Disidratazione e cervello: quale nesso? Si sa, bere tanta acqua fa bene al corpo perché lo mantiene idratato. Quello di cui spesso non si è a conoscenza è quanto sia determinante anche per il benessere psicologico.
Molti studi hanno dimostrato infatti che bere acqua aiuta a combattere stanchezza, nervosismo e stress, nonché a mantenere delle funzioni cognitive efficienti. Vediamo allora in dettaglio perché è importante mantenersi idratati e quali possono essere i danni provocati da uno stato di disidratazione sul cervello.
L’importanza dell’idratazione
L’acqua costituisce circa il 55-60 per cento del nostro corpo e addirittura il 75 per cento del nostro cervello. Nell’organismo umano l’acqua è indispensabile per numerose funzioni diverse:
- la regolazione della temperatura corporea
- l’eliminazione di sostanze di rifiuto
- la digestione
- la lubrificazione delle articolazioni e dei tessuti
- il mantenimento dell’elasticità e della compattezza di pelle e mucose.
Negli ultimi anni però, l’interesse della ricerca si sta focalizzando sugli effetti psicologici della disidratazione lieve, verificando se e come questa condizione possa influenzare lo stato umorale, le capacità cognitive (vigilanza e memoria) e lo stato psicofisico degli esseri umani.
Ma districarsi tra i risultati non è facile: la maggior parte degli studi sono infatti stati condotti in condizioni estreme (disidratazione provocata da alte temperature o esercizio fisico intenso) o su specifiche categorie di individui (uomini, donne, anziani, atleti) e non possono essere applicati sull’intera popolazione.
Quali possono essere le conseguenze cerebrali della disidratazione?
Uno studio condotto nel 2014 presso l’Università della California ha analizzato come la variazione della quantità d’acqua consumata giornalmente incida sullo stato d’animo e sul benessere psicofisico della popolazione.
I ricercatori dell’Università della California hanno confrontato persone normalmente ben idratate (con un apporto di acqua superiore ai 2 litri al giorno) con altre poco idratate (con un apporto di acqua inferiore a 1,2 litri d’acqua al giorno). Ai primi è stato chiesto di ridurre l’assunzione di acqua, mentre ai secondi di aumentarla.
Per misurare la sensazione di sete, la sonnolenza, la stabilità emotiva, lo stato d’animo, il benessere e la calma, ai due gruppi sono stati sottoposti dei test da compilare ripetutamente nell’arco della giornata. I risultati ottenuti hanno dimostrato che l’aumento dell’apporto giornaliero di acqua porta a un significativo miglioramento dell’umore.
Il gruppo composto da soggetti abitualmente ben idratati, ma costretti a ridurre la loro assunzione quotidiana di acqua, ha riscontrato un peggioramento dello stato d’animo:
- una maggior sensazione di sete
- irrequietezza
- un peggioramento delle capacità cognitive
Al contrario, aumentando l’assunzione di acqua, i soggetti del secondo gruppo hanno registrato meno senso di fatica, di confusione e di sonnolenza.
Quali disturbi porta la disidratazione sul cervello?
L’importanza di una corretta idratazione per la salute e il funzionamento del cervello è stata messa in luce anche da altre ricerche, che hanno evidenziato come uno stato di disidratazione possa causare una serie di disturbi, tanto più gravi quanto maggiore è la carenza di acqua:
- mal di testa
- stato di confusione
- stress: la disidratazione sembrerebbe legata a un aumento dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress
- flessione dell’umore: quando si è disidratati, la capacità del cervello di sintetizzare la serotonina, “l’ormone della felicità”, si riduce. Il corpo ha infatti bisogno di consistenti quantitativi d’acqua per potere trasportare fino al cervello il triptofano, un amminoacido essenziale che viene poi convertito in serotonina. Bassi livelli di serotonina possono tradursi in una più alta probabilità di sviluppare disturbi dell’umore, come la depressione
- affaticamento e sonnolenza: il mancato apporto di liquidi impedisce il corretto apporto di ossigeno e nutrienti in tutto il corpo, provocando stanchezza e debolezza
- limitazione di alcune funzioni cognitive, quali l’attenzione, la concentrazione, la memoria e l’efficienza nello svolgimento di attività
- ridotta efficienza delle facoltà intellettive.
Quanta acqua bere per il cervello?
Il fabbisogno minimo di acqua di un individuo si definisce come la quantità di acqua che garantisce l’equilibrio con la perdita (sudore e urine), previene gli effetti negativi della disidratazione e allo stesso tempo garantisce l’eliminazione del carico renale. Bere tanto è importante e raccomandato non solo quando si fa sport o durante la stagione estiva. Se l’organismo non riceve il giusto apporto idrico, infatti, è penalizzato anche nel normale svolgimento delle attività quotidiane.
Lawrence E. Armstrong, professore di Fisiologia presso il dipartimento di Kinesiologia UConn della Neag School of Education, raccomanda di bere circa due litri d’acqua al giorno per prevenire gli inconvenienti legati ad un deficit idrico e anche le linee guida italiane raccomandano un consumo di acqua pari a 2 litri al giorno per le donne sane adulte e 2 litri e mezzo per gli uomini sani adulti.
Più precisamente, basterebbero due bicchieri d’acqua – circa mezzo litro – a incrementare le prestazioni intellettive di un individuo. A rivelarlo è una ricerca dell’Università di East London e Westminster, che ha coinvolto un gruppo di volontari lasciati senza acqua per una notte: le persone cui è stato concesso di bere il mattino dopo hanno dimostrato una migliore capacità di concentrazione su un compito mentale rispetto a coloro che non hanno ricevuto acqua.
Lo stesso risultato, un incremento delle facoltà di memoria e concentrazione a fronte di un aumento dell’acqua introdotta, era stato riscontrato in precedenti esperimenti.
Come fare ad assumere più acqua?
Il nostro corpo si mantiene idratato prevalentemente attraverso l’assunzione di acqua, ma non bisogna dimenticare che anche gli alimenti ne contengono una percentuale:
- frutta e verdura fresca: sono gli alimenti con il contenuto più elevato di acqua, fino a oltre l’85 per cento
- carne, pesce, uova e formaggi freschi: le percentuali sono variabili dal 50 all’80 per cento
- cereali: i prodotti derivati trasformati e pronti al consumo come il pane e la pizza sono costituiti per il 20-40 per cento da acqua
- pasta e riso: una volta cotti contengono il 60-65 per cento di acqua
- biscotti, fette biscottate e grissini: sono composti per meno del 10 per cento da acqua
- alimenti considerati “secchi”: hanno un contenuto d’acqua che varia da un massimo di 25-40 per cento per la frutta zuccherina (mele, albicocche, castagne) a 5-10 per cento per la frutta secca oleosa (mandorle, nocciole, ecc.), fino a un minimo del 3 per cento per gli alimenti liofilizzati.
Nel complesso, gli alimenti forniscono un apporto di acqua variabile (20-30 per cento del totale) che è maggiore se la dieta è ricca di verdure e frutta.
Per scongiurare il rischio di disidratazione e le sue conseguenze sul cervello e sull’organismo, è quindi opportuno bere acqua durante tutto l’arco della giornata, a piccoli sorsi, iniziando dalla mattina prima di fare colazione ed evitando le bevande zuccherate. Meglio evitare di bere acqua troppo fredda, soprattutto in fase di digestione. Non bisogna attendere la sete per bere un bicchier d’acqua: questa sensazione infatti è già un segnale del fatto che il nostro corpo è in uno stato di disidratazione.
(1 Febbraio 2024)