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Cos’è la terapia cognitivo-comportamentale e quando farla

Lavorare sui propri pensieri è cruciale poiché possono influenzare in modo disfunzionale i sentimenti, le emozioni e i comportamenti. Questo è l'obiettivo della terapia ad approccio cognitivo-comportamentale.

Cos’è la terapia cognitivo-comportamentale e quando farla

Quando una persona si decide ad iniziare una terapia cognitivo-comportamentale, è segno che vuole risolvere alcune condizioni che determinano sofferenza non solo psichica, ma anche fisica.

Un approccio di tipo cognitivo-comportamentale può aiutare l’individuo a intervenire sulla lettura degli eventi che possono essere fonte di malessere. Quindi, si può lavorare sulla reattività emotiva e sui comportamenti adottati.

Scopriamo quindi in cosa consiste l’approccio cognitivo-comportamentale, quali sono le aree di intervento e in che modo può concretamente aiutare la persona a ritrovare il proprio benessere ed equilibrio.

Come funziona l’approccio cognitivo comportamentale?

L’approccio cognitivo comportamentale si basa su un insieme di principi fondamentali che indirizzano il trattamento terapeutico. Innanzitutto si concentra sull’idea che i pensieri, chiamati anche cognizioni, influenzano direttamente i sentimenti, le emozioni e comportamenti dell’individuo.

Questo assunto si riflette nel nome stesso della terapia. La componente cognitiva si riferisce infatti ai pensieri, mentre la componente comportamentale è relativa ai comportamenti concreti.

Un altro principio chiave di questo approccio è l’orientamento verso il qui e ora. Mentre altre forme di psicoterapia possono concentrarsi in modo più ampio sul passato del paziente, la terapia cognitivo-comportamentale tende a concentrarsi su problematiche attuali e sul modo in cui i pensieri e comportamenti attuali possono essere modificati. Con l’obiettivo ultimo di migliorare la qualità della vita del paziente.

Inoltre, si tratta di una forma di terapia collaborativa. Il terapeuta e il paziente lavorano insieme come un team per identificare e modificare i pensieri e i comportamenti problematici. Questo include:

  • definizione di obiettivi chiari e misurabili
  • identificazione di pensieri e comportamenti malsani
  • sviluppo di strategie per modificarli.

Quando è stata concepita la terapia cognitivo-comportamentale?

La terapia cognitivo-comportamentale, in inglese CBT, Cognitive-Behavioral Therapy, è stata concepita negli anni ’60 del secolo scorso, ad opera di Aaron Beck, psichiatra statunitense.

Beck elaborò questo tipo di approccio terapeutico partendo da una ipotesi ben precisa: i disturbi psicologici e comportamentali derivano da convinzioni e pensieri distorti o disfunzionali.

Cosa fa lo psicologo cognitivo?

Il terapeuta cognitivo-comportamentale svolge diverse funzioni. Per prima cosa valuta il problema del paziente e fissa gli obiettivi terapeutici, quindi spiega il modello cognitivo e insegna tecniche specifiche.

Nell’aiutare il paziente a riconoscere pensieri e convinzioni disfunzionali insegna anche a contestare i pensieri negativi. È una guida per adottare interpretazioni alternative più funzionali.  Assiste il paziente nello sviluppo di nuove abilità e nella messa in pratica di comportamenti più adattivi.

Il suo ruolo si completa assegnando esercizi e attività, come il monitoraggio dei pensieri tramite un diario emotivo. Infine, presta attenzione ai progressi e previene le ricadute.

In cosa consiste la terapia cognitivo comportamentale?

La CBT è un tipo di psicoterapia che aiuta le persone a comprendere e cambiare pensieri e comportamenti che possono portare a problemi emotivi, psicologici e fisici. Nello specifico, è un trattamento strutturato che si svolge solitamente nel corso di un numero limitato di sedute.

Nel corso della terapia, il paziente e il terapeuta lavorano insieme per identificare e sfidare i pensieri negativi o distorti che il paziente può avere su se stesso, sul mondo o sul futuro. Questi pensieri sono spesso automatici, fanno cadere il paziente in un incessante rimuginio, e possono essere difficili da riconoscere senza l’aiuto di un terapeuta competente.

Una volta identificati, i pensieri vengono sfidati e il paziente apprende nuovi modi di pensare che possono portare a sentimenti e comportamenti più sani. Inoltre, la terapia cognitivo comportamentale spesso coinvolge la pratica di nuovi comportamenti quali:

Il paziente impara così a riconoscere, sfidare e cambiare i pensieri e i comportamenti negativi o disfunzionali, innescando un processo virtuoso. Questo processo permette di ridurre i sintomi di molte condizioni di salute mentale, tra cui:

Come funziona il processo di terapia cognitivo comportamentale?

Il processo di terapia inizia con una valutazione, durante la quale il terapeuta e il paziente discutono dei problemi che il paziente sta affrontando e degli obiettivi del trattamento. Quindi il terapeuta aiuta il paziente a identificare i pensieri e i comportamenti che potrebbero essere malsani o negativi.

Il processo di collaborazione che si innesca fa sì che il terapeuta fornisca un feedback e guidi il paziente mentre avviene l’esplorazione dei pensieri e comportamenti. Una volta identificati quelli problematici, il terapeuta aiuta il paziente a sfidarli.

La sfida include l’individuazione di prove che supportano o contraddicono i pensieri del paziente, prevede l’uso di tecniche di esperimento comportamentale per testare la validità dei pensieri. Il terapeuta, infine, aiuta il paziente a sviluppare nuovi modi di pensare e comportarsi che sono più funzionali e adattivi.

Quando fare terapia cognitivo comportamentale?

La CBT è considerata una delle terapie più efficaci per molti disturbi psicologici e comportamentali. Può essere utilizzata sia negli adulti che nei bambini e adolescenti.
Oltre ai disturbi precedentemente menzionati, è possibile includere:

Tra i principali disturbi cognitivi trattati con la CBT troviamo:

  • pensiero dicotomico. Una visione polarizzata degli eventi, espressa con pensieri del tipo “Tutto o niente”
  • filtraggio, ovvero una enfatizzazione degli aspetti negativi ed esclusione di quelli positivi
  • catastrofizzazione, quindi una previsione irrealistica di conseguenze negative estreme.
  • svalutazione di sé, una sottovalutazione delle proprie qualità e capacità.
  • personalizzazione, che consiste nell’attribuzione degli eventi negativi a colpe proprie
  • ipergeneralizzazione, definibile come estensione di conclusioni negative da un singolo evento a situazioni diverse.

Quante sedute di psicoterapia cognitivo comportamentale servono?

Il numero di sedute necessarie dipende dal disturbo e dalla sua gravità. In genere, la CBT prevede un numero limitato di sedute, dalle 8 alle 20. I casi più gravi possono richiedere anche 30, 40 sedute.

La frequenza è solitamente settimanale. La durata di ogni seduta va dai 45 ai 60 minuti. Obiettivo della terapia-cognitivo comportamentale è fornire un training relativamente breve per alleviare sintomi acuti e migliorare il funzionamento psicosociale.