Autismo, come si definisce? Quali terapie sono possibili?

La persona, o il bambino, che soffre di disturbo dello spettro autistico rischia di essere isolata dagli affetti e dalla interazione con il mondo esterno. Tuttavia è possibile intervenire per insegnare una base di comunicazione e di ascolto.

Autismo, come si definisce? Quali terapie sono possibili?

L’autismo è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da insorgenza precoce.

I bambini con disturbo dello spettro autistico, e più in generale le persone con autismo, vivono una realtà che spesso è complessa e particolarmente sfuggente per le altre persone.

La dottoressa Maria Pugliatti, neuropsichiatra infantile del Santagostino, e il dottor Claudio Rovati, terapista della neuro e psicomotricità, spiegano come può essere definito il disturbo dello spettro autistico, quali possono esserne le cause, e quali percorsi terapeutici sono possibili.

Che cos’è l’autismo in poche parole?

Il disturbo dello spettro autistico, in inglese Autism Spectrum Disorder (ASD), è un disturbo del neurosviluppo a insorgenza precoce. Fa parte di quei disturbi che si manifestano tipicamente nelle prime fasi dello sviluppo, caratterizzati da deficit che causano una compromissione a livello personale, sociale e scolastico.

L’ultima revisione del Manuale statistico e diagnostico (DSM-5) ha proposto la categoria diagnostica Disturbo dello spettro autistico, volendo proprio sottolineare con il termine spettro l’eterogeneità del disturbo, che si manifesta lungo un continuum in cui ciascun individuo presenta proprie specificità.

A cosa è dovuto l’autismo?

Nel caso dell’autismo si parla di multifattorialità. Da anni se ne stanno studiando le basi neurobiologiche, ma ad oggi non è possibile evidenziare alterazioni morfologiche e biochimiche comuni ai diversi Disturbi dello spettro autistico. Sono comunque proposte molte teorie patogenetiche:

  • anomalo sviluppo di strutture cerebrali e di connessione tra le diverse aree
  • disfunzioni di neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale
  • anomalie immunologiche
  • processi autoimmuni
  • disturbi del metabolismo.

Nei gemelli monozigoti è stata osservata un’elevata concordanza, compresa tra il 70% e l’80%, fatto che depone per l’esistenza di una sottostante componente genetica del disturbo.

Anche i fattori ambientali sembrano avere un ruolo importante:

  • esposizione materna durante la gravidanza a infezioni virali, come virus della rosolia e citomegalovirus o a sostanze chimiche
  • rapporto tra autismo ed età del concepimento dei genitori, con un tasso elevato, non solo quando entrambi i genitori sono anziani, ma anche con l’aumentare della differenza di età tra i genitori. Si ha un fattore di rischio più elevato associato all’età del padre se over 50, coerentemente con l’ipotesi che l’insorgenza sia in parte legata a mutazioni genetiche negli spermatozoi.

A volte l’autismo risulta associato a sindromi o patologie genetiche rare, in grado di compromettere il normale funzionamento del sistema nervoso centrale:

  • sclerosi tuberosa
  • sindrome di Rett
  • sindrome di Down
  • fenilchetonuria
  • sindrome di Landau Kleffer
  • sindrome dell’x-fragile.

Si parla quindi di autismo sindromico, e la classificazione avviene in base alla sindrome specifica.

Quali sono i segnali di autismo?

Possiamo raggruppare i sintomi dell’autismo in alcune grandi aree, secondo la classificazione del DSM-5:

  • difficoltà nell’interazione e nella comunicazione sociale in molteplici contesti, sia nella reciprocità socioemotiva
  • fallimento della reciprocità nella comunicazione: ridotta condivisione di interessi, emozioni, sentimenti, nelle competenze comunicative verbali e non verbali come anomalie del contatto visivo e del linguaggio del corpo, deficit della comprensione e uso di gesti, mancanza di mimica facciale
  • deficit dello sviluppo delle relazioni sociali: difficoltà di adattamento ai diversi contesti sociali, difficoltà di condivisione nel gioco con i pari e di comprendere il gioco di immaginazione
  • interessi, attività ristrette e ripetitive: movimenti o uso di oggetti o eloquio stereotipati, stereotipie motorie, ecolalie, frasi idiosincratiche, rigidità nei cambiamenti di routine, schemi di pensiero rigido, selettività nel cibo, saluti rituali, interesse perseverante per oggetti insoliti, ventole, pale, ruote, iper o ipo reattività in risposta a stimoli sensoriali come annusare, toccare gli oggetti, attrazione per luci e oggetti in movimento.

Accanto a queste aree di base, la diagnosi viene formulata integrando anche alcuni specificatori, indicati nel DSM-5: presenza o meno di compromissione intellettiva o del linguaggio, condizione medica o genetica già nota, altro problema del neurosviluppo.

Il livello di gravità, a cui viene attribuito un punteggio da 1 a 3, si basa sulla compromissione della comunicazione sociale e sui pattern di comportamenti ristretti e ripetitivi, e deve essere tenuto in conto al momento di stilare un progetto riabilitativo individualizzato multimodale, basandosi sul profilo funzionale del soggetto e sulle sue competenze cognitive e adattive.

A quale età si manifesta?

La diagnosi di autismo generalmente non viene effettuata prima dei 3-4 anni di età, anche se è possibile riconoscere i segnali di rischio per un disturbo della comunicazione e dell’interazione sociale già a 18 mesi.

I disturbi dello spettro autistico si manifestano solitamente nei primi anni di vita del bambino e sono i genitori i primi a rendersi conto delle difficoltà del loro bambino. In alcuni casi lo sviluppo sembra adeguato fino ai 18 mesi, per poi subire un arresto e una regressione di capacità già acquisite.

Quali sono i campanelli d’allarme per l’autismo? I primi segnali di solito riguardano:

  • anomalie nella comunicazione e nella socializzazione: i bambini autistici non guardano negli occhi, tendono a evitare lo sguardo, sembrano ignorare le espressioni facciali dei genitori e non sembrano capaci di comunicare tramite i gesti e la mimica facciale, non manifestano interesse per gli altri bambini
  • comportamenti stereotipati: i piccoli manifestano un interesse insolito per alcuni oggetti o parti di essi, rigidità ai cambiamenti, stereotipie delle mani e del corpo.

In che modo giocano i bambini autistici? E come parlano?

I giochi cui i bambini autistici si dedicano, per fornire dei riferimenti di massima, sono per lo più poveri e ripetitivi. Manca il gioco simbolico, quello che avviene con il “far finta di”, richiede la prospettiva dell’altro e che inizia ad accadere nei tre, quattro anni. Il bambino autistico non si impegna in questo tipo di gioco per assenza di competenze di empatia e di capacità di astrazione.

Sono più adatti giochi che richiedono di essere costruiti, o giochi che ruotano, per via del piacere che si ricava dalle attività che si ripetono. Anche fare ordine è una modalità di gioco: categorizzare per colore, forma, funzione. I giochi di costruzione possono essere slegati dalla loro originaria funzionalità, e possono presentare anche esiti bizzarri e inaspettati.

Per quanto riguarda l’aspetto comunicativo, va detto che tutti i bambini autistici possono arrivare alla comunicazione, verbale o non verbale, e questo in base allo sviluppo cognitivo del singolo bambino. Più precisamente, possono esserci:

  • bambino autistico verbale tipico o atipico, bizzarro: presenta un linguaggio proprio, ristretto a un’area e anche molto forbito. Può beneficiare del supporto di un logopedista
  • bambino autistico non verbale: indipendentemente dall’età, comunica per immagini. Può avvalersi dell’ausilio della comunicazione alternativa aumentativa, un sistema di strategie e strumenti pensati per consentire di esprimersi alle persone che non possono farlo verbalmente.

Quali sono i sintomi dell’autismo negli adulti?

Talvolta, specialmente in presenza di un autismo lieve, i sintomi possono essere meno evidenti e passare inosservati durante l’infanzia: in questi casi, la diagnosi può avvenire in età adulta.

Come si comporta una persona autistica? Gli adulti con un disturbo dello spettro autistico possono:

  • faticare nella socializzazione
  • avere difficoltà a mantenere il contatto visivo
  • avere problemi nell’interpretare il linguaggio del corpo e le espressioni facciali, così come le sfumature nel tono di voce e le emozioni altrui
  • mostrare disregolazione emotiva
  • avere la tendenza a seguire routine precise
  • avere disagio nell’affrontare imprevisti e cambiamenti
  • reagire in modo esagerato o, al contrario, minimo a stimoli sensoriali
  • soffrire in modo particolare lo stress
  • manifestare tic
  • avere hobby o interessi molto specifici, tendendo a essere dettagliati o pedanti nel parlarne
  • manifestare ansia sociale e depressione.

Come si svolge la diagnosi?

La diagnosi di autismo, secondo i criteri definiti dai due principali manuali di diagnostica a livello internazionale, ICD e DSM-5, richiede un percorso di valutazione articolato, per la necessità di effettuare la diagnosi funzionale e la definizione del progetto terapeutico riabilitativo.

Ci si avvale di una équipe multiprofessionale che prevede la presenza di psicologo, neuropsichiatra infantile, terapeuta della neuro psicomotricità dell’età evolutiva, educatore e logopedista e l’utilizzo di strumenti standardizzati.

Sono necessari anche incontri tra l’équipe e i genitori o in generale ai familiari. L’obiettivo è raccogliere dati di anamnesi e di comportamento del bambino nei vari contesti, oltre a conoscere il sistema familiare, gli aspetti culturali, i servizi territoriali. Per la famiglia questi colloqui sono un’occasione per conoscere i professionisti che si occupano del bambino e assumerli come punto di riferimento.

Il processo diagnostico prevede indagini complesse e articolate, a partire da un’esame obiettivo e neurologico che ha lo scopo di individuare le condizioni di salute del paziente ed escludere le patologie più frequentemente correlate al disturbo. Possono essere richiesti anche approfondimenti diagnostici strumentali (come l’elettroencefalogramma).

Si procede a un esame comportamentale nell’arco di diverse sedute d’incontro con il bambino, volto a rilevare:

  • la presenza dei sintomi indicati dai prospetti internazionali di riferimento
  • competenze cognitive e linguistiche
  • sviluppo emotivo
  • profilo funzionale, come la capacità di adattamento o le abilità quotidiane.

Numerosi studi hanno dimostrato i benefici dell’identificazione precoce del disturbo e dell’intervento sui bambini a rischio, che potrebbero incidere in maniera significativa sull’esito a lungo termine della sintomatologia.

Anche in attesa di diagnosi, se intorno ai 24 mesi esistono dubbi sullo sviluppo linguistico e relazionale del bambino, è consigliabile cominciare un trattamento riabilitativo. A questo scopo si rivelano filtri fondamentali per una segnalazione precoce il pediatra, l’asilo nido e la scuola dell’infanzia.

La diagnosi di autismo negli adulti

Per identificare un disturbo dello spettro autistico in età adulta, è innanzitutto importante un approfondimento della storia personale del paziente per andare alla ricerca di eventuali segnali ignorati. Si procede poi all’esecuzione di specifici test diagnostici.

L’Autism Diagnostic Observation Schedule – Second Edition (ADOS 2) rappresenta attualmente lo standard ufficiale, ma la sua affidabilità può diminuire quando si tratta di rilevare forme di autismo lieve negli adulti.

Per far fronte a questo limite, si ricorre spesso al Ritvo Autism and Asperger’s Diagnostic Scale – Revised (RAADS-R), un questionario che deve essere compilato dal paziente sotto la supervisione del clinico.

In aggiunta, vi sono strumenti di screening, quali l’Autism-Spectrum Quotient (AQ) e l’Aspie Quiz, che non hanno potere diagnostico ma segnalano la presenza di tratti potenzialmente indicativi di un disturbo dello spettro autistico, suggerendo la necessità di indagini più dettagliate.

Quali terapie sono possibili?

Essendo l’autismo un disturbo variegato e complesso, devono essere attivati modelli d’intervento multimodali e flessibili, in grado di adattarsi a bisogni che si modificano nel corso del ciclo di vita della persona.

I trattamenti di tipo comportamentale e cognitivo-comportamentale rappresentano la prima scelta tra le terapie per l’autismo. La ricerca ha fornito alcuni modelli di intervento specifici, in accordo con le Linee Guida per il trattamento dei Disturbi dello Spettro Autistico, diffuse dal Ministero della Salute nel 2011.

ll progetto riabilitativo individuale deve essere precoce, intensivo, monitorabile e viene redatto in base al profilo di funzionamento del paziente, aggiornato a scadenze prestabilite a seconda della fascia d’età.

Trattamenti in base all’età

Di seguito, un elenco di modalità di intervento in base all’età del paziente:

  • 0-36 mesi: neuropsicomotricità in assenza di intenzionalità comunicativa, neuropsicomotricità in trattamento integrato con la logopedia se c’è intenzionalità comunicativa. È previsto anche il parent training
  • 36 mesi-6 anni: neuropsicomotricità individuale, di gruppo o mista. Terapia psicoeducativa con tecniche cognitivo-comportamentali quali Early Start Denver Model (ESDM), intervento precoce rivolto ai bambini in fascia di età prescolare. Applied Behavior Analysis (ABA) per intervenire su “comportamenti problema” e inadeguati e apprendimento di nuove abilità, entrambi rivolti al bambino e ai suoi ambiti di vita. In contesto ambulatoriale, domiciliare, scolastico. Counselling genitoriale e scolastico. Terapia mediata dai genitori (TMG)
  • 7-12 anni: terapia cognitiva neuropsicologica, logopedia, terapia occupazionale centrata sulle autonomie personali. lnterventi psicoeducativi con tecniche cognitivo-comportamentali individuali e di gruppo, ad esempio ABA, social skills, TEACCH rivolta al bambino e ai suoi ambiti di vita, in contesto ambulatoriale, domiciliare, scolastico. Counselling genitoriale e scolastico
  • 13-18 anni: terapia occupazionale centrata sulle autonomie personali; trattamenti riabilitativi semiresidenziali, interventi psicoeducativi con tecniche cognitivo-comportamentali individuali e di gruppo, di nuovo social skills, TEACCH rivolta al ragazzo e ai suoi ambiti di vita, sempre in contesto ambulatoriale, domiciliare, scolastico. Counselling genitoriale e counselling scolastico. Percorsi di autonomia integrati: educazione ambientale, alimentare, interazione sociale. Percorsi attività espressive integrati: laboratori, teatro, musica.

Terapie negli adulti

Gli adulti con autismo che non presentano disabilità intellettive spesso non avvertono la necessità di cercare supporto esterno, se non quando la gravità dei sintomi incide negativamente sulla quotidianità e sul funzionamento generale della persona. In questi casi può aiutare intraprendere un percorso psicoterapeutico: la terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è spesso la scelta preferenziale, eventualmente integrata da trattamenti farmacologici se ritenuti necessari.

Nelle persone in cui l’autismo si associa a disabilità intellettiva, gli interventi terapeutici possono includere programmi di riabilitazione e di sviluppo dell’autonomia, per favorire una maggiore indipendenza nella gestione della vita quotidiana e migliorare la qualità di vita.