Quando si parla di dipendenza da scrolling infinito si fa riferimento all’atto di scorrere verso il basso le pagine dei siti web e dei social online sullo schermo del nostro smartphone o tablet.
Ma lo scroll infinito (o infinite scroll), inventato dal programmatore Aza Raskin, in cui ci ingabbiamo prima di andare a dormire o mentre aspettiamo il bus alla fermata, influisce in qualche modo sul cervello umano e sui nostri meccanismi psicologici?
Rispondono la dottoressa Elvira Simona Solimando psicologa e psicoterapeuta del Santagostino, e la dottoressa Georgia Accattato, psicologa e psicoterapeuta del Santagostino.
Che cosa è lo scrolling?
La parola scrolling è stata presa in prestito dall’inglese per indicare l’atto di scorrere verso il basso, con un dito, le pagine dei social online. Sullo smartphone o su un tablet. È ormai diventato un gesto naturale, quotidiano, utilizzato dai ragazzi e dai genitori, un po’ come lo zapping che si fa col telecomando del televisore.
Il concetto alla base è che scrollando continuiamo a trovare informazioni nuove: una notizia, una foto, un post. Tale processo avviene senza interruzione nel flusso dei contenuti. Molti e-content sono proposti al pubblico senza spazi o pause, proprio per mantenere viva l’attenzione di chi naviga.
Quando lo scrolling diventa infinito e problematico?
Cellulari, smartphone e tablet sono ormai diventati oggetti irrinunciabili: il tempo vuoto viene ormai quasi completamente riempito, sono azzerati i tempi morti. Questo vale per le app musicali, i giochi, la navigazione illimitata di internet e l’accesso ai social.
Il gesto di prendere in mano lo smartphone, sbloccarlo, scorrere, continuare a scrollare è diventato talmente abitudinario da meritare un vero e proprio nome: lo scrolling. Ma perché infinito? Perché può succedere che ci si faccia prendere il dito, per così dire, e si perda il senso del tempo, trasformando quello che poteva essere un passatempo momentaneo, in un bisogno, la cui cessazione provoca malessere.
Ci si accorge di aver perso ore facendo scrolling, e si viene assaliti da un senso di impotenza, frustrazione, rabbia. Ma non si riesce comunque a smettere, oppure si ricomincia in un secondo momento e il problema si ripresenta: è più facile continuare a scorrere piuttosto che fermarsi e fare altro.
Lo scrolling infinito, dipendenza oppure no?
Si parla di dipendenza, e in questo caso di possibile dipendenza da scrolling infinito, quando una certa azione dà piacere, un senso di rischio, di pericolo o di proibito, come nell’alcolismo o nella ludopatia. Nella fase iniziale le azioni che creano dipendenza danno benessere. In seguito il piacere cala, ma l’azione è ormai diventata un’abitudine, e non si riesce a smettere nella speranza di sentire di nuovo la gratificazione iniziale.
Si parla di comportamenti disfunzionali online. Oltre al meccanismo del rinforzo positivo legato al piacere, è necessario considerare la tolleranza e l’assuefazione: il bisogno di aumentare il tempo di attuazione del comportamento per ottenere identico grado di soddisfazione.
Nomofobia, o sindrome da assuefazione
Tipico poi delle dipendenze è il fenomeno dell’astinenza, in questo caso provocato dall’impossibilità di attuare un comportamento che diventa fonte di gratificazione. Nel caso di dipendenza e astinenza da social network è stato coniato anche il termine di nomofobia (NO MObile Phone PhoBIA) o sindrome da disconnessione.
Si verifica quando si è impossibilitati a connettersi: la persona sperimenta un vero e proprio malessere fisico, oltre che emotivo, paragonabile all’effetto dell’astinenza da una sostanza come la nicotina o l’alcol.
Durante il comportamento da scrolling, la nostra attenzione viene sì catturata da stimoli piacevoli e gratificanti, come la notifica che ci segnala il messaggio che stavamo attendendo, o le visualizzazioni o like di un post a cui teniamo molto. Ma talvolta entrano in gioco anche stimoli negativi, che suscitano emozioni come l’ansia, la rabbia o la paura.
Quando ci imbattiamo in cattive notizie spesso siamo portati a cercare di saperne di più per una sorta d’istinto di sopravvivenza; questo comportamento, se esasperato, diventa illusorio più che reale. Quindi più controproducente che benefico. Come durante la pandemia da Covid-19 e lockdown, quando ci siamo ritrovati spesso a scrollare compulsivamente canali social e siti alla ricerca spasmodica di notizie e informazioni per tranquillizzarci.
Dalla noia al comportamento dipendente
Prima dello scrolling, possiamo notare che probabilmente ci troviamo in un momento di noia, mentre siamo in attesa dell’autobus, oppure in una situazione di disagio sociale.
Oppure quando siamo a contatto con qualcuno che non ci mette a nostro agio, quando stiamo studiando qualcosa di particolarmente complicato o dobbiamo risolvere un problema mentalmente impegnativo e ci troviamo in una situazione di impasse e non riusciamo a tollerare questa fatica.
Lo scrolling rappresenta dunque una sorta di via d’uscita più accessibile.
Perché non riusciamo a smettere di scrollare?
Le sensazioni che ci dà lo scrolling sono gratificanti, e questo ci porta a continuare a farlo, anche e soprattutto quando la gratificazione è imprevedibile: non posso prevedere quello che troverò scorrendo. Come un bambino che scarta un ovetto con la sorpresa: non sa cosa troverà, ed è proprio l’incognita ad invogliare la scoperta della sorpresa.
Ma può succedere che lo scrolling, inizialmente alimentato dalle sensazioni positive, si trasformi nel tempo in una dipendenza e anche in una compulsione: un’azione attuata per alleviare ansia, agitazione o disagio che vengono sperimentati una volta terminato lo scrolling.
La dipendenza ha come scopo trarre piacere da un gesto, la compulsione nasce dall’ansia di quello che potrebbe succedere se si smette di farlo. Sento la preoccupazione di perdermi qualcosa di importante se non leggo un messaggio appena arrivato? Allora controllo compulsivamente i le notifiche e percepisco tranquillità. Quindi tenderò a farlo ogni volta che sento salire l’ansia.
Ed ecco il paradosso: lo scrolling non è più piacevole, ma si continua a farlo per timore di conseguenze negative.
Come uscire da questo tipo di dipendenza?
Per quanto lo scrolling non si traduca necessariamente in una dipendenza, quando inizia ad occupare molto spazio nella nostra testa e ogni secondo del nostro tempo vuoto, fa scattare un comportamento alquanto disfunzionale.
Può essere utile limitare e circoscrivere il tempo dedicato allo scrolling, cambiando ad esempio i colori dello schermo o disattivando le notifiche sulle impostazioni dei nostri dispositivi. Può aiutare un atteggiamento meno automatico e più consapevole, per rendere lo scrolling una attività più ponderata e frutto di una scelta più consapevole.
Così, possiamo decidere di iniziare o continuare con lo scrolling o scegliere attività alternative, provare a socializzare o orientarci verso delle app per ascoltare la musica, fare meditazione o imparare una nuova lingua. Qualunque decisione sarà una buona decisione, perché diventa frutto di una nostra scelta consapevole.
L’importanza della gestione emotiva durante l’adolescenza
Noia e gestione della rabbia, è su questo che bisognerebbe riflettere e intervenire. È mediante la conoscenza di queste emozioni che riusciamo a bloccare o a gestire il meccanismo d’innesco.
Gli adolescenti sono la categoria più esposta a questo tipo di rischio, soprattutto quando questi meccanismi diventano ingestibili fino a non renderci conto del tempo che si passa davanti allo schermo.
I genitori possono aiutare i propri figli cercando di spostarsi dal “Perché sei sempre connesso?” al “Come ti posso aiutare?”, o: “Io sono qui, stiamo un po’ insieme?”. Gli adulti possono attivare in loro una riflessione sul perché i propri figli passano tante ore davanti a un dispositivo, perché si annoiano. Così da aiutarli a gestire meglio la noia e la rabbia, cercare di proporre delle alternative allo smartphone.
È molto importante dare delle regole, invece che togliere. Spesso, ed è questo il vero problema, lo smartphone viene dato ai ragazzi molto presto senza essere accompagnato da regole. È quindi fondamentale stabilire con loro degli accordi sulla sua gestione.
(13 Marzo 2023)