Psichiatria

Che cos’è la tristezza e come affrontarla

Ciò che caratterizza questo stato d'animo è la sua sgradevolezza: è un’emozione spiacevole, che nasce come reazione alla mancanza, al bisogno di qualcosa o qualcuno.

Che cos’è la tristezza e come affrontarla

La tristezza è un’emozione che tutti, almeno una volta, abbiamo provato nella nostra vita.

Provare tristezza è, quindi, assolutamente comune e normale. L’importante è saper affrontare nel modo giusto questo stato d’animo.

Con la dottoressa Georgia Accattato, psicologa del Santagostino, proveremo a capire che cosa si intende quando si parla di questa emozione, quali sono le possibili ragioni che portano a sentirsi tristi e come affrontare al meglio i momenti di tristezza.

Che cosa si intende con il termine tristezza?

La tristezza è un’emozione, ovvero il modo in cui ci sentiamo, lo stato d’animo, il “colore” che diamo alle esperienze che viviamo o ai pensieri che abbiamo.

Alcune emozioni (tristezza, felicità, rabbia, disgusto, sorpresa, paura) sono innate, e questo vuol dire che fanno parte di noi, di come siamo fatti, e non è possibile non provarle. Sono anche universali, perché sono presenti in tutte le culture. Tutti provano emozioni, sicuramente fin dalla nascita, e c’è chi ipotizza che anche dentro la pancia della mamma il bambino percepisca le emozioni di lei e ne provi di proprie.

A cosa è dovuta e come si manifesta?

Ciò che caratterizza la tristezza è la sua sgradevolezza: è un’emozione spiacevole, che nasce come reazione alla mancanza, al bisogno di qualcosa o qualcuno.

Sperimento tristezza quando sto vivendo (o sto pensando) qualcosa che non mi piace, che non desidero, che mi ferisce, mi causa dolore. Esprimere la tristezza, come ad esempio attraverso il pianto, fin da neonati, è un modo per richiamare l’attenzione dell’altro, chiederne la presenza e l’aiuto. Quindi nasciamo capaci di sperimentare la tristezza e comunicarla agli altri per ricevere una risposta che ci permetta di ridurne il peso.

Il fatto che sia sgradevole non vuol dire che sia un sintomo, un problema da eliminare. Se mi permetto di ascoltare le emozioni anche quando sono scomode o indesiderate, arrivo a conoscermi meglio, a capire quali situazioni le evocano, quali siano i miei bisogni e in che modo posso esprimere o trasformare quello che sto sentendo.

Le emozioni mi servono anche per arricchire i rapporti con le altre persone: ad esempio la tristezza per la lontananza di una persona cara mi fa capire quanto valore abbia per me quel rapporto e mi porta ad investirci, a cercare una vicinanza.

Che differenze ci sono con la depressione?

La tristezza di per sé non è patologica: non è piacevole ma non è sbagliata.

Un’emozione diventa patologica nel momento in cui è talmente intensa, talmente forte, che prende il sopravvento e impedisce alla persona di raggiungere degli obiettivi, o la porta ad evitare delle situazioni o delle scelte.

La depressione non è una conseguenza della tristezza, ma la tristezza, in grandi quantità e prolungata nel tempo, è un ingrediente della depressione.

Nella depressione, la tristezza è presente per la maggior parte della giornata, quasi tutti i giorni per un periodo di due settimane, senza che ci sia una causa scatenante che la giustifichi (ad esempio un lutto).

Oltre alla tristezza, per fare una diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore secondo il Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM-5), è necessario che siano presenti anche altri cinque o più sintomi tra questi:

  • marcata diminuzione di interesse o piacere per le attività
  • significativa perdita o aumento di peso
  • insonnia o ipersonnia
  • agitazione o rallentamento psicomotori
  • mancanza di energia
  • sentimenti di autosvalutazione
  • colpa o autoaccusa
  • difficoltà a pensare o concentrarsi
  • pensieri ricorrenti di morte.

Come si supera la tristezza?

Immaginiamo che la tristezza sia come un allarme, che ci segnala la presenza di un problema. Deve essere sgradevole, altrimenti non ce ne accorgeremmo o non avremmo la spinta a capirne l’origine e spegnerlo.

Mi rendo conto di essere triste, sento il bisogno di piangere, mi sembra che il mondo perda i suoi colori, nella mente mi affiorano dei pensieri sgradevoli, che mi fanno sentire ancora peggio.

Che cosa mi può aiutare a stare meglio? Mi sono già trovato/a in situazioni simili? Come le ho affrontate? Qualcuno mi è stato vicino? Come è riuscito ad abbassare il volume della mia tristezza, o a trasformarla in un’emozione piacevole?

Più mi impegno nell’ascoltare quello che sto sentendo dentro di me, nel dargli un nome, più sono in grado di capire che cosa sia e da dove venga, fino ad arrivare a dare una forma a ciò di cui ho bisogno per sentirmi meglio.

Come può aiutare la psicoterapia?

Trattenere il pianto o negare quello che si prova non aiuta ad affrontarlo, anzi spesso fa sentire peggio: è come nascondere degli oggetti che non ci piacciono in un cassetto. Non li fa scomparire e prima o poi quel cassetto andrà aperto.

La psicoterapia è proprio questo: aprire i propri cassetti, esplorarne il contenuto, dare un valore e un significato agli oggetti che ho accumulato nel tempo.

Non ci si deve neanche vergognare o sentire in colpa per le emozioni che si provano. Non sono un atto volontario, ma qualcosa che ci troviamo a sperimentare, sentire, nostro malgrado.

Siamo colpevoli se un certo odore ci piace o ci disgusta? No, è qualcosa di cui ci accorgiamo, ma non una nostra scelta. Allo stesso modo, non decidiamo noi se essere felici o tristi, né quando, né per quanto tempo. Ma possiamo decidere come esprimere le nostre emozioni, e come affrontarle, nel caso siano sgradevoli. E questo è un grande potere.