Il simbolo in psicologia: cos’è e qual è il suo significato

Che cosa si intende per simbolo? E quali sono le implicazioni di questo concetto in ambito psicologico?

Il simbolo in psicologia: cos’è e qual è il suo significato

Il concetto di simbolo in psicologia occupa un ruolo centrale, soprattutto grazie al contributo di figure illustri come Sigmund Freud e Carl Gustav Jung.

Per comprendere appieno il senso di questa parola, è essenziale esplorare le diverse prospettive attraverso cui gli psicoanalisti hanno interpretato il simbolo nel contesto della mente umana.

In questo articolo proveremo dunque a scoprire le origini del termine e comprendere la funzione svolta dal simbolo nella nostra quotidianità, inquadrando l’argomento dalle diverse prospettive offerte dai pensatori del passato.

 

Cosa vuol dire il termine simbolo?

Il termine “simbolo” ha un’origine molto intricata con radici semantiche particolarmente profonde. La parola, infatti, deriva in maniera diretta dal latino symbolum, che a sua volta è un prestito dal greco antico sýmbolon (“segno”). Questo stesso termine è a sua volta derivato da un’altra parola greca symballo, formata dai termini “insieme” e “gettare”; traducibile in italiano con la formula “mettere insieme”.

Nel contesto dell’antica Grecia, infatti, questa espressione faceva riferimento all’usanza di dividere alcuni oggetti in due metà per poi consegnarle a persone diverse, che avrebbero potuto in seguito ricomporle in segno di riconoscimento e legame affettivo.

In questo senso, la radice greca esprime l’idea di “ricomporre” o “far coincidere,” che sottolinea la natura intrinseca del simbolo: il suo potere di unificare e connettere realtà diverse.

Con il tempo, l’espressione ha assunto il significato di sostituire, stare al posto di qualcos’altro, e si è avvicinata così al concetto di segno. L’analogia tra i due termini, in realtà, non trova un consenso univoco, anzi è stata oggetto di numerose riflessioni e obiezioni. “Simbolo” e “segno” continuano ad essere parole profondamente complesse, talvolta assimilate, talvolta nettamente distinte.

Qual è la funzione del simbolo?

Come si potrebbe definire dunque la funzione di un simbolo? La funzione primaria di un simbolo è evocativa. Il suo ruolo non è infatti informativo, ma piuttosto allusivo. Un simbolo non identifica in maniera diretta ciò che intende rappresentare, al contrario lo racchiude al suo interno. 

Cosa sono i simboli in psicologia?

Nell’ambito della psicologia, il simbolo si presenta come un mezzo di esplorazione e comprensione di complesse dinamiche psichiche. Grazie alla sua capacità di rivelare e celare simultaneamente, il simbolo permette all’individuo di accedere agli strati più sotterranei della propria psiche, contribuendo al processo di autoconoscenza e trasformazione personale.

Nella psicoanalisi, in particolare, il concetto di simbolo rappresenta un ponte tra l’inconscio e il conscio, uno strumento attraverso il quale la mente umana esterna significati profondi e spesso ineffabili. La sua funzione è quella di portare alla luce contenuti e implicazioni che non avrebbero altrimenti possibilità di emergere e di essere conosciuti. 

Negli sviluppi più recenti della psicoanalisi, il principale oggetto di attenzione passa dall’essere la determinazione dell’essenza dei simboli all’essere l’indagine della loro natura ambigua, polisemica e personale. L’interesse si focalizza quindi meno sui significati simbolici in sé e più sui processi mentali che portano alla capacità di creare e utilizzare simboli nella comunicazione con gli altri e con la propria interiorità.

Cosa è il simbolo per Freud?

Per Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, il simbolo è una sorta di surrogato che rappresenta desideri e fantasie profondamente radicati nell’inconscio. Il simbolo, vale a dire, rappresenta un elemento concreto, spesso un’immagine visiva, che funge da sostituto per un’idea inconscia. Si tratta di un’identificazione stabile basata su un elemento comune tra l’idea inconscia e l’elemento simbolico scelto. Questo processo di sostituzione consente alle idee inconsce, soggette a rimozione e altrimenti inaccessibili, di emergere nella coscienza.

In Freud, l’analisi dei processi simbolici è fortemente correlata all’interpretazione dei sogni. I sogni si contraddistinguono infatti per la loro carica enigmatica, e il loro significato dipende proprio dalla decifrazione della componente simbolica in essa contenuta. Per facilitare questo processo di decodifica, Freud propone due vie principali:

  • la prima si fonda sulle associazioni del soggetto che sogna
  • la seconda comporta un’interpretazione più formale attraverso il supporto di un codice simbolico che costruisce lui stesso sulla base di sogni più ricorrenti tra i propri pazienti

Nell’ottica freudiana, la spiegazione dei simboli è perlopiù causale, radicata nelle esperienze individuali e nella sfera istintuale del singolo. La chiave dell’interpretazione simbolica, dunque, risiede nel vissuto e nei desideri che formano la base inconscia del soggetto.

Il contenuto onirico è la dimensione privilegiata in cui i simboli si manifestano, ma non la sola: il funzionamento simbolico della psiche umana affiora infatti anche nei lapsus, nell’atto mancato, nell’arte, nel mito, nel gioco, ecc.

Cosa è il simbolo per Jung?

Carl Gustav Jung, altra figura centrale nella storia della psicologia analitica, offre una prospettiva unica sulla natura del simbolo. Contrariamente a Freud, non concepisce il processo simbolico come la conversione di una forma in un’altra dovuta a un meccanismo di difesa da pulsioni rimosse. Lo identifica invece come l’espressione di una molteplicità di immagini primordiali che costituiscono l’inconscio collettivo.

Quest’ultimo è dato dall’insieme di simboli universali, che Jung chiama archetipi: schemi arcaici immutabili, indipendenti dal vissuto del singolo e tramandati di generazione in generazione. Il simbolo viene a configurarsi dunque come un’espressione che trascende l’individuo, poiché proveniente da una dimensione condivisa, legata alla sfera più profonda della psiche umana.

Jung opera una distinzione netta tra simbolo e segno. Se il segno rimane un mero indicatore di un contenuto già noto alla coscienza, il simbolo rappresenta l’espressione migliore possibile di un concetto sconosciuto. Questo implica che un simbolo è vivo finché è intriso di significato inespresso. Nel momento in cui questo significato assume una forma univoca e decodificata, il simbolo muore e si trasforma in segno convenzionale, conservando soltanto un valore storico.

Il vero simbolo è il risultato di una comunicazione tra coscienza e inconscio, una forza trascendente in grado di unire polarità opposte e di aprire così la strada a nuovi sviluppi nel processo di evoluzione della psiche. Il simbolo è, in altri termini, un “trasformatore di energia psichica”, che guida il soggetto nel suo processo di individuazione, vale a dire nel percorso che porta ciascun essere umano a maturare una sua propria individualità rispetto alla collettività.