Il ritardo mentale è una condizione caratterizzata da un funzionamento intellettivo significativamente inferiore alla media, associato a limitazioni nelle abilità adattive quotidiane.
Arriva a interessare circa il 2% della popolazione italiana, su più livelli e con differenti gradi di intensità. Il ritardo mentale, a livello globale, interessa tra il 2% e il 4,5% della popolazione mondiale. In Italia, secondo i dati forniti dalla SIDiN, la Società Italiana per i Disturbi del Neurosviluppo-Disturbi dello Sviluppo Intellettivo e dello Spettro Autistico, riguarderebbe il 2% della popolazione.
Cosa si intende esattamente con il termine disabilità intellettiva? Quali ne sono le cause? E in che modo è possibile intervenire?
Ritardo mentale, di cosa si tratta?
Per ritardo mentale, o più correttamente disabilità intellettiva, s’intende la condizione in cui le funzioni intellettive sono significativamente al di sotto della media. Si tratta, nello specifico, di un disturbo neuroevolutivo che può essere di ostacolo allo svolgimento della vita quotidiana e può inficiare la capacità di svolgere diverse attività.
L’esordio della disabilità intellettiva avviene di solito durante il periodo dell’età evolutiva e i deficit riguardano il funzionamento adattivo, che interessa la sfera della comunicazione, dell’autocontrollo, dell’autonomia personale, delle abilità sociali. Le persone con ritardo mentale hanno, inoltre, necessità di supporto, da parte del nucleo affettivo e di caregiver professionali, su più livelli.
Gli aspetti che risultano compromessi dalla disabilità intellettiva sono l’attenzione, la memoria, la percezione, il linguaggio e le relazioni di tipo sociale.
Come si fa la diagnosi del ritardo mentale?
Una diagnosi di disabilità intellettiva, secondo le indicazioni del DSM-5, attraversa quattro passaggi:
- test prenatale, che può interessare le cosiddette coppie ad alto rischio e prevede analisi quali amniocentesi, ecografia, quad test, screening prenatale non invasivo
- valutazione quoziente intellettivo e dello sviluppo mentale attraverso dei test, che in ogni caso sono passibili di errore e devono essere confortati da dati clinici
- imaging del sistema nervoso centrale, al fine di predire possibili problematiche cognitive
- screening prenatale, usato per intercettare la sindrome di Down, di Edwards e di Patau
- test genetici quali l’analisi cromosomica con microarray e il cariotipo.
La diagnosi deve inoltre tenere conto dell’insorgere, durante la prima infanzia, di deficit che riguardano due tipi di funzionamento:
- funzionamento intellettuale, ovvero il pensiero astratto, l’apprendimento nel contesto scolastico o attraverso l’esperienza, la capacità di ragionare e di pianificare, il problem solving
- funzionamento adattivo, espressione con la quale si intende la riuscita nel soddisfare specifici standard socioculturali, e di età, così da agire in modo indipendente e soddisfacente nelle incombenze della vita di tutti i giorni.
Quanti tipi di ritardo mentale esistono?
Vengono classificati quattro livelli di ritardo mentale:
- lieve, con un range nel Quoziente Intellettivo compreso tra 50-55 e 70
- moderato, i cui valori di QI oscillano tra 35-40 fino a 50-55
- grave, con valori compresi tra 20-25 e 35-40
- gravissimo, la cui valutazione non supera 20-25 nel punteggio per il QI.
La gravità della disabilità intellettiva non si basa esclusivamente su test (quali la Scala di Wechsler, la scala di Leiter-R o lo Stanford-Binet), ma tiene conto anche di ulteriori criteri, definibili domini, di tre ordini:
- concettuale, relativo alle competenze di lettura e scrittura, di calcolo, apprendimento e memoria
- sociale, che comprende il vivere il proprio contesto sociale e l’entrare in empatia, il comunicare e fare amicizie
- pratico, la cura di sé e il saper gestire tempo, lavoro e denaro.
Sindrome di down e sindrome di Marfan
Le persone che soffrono di sindrome di Down (trisomia 21) patiscono una condizione di disabilità intellettiva che riguarda l’ambito della comunicazione e del linguaggio, della memoria e dell’attenzione, del ragionamento e della competenza sociale.
Anche la sindrome di Marfan (una patologia rara di tipo ereditario che colpisce il tessuto connettivo) comporta un deficit cognitivo.
Quali sono i sintomi del ritardo mentale?
I sintomi del ritardo mentale possono variare in base alla gravità del disturbo, ma generalmente includono:
- difficoltà nell’apprendimento
- ritardo nello sviluppo motorio
- difficoltà di comunicazione
- problemi sociali e comportamentali
- ritardo nell’acquisizione di abilità di vita quotidiana
- difficoltà nell’adattarsi all’ambiente scolastico
- limitazioni cognitive.
Vediamo come si manifesta la disabilità intellettiva in base al suo livello di gravità.
Come si comporta una persona con ritardo mentale lieve?
Il ritardo mentale lieve rappresenta la forma più diffusa, riguardando circa l’83-85% delle persone con disabilità intellettiva. Nei bambini, non è subito evidente, e durante i primi anni di vita (da 0 a 5 anni), essi sviluppano generalmente capacità sociali e comunicative senza mostrare compromissioni significative nelle aree senso-motorie.
Spesso, sono indistinguibili dai loro coetanei senza disabilità fino all’inizio della scuola primaria. Le difficoltà, infatti, diventano più evidenti durante l’inserimento nella scuola, quando possono emergere problemi nell’apprendimento.
Si consiglia talvolta di far rimanere questi bambini nella scuola dell’infanzia fino ai 6 anni, poiché tendono a imparare a leggere e scrivere in ritardo rispetto alla norma, generalmente attorno ai 7-8 anni.
Durante il percorso scolastico, possono raggiungere livelli di apprendimento corrispondenti all’incirca alla quinta classe primaria entro i 20 anni. Nonostante raggiungano un’età mentale compresa tra gli 8 e gli 11 anni alla fine del percorso scolastico, in età adulta possono acquisire abilità sociali e occupazionali sufficienti per garantire un minimo di autosostentamento, anche se spesso necessitano di supporto, guida e assistenza, specialmente in situazioni di stress sociale o economico.
Ritardo mentale moderato
Il ritardo mentale moderato si manifesta con un’età mentale che difficilmente supera i 5-7 anni. Coinvolge circa il 10-14% delle persone con disabilità intellettiva. I bambini affetti da questa forma acquisiscono il linguaggio e le abilità prescolastiche in modo lento, e imparano a leggere e scrivere intorno ai 10-12 anni. Beneficiano, tuttavia, dell’addestramento alle attività sociali e lavorative. Tuttavia, raramente progrediscono oltre il livello della seconda classe primaria nelle materie scolastiche.
Durante l’adolescenza, le difficoltà nel riconoscere le convenzioni sociali possono influire sulle relazioni con i coetanei. Questi individui presentano discrete capacità comunicative e possono prendersi cura di sé stessi e svolgere lavori semplici con supervisione. Hanno una relativa autonomia nei luoghi familiari e possono adattarsi discretamente alla vita sociale. Le difficoltà si estendono anche al linguaggio, con un vocabolario limitato e difficoltà nei nessi logici.
A livello sociale, tendono a sentirsi alienati rispetto ai loro coetanei, spesso consapevoli della propria condizione. Alcune delle cause più frequenti di ritardo mentale moderato includono:
- sindrome di Down
- encefalopatie epilettiche infantili
- lesioni cerebrali al parto.
Ritardo mentale grave
Il ritardo mentale grave comporta un’età mentale che si ferma generalmente ai 2-3 anni e riguarda il 3-4% delle persone con disabilità cognitiva. Lo sviluppo psico-motorio è ritardato, con difficoltà nel camminare e goffaggine motoria anche in età adulta.
Durante la prima infanzia, questi individui acquisiscono un livello minimo di linguaggio comunicativo, ma la produzione verbale è spesso limitata a singole parole o frasi semplici. Durante il periodo scolastico, possono imparare a parlare e addestrarsi alle attività di cura personale, con limitato beneficio dall’insegnamento delle materie scolastiche. Possono acquisire competenze di base per la cura di sé e svolgere attività lavorative molto semplici in ambienti protetti.
Alcuni possono presentare comportamenti autolesivi e di disadattamento, ma in generale si adattano bene alla vita in comunità o con la famiglia, a meno che non vi siano disabilità associate che richiedano assistenza specializzata.
Possono essere alla base del ritardo mentale grave:
- casi gravi di autismo
- forme gravi di sindrome di Down.
Ritardo mentale gravissimo
Il ritardo mentale gravissimo è caratterizzato da un’età mentale inferiore ai 2 anni. Rappresenta l’1-2% dei casi, ed è associato a una condizione neurologica diagnosticata che spiega il disturbo.
Durante la prima infanzia, mostrano compromissioni significative nel funzionamento senso-motorio. Le abilità concettuali sono prevalentemente legate al mondo fisico anziché a processi simbolici, e la comunicazione simbolica è limitata.
La persona non è in grado di svolgere le principali funzioni della vita quotidiana, con una vita di relazione notevolmente ridotta. Il linguaggio è assente o fortemente compromesso, e la necessità di sostegno è pervasiva, duratura e continua. Questi individui sono dipendenti dagli altri per ogni aspetto della cura fisica, della salute e della sicurezza quotidiana, sebbene possano partecipare ad alcune attività. Alcuni di loro possono svolgere compiti semplici in ambienti altamente controllati e protetti, ma in una piccola parte possono manifestare comportamenti disadattivi.
Questa condizione può essere associata a:
- casi gravi di sindrome di Rett
- anencefalia parziale
- lesioni cerebrali estremamente gravi, come nei casi severi di paralisi cerebrale infantile con tetraplegia e disturbi degli organi di senso
- grave anossia al momento del parto.
Quali sono le cause del ritardo mentale?
I fattori che determinano una disabilità intellettiva vanno divisi in tre archi temporali: cause prenatali, cause perinatali e post-parto.
Tra le cause prenatali segnaliamo diverse anomalie cromosomiche: non solo la trisomia 21, appena indicata, ma anche la sindrome di Turner, le trisomie 13 e 18. Dobbiamo segnalare anche le infezioni congenite determinate dal virus della rosolia, dal virus herpes simplex (responsabile dell’herpes labiale), dall’HIV. L’abuso di alcol può determinare la sindrome feto-alcolica, altro fattore di rischio.
Le cause perinatali possono essere delle complicanze o condizioni legate a:
- parto prematuro
- emorragia del sistema nervoso centrale
- parto podalico
- gravidanza multipla
- asfissia perinatale
- preeclampsia.
Anche dopo la nascita il neonato, e quindi il bambino, può incorrere in circostanze che favoriscono una disabilità intellettiva. Parliamo di malnutrizione, principalmente, e di deprivazione ambientale, che consiste nell’assenza di stimoli di tipo fisico, emotivo e cognitivo. Infezioni quali meningiti e intossicazioni croniche da mercurio o piombo.
Come si cura la disabilità intellettiva?
Il trattamento di una disabilità intellettiva richiede innanzitutto un intervento precoce, una volta effettuata la diagnosi, e in seconda battuta coinvolge un team multidisciplinare. L’obiettivo principale si basa sul sostegno alle competenze sociali e alle funzioni cognitive.
Il team multidisciplinare comprende, oltre agli educatori:
- gli psicologi, per gli interventi di tipo comportamentale
- gli assistenti sociali, per la riduzione dell’isolamento
- i pediatri dello sviluppo comportamentale e i neurologi pediatrici
- i logopedisti, per possibili ritardi di linguaggio
- i nutrizionisti, quando il deficit è legato alla malnutrizione.
Questo insieme di professionisti hanno il compito di fornire un adeguato supporto affinché la persona con ritardo mentale possa vivere al meglio nel proprio contesto, che sia familiare o relativo a strutture residenziali.
La terapia farmacologica, nei casi di disabilità intellettiva, risulta efficace solo nella misura in cui è rivolta al trattamento di patologie di tipo psicologico che possono associarsi a questa condizione, com’è il caso della depressione. Sempre nel contesto di una terapia psicologica.
Un percorso familiare
Il supporto psicologico non riguarda soltanto la persona con ritardo mentale. Attorno a un individuo c’è la comunità di riferimento, una comunità affettiva, relazionale, ricreativa e professionale.
La famiglia è la prima comunità affettiva che ruota intorno alla persona affetta da disabilità intellettiva e ha bisogno di una sponda terapeutica, così da essere di aiuto concreto nell’inserimento sociale e nel supporto alla persona.
Spesso, il peso nella cura di un familiare malato rischia di invalidare anche la vita dei caregiver, creando un circolo vizioso che finisce col danneggiare i principali attori del nucleo familiare. Le persone che soffrono di una disabilità intellettiva, accertata da una diagnosi, vedono i propri diritti riconosciuti dall’articolo 3 della legge 104/92.
(1 Febbraio 2024)