffrono di narcolessia tende a soffrire di paralisi del sonno.
A cosa è dovuta la paralisi del sonno?
Ci possono essere due ordini di cause all’origine di questa condizione: meccanismi di tipo neurologico o quelle che possono essere definite cause psicologiche.
Nel primo caso, è stata ipotizzata una alterazione nei processi dei neurotrasmettitori che causano sia la paralisi che il rilassamento muscolare, aspetti tipici della fase REM. Questo errore di tempistica, per così dire, sfocia in una condizione di paralisi muscolare appena prima dell’addormentamento o appena dopo il risveglio.
Questa alterazione di sincronia può, quindi, essere innescata da una serie di altri fattori quali:
- deprivazione di sonno
- irregolarità del sonno
- età, ovvero nel periodo compreso tra i 15 e i 40 anni
- narcolessia
- storia familiare. È possibile che chi ha familiari affetti da paralisi del sonno abbia più probabilità di manifestare questo disturbo.
Come viene diagnosticata?
Una anamnesi approfondita aiuterà lo specialista nella diagnosi, che si ha quando si siano verificati almeno 2 episodi di paralisi in un semestre e ci siano ansia e disagio prima di andare a letto. Le domande rivolte al paziente vertono a conoscere:
- durata ed evoluzione delle paralisi
- eventuali allucinazioni di sorta
- la possibilità di un cambiamento nelle abitudini poco prima dell’insorgenza del primo episodio
- possibilità di soffrire di cataplessia, ovvero di una improvvisa perdita di controllo muscolare, oppure del cosiddetto comportamento automatico.
La perdita di controllo muscolare e il comportamento automatico, ovvero la prosecuzione senza sosta di una attività in cui si è presi, possono essere indicativi di come questa paralisi abbia nella narcolessia la propria causa.
Cosa fare in caso di paralisi del sonno?
La paralisi del sonno può coinvolgere corpo e mente del soggetto ed essere fonte di disagio psichico, vista anche la sua correlazione nell’insorgenza degli attacchi di panico in un caso su dieci.
Questa condizione può essere contrastata innanzitutto attraverso una buona pratica del sonno. Spesso infatti chi soffre di questo disagio dorme poco, o male.
E per dormire bene si può:
- limitare l’assunzione di caffeina
- non mangiare, non fumare né bere alcolici poco prima di coricarsi
- fare in modo che la camera da letto sia in un ambiente confortevole e accogliente
- svolgere attività fisica regolarmente
- dedicarsi alla meditazione
- praticare training autogeno
- cercare di gestire al meglio stati di stress elevato, ansia e tono dell’umore basso
È altresì possibile intraprendere un percorso di psicoterapia; la cognitivo-comportamentale ha dimostrato risultati in questo senso. La psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico permette alla persona di essere consapevole delle proprie difficoltà e di poter quindi imparare a gestirle al meglio.
Nei casi invece di cronicità della paralisi del sonno, si può ricorrere ad un approccio farmacologico, sotto prescrizione e stretta osservanza medica. Tra i farmaci più adottati può essere menzionata la ciclopramina, un tipo di antidepressivo triciclico, solitamente somministrato nell’arco di uno, due mesi.
(19 Gennaio 2023)