Esiste davvero la serendipità?

Lasciarsi sorprendere da qualcosa di inaspettato, mentre si è impegnati in altro, ricavandone il meglio per sé. Questa è la serendipità, che richiede apertura, curiosità e capacità di cogliere il momento.

Esiste davvero la serendipità?

La serendipità è la dote di chi si lascia sorprendere da scoperte e fatti inaspettati, traendone benefici.

Questa attitudine fa sì che, quando si è impegnati nel raggiungimento di un obiettivo e si incontra un evento non programmato, e diverso dalle aspettative e dagli obiettivi prefissati, ecco che si apre una possibilità inedita, scalzando ansie e paure a favore della curiosità.

Per la psicologia, la serendipità non è solo fortuna, ma può essere considerata una competenza cognitiva che mette insieme apertura mentale, curiosità e capacità di adattamento.

Che cosa si intende con il termine serendipità?

La serendipità, in inglese serendipity, può essere definita come la capacità di fare scoperte inaspettate, per caso, in particolare mentre si sta cercando qualcos’altro. In altri termini, può essere definita anche come una predisposizione nell’accettare la fortuna.

Per fare un primo esempio: si è impegnati nella ricerca di un luogo dove mangiare, organizzando una serata tra amici, e improvvisamente ci si ritrova in una strada laterale e sconosciuta nella quale c’è un piccolo ristorante, con tanto di porticato e giardino. E lo si sceglie. La serendipità può allora essere considerata come l’attitudine a lasciarsi sorprendere felicemente da un evento inaspettato, senza che questo evento sia causa di ansia o peggio di paura.

Chi parla di serendipity?

È stato Horace Walpole, scrittore inglese, a parlare per la prima volta di serendipity. Termine che ha origine dal nome antico dello Sri Lanka, ovvero Serendip. Walpole ha coniato questo termine nel 1754, in una lettera indirizzata ad un suo amico, Horace Mann, che allora risiedeva a Firenze.

In questa lettera, Walpole scrive di una felice e inaspettata sorpresa su di un dipinto di Giorgio Vasari che aveva come soggetto Bianca Cappello. E lo scrive usando come esempio una fiaba di origine persiana intitolata “Tre prìncipi di Serendippo”, nella traduzione e adattamento di Cristoforo Armeno.

In questa fiaba, i tre prìncipi incontrano lungo la strada diversi indizi e situazioni che si rivelano utili per loro. Queste scoperte sono tanto conseguenze del caso, quanto conseguenze dell’arguzia e della predisposizione dei tre protagonisti.

In cosa consiste la serendipity?

Ma cos’è, e cosa indica esattamente il termine serendipità? Perché non si tratta esclusivamente di fatti, avvenimenti oppure oggetti scoperti per caso, ma è qualcosa in più.

Dal punto di vista psicologico, la serendipità può essere intesa come la capacità di fare scoperte fortunate e inaspettate grazie a un atteggiamento mentale aperto e ricettivo. E in quest’ottica, è accostabile alla creatività e alla curiosità. Le persone dotate di serendipità tendono a esplorare in modo attivo e consapevole l’ambiente in cui si trovano, notando e anche creando connessioni insolite, cogliendo e inventando opportunità nascoste.

La serendipità si compone di attenzione flessibile, creatività e pensiero divergente, così da riconoscere il potenziale valore in situazioni inaspettate. Ma è qualcosa di più, si accennava, ovvero la predisposizione ad accettare l’incertezza, come un’abilità nel ristrutturare cognitivamente le situazioni per trarre il meglio da avvenimenti che non erano previsti.

Alcuni esempi di serendipità

Un esempio noto di serendipity, nella ricerca scientifica, è il seguente. Alexander Fleming, nel 1928, stava studiando i batteri quando notò che una muffa, il Penicillium notatum, aveva contaminato una delle sue colture batteriche, uccidendo i batteri che si trovavano intorno. Questa osservazione fortuita portò alla scoperta del tutto casuale della penicillina, e quindi dell’antibiotico.

Un altro esempio arriva dalla tecnologia. Spencer Silver, un ricercatore dell’azienda statunitense 3M, stava cercando di sviluppare un adesivo particolarmente forte, e si ritrovò a creare un adesivo che aderiva poco, per poi essere rimosso senza lasciare traccia o residui. Questo fallimento divenne utile quando un suo collega, Art Fry, pensò di utilizzare l’adesivo per creare segnalibri rimovibili, dando così vita ai post-it, tutt’ora utilizzati.

Si pensi anche alla scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, nell’ottobre del 1492. Il suo obiettivo era raggiungere l’India, ma si ritrovò in un continente nuovo e allora del tutto sconosciuto.

Che cosa favorisce la serendipità?

In una certa misura è possibile coltivare, o quantomeno favorire, la serendipità. Questa attitudine è complementare rispetto alle doti di concentrazione, e può essere stimolata attraverso la capacità di distrarsi.

Se ci si distrae, anche solo per qualche minuto, dai propri obiettivi e ci si concede il lusso di guardarsi intorno, ecco che è ancora più probabile ritrovarsi a guardare qualcosa di improvviso e inaspettato. Una condizione, questa, da cui trarre il massimo beneficio se si è in grado anche di smettere di valutare i vantaggi e gli ostacoli per ogni azione che si vuole compiere.

Essere curiosi e attenti, ma senza aspettative e senza pregiudizi, sempre pronti a lasciarsi sorprendere sono quindi condizioni indispensabili alla serendipity.