La protagonista di Undone, miniserie disponibile su Amazon Prime, deve fare i conti con una serie di traumi del suo passato. Seguirne le vicende permette di comprendere come funziona una mente traumatizzata: secondo la teoria della “dissociazione strutturale”, una parte della personalità continua ad andare avanti nella quotidianità, funzionando apparentemente in modo normale, mentre altre parti si dissociano e rimangono ferme al trauma. Eventi scatenanti possono riportarle a galla.
Attenzione: l’articolo contiene spoiler
Da settembre 2019, su Amazon Prime è disponibile Undone, una miniserie creata da Raphael Bob-Waksberg e Kate Purdy (gli autori di Bojack Horseman). Pur svolgendosi in un arco narrativo di soli 8 episodi da 25 minuti, la serie è molto efficace nel rappresentare le conseguenze del trauma sulla mente.
La serie è nota anche per l’utilizzo del “rotoscopio”, tecnica di animazione che mischia attori ed espressioni reali con ambienti disegnati, che si rivela lo strumento ideale per rappresentare i salti temporali e i cambi repentini di scena, utili a mostrare il funzionamento “onirico” e gli aspetti dissociati della mente della protagonista.
La trama
Undone racconta la storia di Alma, una giovane donna stanca di condurre una vita monotona e noiosa, intrappolata nella routine giornaliera tra il suo lavoro come maestra di asilo e l’appartamento che condivide con il suo compagno Sam. Un giorno Alma ha un incidente automobilistico in seguito al quale inizia ad avere visioni in cui riuscirà a parlare con il suo defunto padre, scomparso anni prima a causa di un misterioso incidente. Alma, con l’aiuto del padre, riuscirà a “mettere ordine” su quanto avvenuto nel suo passato.
Per quanto intrisa di elementi surreali, la serie può essere letta come la descrizione della “disintegrazione” della mente a seguito di un trauma e della sua complessa riorganizzazione.
La “funzione integrativa”
Negli ultimi anni la letteratura scientifica sta mettendo sempre più a fuoco come episodi traumatici nella vita di una persona possano compromettere la “funzione integrativa”. L’integrazione è un meccanismo di base attraverso il quale la mente ci aiuta ad arrivare a una visione coerente della grande quantità di stimoli che riceviamo dal mondo esterno e da noi stessi. È questa capacità che ci permette di farci un’idea degli altri che tenga conto di vari punti di vista, o di sentire dentro di noi diversi e opposti sentimenti per la stessa persona, senza però diventare totalmente caotici. È sempre la capacità integrativa ad aiutarci a sintetizzare diversi aspetti di una stessa esperienza, stabilendo gerarchie di rilevanza: ci permette di dire per esempio che amiamo il nostro lavoro, ma ne detestiamo un aspetto specifico, senza per questo sentirci confusi.
Nelle menti traumatizzate si osserva spesso un indebolimento della capacità naturale della mente di stabilire gerarchie di rilevanza e di effettuare una sintesi tra le varie sfumature di una persona o di una situazione. Scenari completamente diversi sembrano attivarsi uno dopo l’altro, rappresentazioni multiple e contraddittorie si affollano contemporaneamente e in modo caotico.
In una delle scene più efficaci di Undone, vediamo Alma arrivare in ritardo a un importante momento della cerimonia di matrimonio della sorella. In una prima sequenza, Alma reagisce in modo rabbioso e rivendicativo di fronte alle proteste di Becca, innescando una escalation di conflitto che porta a conseguenze disastrose. Di fronte allo sgomento della sorella, Alma ha l’impressione di poter ricominciare da capo, modificando le proprie battute, assumendo un atteggiamento remissivo e amorevole. In questa sequenza l’esito è completamente opposto e le due sorelle rinsaldano il proprio legame.
Le diverse sequenze dell’interazione non sono minimamente collegate tra loro: l’Alma rabbiosa è completamente estranea all’Alma conciliante, come se si trattasse di due personalità completamente diverse.
La conseguenza del trauma: la dissociazione
Il trauma può quindi essere visto come una “rottura” della possibilità di integrare gli episodi di vita stressanti in una narrazione coerente e sopportabile.
Una delle conseguenze più evidenti del trauma è infatti la dissociazione strutturale, che rappresenta il tentativo fatto dalla mente di tenere separati, “dissociati” appunto, contenuti e aree psichiche che per ragioni di funzionamento dell’intero sistema è meglio non si tocchino. Usando una metafora grossolana, è come se nel momento del rischio di allagamento, la stiva di una grande nave venisse suddivisa in compartimenti stagni per impedire all’acqua di penetrare ovunque. La mente dissocia contenuti troppo potenti e attivanti in senso emotivo, per poter continuare ad adattarsi al mondo circostante.
Secondo la teoria della dissociazione strutturale della personalità, elaborata da Onno Van der Hart, Kathy Steel ed Ellert Nijenhuis, la dissociazione è una difesa biologica “animale” per far fronte a una situazione percepita come inaffrontabile. La personalità si scinde in due (o più) “parti”: la Parte Apparentemente Normale (ANP) e la Parte Emotiva (EP), che possono essere più di una. La ANP è centrata sulla vita quotidiana e sull’evitamento del trauma; invece la EP è fissata sui ricordi traumatici e sui sistemi di azione difensivi (lotta, fuga, congelamento, sottomissione, attaccamento, ipervigilanza). Questa personalità emotiva è condizionata da molte paure, in primis dalla paura del ritorno del ricordo traumatico, poi dalla paura dell’attaccamento (il trauma infantile è in qualche modo sempre legato al tradimento di una figura di riferimento) o dalla paura della vita normale (l’assuefazione all’intensità adrenalinica della vita post-traumatica). A seconda della gravità delle esperienze sfavorevoli, il numero delle “parti” aumenta sempre di più: gli autori parlano di dissociazione strutturale primaria, secondaria e terziaria in ordine di crescente gravità fino alla cosiddetta personalità multipla (cioè il disturbo dissociativo dell’identità).
I traumi di Alma
Nella serie Undone vediamo all’opera diverse parti della personalità di Alma che, per la maggior parte del tempo, riesce a funzionare in modo adeguato e a volte addirittura brillante, come maestra d’asilo e come compagna di Sam. Ma di fronte ad alcuni eventi scatenanti (“trigger”) connessi al legame di attaccamento (la sorella che si sposa, la dichiarazione di Sam), il suo comportamento diventa caotico e disorganizzato, poiché le sue “parti emotive” (che hanno imparato che legarsi a qualcuno rappresenta un rischio) prendono il controllo e la spingono a comportamenti impulsivi e distruttivi.
Nella storia di Alma possiamo infatti rintracciare un episodio altamente traumatico, ovvero le circostanze violente della morte del padre. Oltre all’esperienza del lutto in sé (la perdita dell’amato padre), si sommano gli elementi di incertezza e angoscia (il padre si allontana per rispondere a una telefonata e poi sparisce nel nulla, lasciando la piccola Alma sul marciapiede, disorientata e spaventata), di colpa (era stata Alma a insistere per uscire) e di biasimo da parte dell’altro genitore (la mamma, a sua volta spaventata, la sgrida duramente).
Questa esperienza rientra a pieno titolo tra le esperienze di trauma complesso, in cui la gravità dell’accaduto si somma a una ulteriore traumatizzazione da parte dell’adulto di riferimento: è impossibile per Alma elaborare una narrazione tollerabile, trasformare l’episodio in un racconto coerente con la propria esperienza di sé, della sua storia, della sua esistenza. Ed è impossibile anche perché gli adulti di riferimento non la aiutano a farlo: il papà non c’è più e la mamma, traumatizzata a sua volta, non solo non la supporta nell’elaborazione del trauma ma finisce per colpevolizzarla.
L’elaborazione onirica
Le visioni di Alma dopo l’incidente potrebbero rappresentare la sua attività onirica.
L’incontro con il padre che avviene attraverso il sogno sembra avere per lei una valenza, almeno parzialmente, elaborativa. Alma riesce infatti a poco a poco a ritornare all’esperienza traumatica della sua infanzia con nuove consapevolezze, cogliendone varie implicazioni che quando era bambina non poteva comprendere. Per esempio si accorge che suo padre era tormentato dalla “missione” di proteggere la propria madre (la nonna di Alma), diagnosticata come schizofrenica, cercando di dare senso ai suoi comportamenti bizzarri e di motivarne la disperazione in una spiegazione tollerabile.
Difficile immaginare che un’elaborazione così articolata possa avvenire soltanto attraverso il sogno. In generale, il sogno è lo strumento che ha la mente per rivisitare i vissuti quotidiani, tuttavia non è in grado di elaborare contenuti complessi come quelli traumatici. Anzi: la presenza nei sogni di parti percepite estranee, vissute con forti emozioni di paura o vergogna, è un possibile indicatore di dissociazione. Tanto più il sogno è percepito come estraneo e inquietante, tanto maggiore è la probabilità che sia frutto di un processo dissociativo, cioè che sia legato a parti “fuori controllo” che la mente non riesce a integrare. In questi casi può essere molto utile affrontare una psicoterapia che aiuti la persona traumatizzata a “fare pace” con le varie parti di sé, fornendo loro quel supporto emotivo che non hanno avuto (prendendosi cioè cura delle proprie “parti bambine”) e favorendone così l’integrazione. Spesso il segnale che la “funzione integrativa” si è rimessa in moto si vede proprio dai sogni, che diventano progressivamente più elaborati e ricchi di contenuti simbolici.