Nella vita quotidiana ci serviamo degli stereotipi di genere molto più spesso di quanto pensiamo.
“I maschi sono più bravi in matematica e più portati per lo sport”, “le femmine sono multitasking e capaci di maggior empatia”: sono solo alcuni esempi delle credenze che permeano nel profondo il nostro modo di pensare e leggere il mondo.
A tradirci è soprattutto il linguaggio, e a rimetterci è quasi sempre il sesso femminile: a una persona che si mostra debole diciamo “non fare la femminuccia”, a chi è determinato e autorevole diciamo “hai gli attributi”.
Ma quanto questi stereotipi sono legati a effettive differenze tra il cervello femminile e maschile? E quanto invece sono costrutti sociali, radicati nella cultura in cui cresciamo, e che finiscono con l’autoavverarsi?
Rispondere non è facile. Anche gli scienziati faticano a sgomberare il campo dai pregiudizi (in un senso e nell’altro) quando cercano di determinare in che misura le differenze tra i sessi siano innate oppure dovute a condizionamenti sociali e culturali. Ma entriamo nel dettaglio.
Cosa sono gli stereotipi di genere?
Gli stereotipi di genere sono quelle credenze condivise e trasmesse socialmente che definiscono come debbano essere i comportamenti, le occupazioni, i ruoli, l’aspetto fisico di una persona, in base al suo sesso di appartenenza.
Ad esempio alle donne vengono attribuite qualità e capacità come accudimento, sensibilità ed empatia. Mentre gli uomini sono ritenuti forti, volitivi e adatti al comando.
Sono le stesse connotazioni che si applicano ai giochi dei bambini, attraverso cui vengono sviluppati i primi interessi e abilità. Le costruzioni, ritenute più adatte ai bambini maschi, stimolano l’ingegno e l’aspetto creativo; mentre le bambole, regalate immancabilmente a tutte le bambine femmine, incoraggiano l’attitudine alla cura.
È importante ribadire che queste idee preconcette e generalizzazioni non hanno quasi mai riscontro nella realtà: molto spesso non sono qualità che le persone possiedono naturalmente, ma comportamenti acquisiti, indotti e trasmessi dalla società, e in particolare dalla famiglia, dai media, dalla scuola e da altre istituzioni sociali.
Linguaggio stereotipato
Uno dei vettori che tendono a perpetuare e diffondere gli stereotipi di genere è sicuramente la lingua, e segnatamente le incongruenze della lingua. Le cosiddette “dissimmetrie semantiche”, infatti, tendono ad attribuire ruoli prestigiosi solo agli uomini. Qualche esempio sono i termini come “ministra”, “sindaca”, “capa”, ma anche “architetta”, “chirurga”, “avvocata”, che, benché grammaticalmente corretti, ci suonano sbagliati, tanto che tendiamo a usarli al maschile anche quando riferiti a donne.
Se diciamo “il governante” intendiamo un uomo di potere, mentre “la governante” è una donna pagata per occuparsi della casa. Una donna docente alle scuole medie è per tutti una “professoressa”, mentre se insegna in un ateneo viene definita “professore universitario”. Un linguaggio ancora così denso di stereotipi non può che plasmare il nostro pensiero e condizionare la nostra vita e le nostre scelte fin da quando siamo bambini.
Quanti tipi di stereotipi di genere esistono?
Gli stereotipi di genere riguardano molteplici aspetti della vita e della personalità di un individuo: dalla vita professionale a quella vita privata, dalle attitudini caratteriali ai ruoli all’interno del nucleo familiare, dallo stile di abbigliamento ai gusti personali.
È normale che un uomo abbia un ruolo di comando sul luogo di lavoro, ma non è altrettanto scontato se ad averlo è una donna. È naturale che una donna non lavori per dedicarsi alla famiglia, ma non è ammissibile che lo faccia un uomo. Una donna può vestirsi di rosa e truccarsi, ma come può farlo un uomo?
La non conformità alle attese che gli stereotipi di genere delineano può diventare un problema per molti. Gli stereotipi non sono dannosi soltanto in termini di discriminazioni e pregiudizi, ma anche per quanto riguarda la limitazione di opportunità e scelte di vita, dal momento che spesso impediscono di esplorare il proprio potenziale.
Quali sono gli esempi degli stereotipi di genere più famosi?
Ma cerchiamo di capire attraverso qualche esempio molto comune se le convinzioni che si celano dietro gli stereotipi di genere abbiano o meno fondamento.
Gli uomini sono più portati per ruoli di potere
È noto che le donne, pur avendo risultati scolastici mediamente migliori dei maschi (come dimostra, per esempio, il progetto PISA), di rado raggiungono posizioni di prestigio nella loro professione. Come mai?
Le ragioni sono tante, alcune più facilmente intuibili, come il fatto che l’incombenza della nascita dei figli e la gestione dei problemi familiari continua a ricadere sulle donne più che sugli uomini.
Un altro motivo che potrebbe discriminare le donne nella carriera professionale è che, spesso, le caratteristiche che vengono erroneamente considerate vincenti in ambito lavorativo – come l’aggressività, lo spirito di competizione e la fiducia nelle proprie capacità – sono meno presenti rispetto alla controparte maschile.
Queste caratteristiche sono in parte mediate dal testosterone, ormone presente in maggior quantità nei maschi. Le donne sarebbero invece più dipendenti dal giudizio e avrebbero un’autostima generalmente più bassa.
È però vero che le donne vengono anche educate a non praticare quelle qualità: alle bambine s’insegna che devono essere mansuete e accondiscendenti, a comportarsi come “signorine”, quindi a contenere le energie, la vivacità e l’entusiasmo. Alle femmine, per esempio, viene detto più spesso che ai maschi di non correre o di non arrampicarsi perché non è appropriato. La competitività non è un’attitudine che viene incoraggiata nelle donne, al contrario dell’accondiscendenza e della remissività.
Insoddisfazione manageriale
Uno studio tedesco, che ha analizzato le risposte di oltre 30.000 uomini e donne a un sondaggio durato 30 anni, ha suggerito che le donne traggono da un ruolo manageriale meno soddisfazione degli uomini. È emerso infatti che, mentre non c’è grande differenza tra il livello di felicità di uomini e donne non manager, le donne manager si dichiarano significativamente meno felici dei colleghi maschi.
Il motivo sembra legato al fatto che, un po’ per indole, ma soprattutto per tradizione, le donne hanno quasi sempre più obiettivi di vita rispetto agli uomini. E più uno di questi è impegnativo, più stressante diventa la gestione degli altri.
Le donne non sanno parcheggiare
La cosiddetta intelligenza spaziale è una delle abilità in cui la differenza cognitiva tra i sessi è maggiore. Nel cervello maschile, infatti, le aree visuo-spaziali, quelle zone cerebrali che servono a orientarsi, sarebbero più sviluppate rispetto al cervello femminile.
Alcuni studi hanno anche dimostrato che le ragazze con elevati livelli di ormoni maschili, come il testosterone, hanno risultati migliori nei test che misurano la cognizione spaziale rispetto alle ragazze senza alterazioni ormonali.
Insomma, se le donne sono meno abili a orientarsi, a calcolare lo spazio e i movimenti, una ragione biologica c’è.
Gli uomini sono più bravi in matematica
Ecco uno di quei casi in cui gli stereotipi di genere sono talmente diffusi nel pensiero collettivo che finiscono col diventare la propria prima causa. È in parte vero che i cervelli maschili si sono rivelati più portati al ragionamento matematico rispetto a quelli femminili. La cognizione spaziale (di cui parliamo sopra) è infatti strettamente collegata al pensiero logico e al calcolo. Tuttavia, ciò che oggi influisce di più sulla differenza tra uomini e donne in questa disciplina è il fattore culturale.
Se guardiamo ai risultati dei test matematici degli studenti (15-16 anni) dei paesi che partecipano al progetto PISA, ci accorgiamo che in ciascuna nazione i ragazzi hanno risultati sempre di poco superiori alle ragazze. Se però guardiamo i risultati delle ragazze di Singapore, dove i punteggi sono i più alti, notiamo subito che sono ben al di sopra dei coetanei maschi di tutto il resto del mondo. A dimostrazione del fatto che non è la biologia a frenare il talento femminile nelle materie scientifiche, ma un contesto culturale che incoraggia e premia di più i compagni maschi.
Quanto questo sia vero e quanto sia radicato nella società lo dimostra uno studio della University of Delaware’s School of Education, mettendo in luce come le madri di bambini sotto i 3 anni facciano ricorso a concetti numerici molto più spesso quando parlano con i figli maschi rispetto a quando comunicano con le figlie femmine. La presenza di numeri nel linguaggio rivolto ai più piccoli accresce il loro livello di familiarità con il pensiero logico e quantitativo, influenzando di conseguenza anche le scelte professionali in età adulta.
Le donne sono multitasking
Alla domanda se le donne siano davvero multitasking, si può rispondere di no. Il nostro cervello, sia quello maschile che quello femminile, lavora proprio come un computer. Anche quando a noi sembra stia facendo più operazioni contemporaneamente, in realtà sta solo passando da una all’altra molto velocemente.
Tuttavia, se questo stereotipo è tanto diffuso un motivo c’è. Diversi esperimenti hanno messo in mostra come il cervello femminile abbia bisogno di meno energie per spostare l’attenzione da un compito a un altro rispetto al cervello maschile. Questa differenza è da alcuni stata ricondotta anche agli ormoni: dopo la menopausa, infatti, questo talento sembra scomparire.
Le donne sono “vipere”
Non è raro sentire esternazioni del tipo: “Una classe tutta femminile? Per carità!”, oppure: “Quattro figlie femmine? Povero padre!”.
I gruppi a prevalenza femminile sono spesso ritratti come tossici, animati da litigi e poco collaborativi. Ma è davvero così? In realtà quel che sappiamo grazie a uno studio della University of California è che le donne sono più brave nel lavoro di gruppo rispetto agli uomini, che invece preferiscono lavorare da soli. Le donne che lavorano nella cooperazione e nel sociale sono più numerose rispetto agli uomini, che tendono a preferire ambienti di lavoro competitivi.
Il motivo però potrebbe non essere così felice, ma ricondursi a una questione di sicurezza e autostima. Infatti, mentre le donne sono più portate a pensare di non essere all’altezza (e quindi di fare meglio insieme agli altri), gli uomini si sentono spesso sufficientemente bravi da poter fare meglio degli altri e guardano ai lavori di gruppo come a un peso. Tutto questo a causa soprattutto del testosterone, ormone che stimola la competitività e la fiducia in sé stessi.
Insomma, la ricerca scientifica ci ha mostrato che i cervelli femminili e maschili hanno sicuramente alcune caratteristiche distintive. Ciò che è certo però è che non esiste una distinzione netta tra gli uni e gli altri e che i cervelli di cui si può definire senza esitazione l’appartenenza a un sesso sono solo una piccola percentuale. Quel che siamo più portati a concludere allora, è che all’origine delle differenze tra uomini e donne ci siano soprattutto ragioni sociali e culturali. Ragioni che fino a oggi hanno portato decisamente più fortuna ai maschi.
Come educare i bambini a evitare gli stereotipi di genere?
Combattere gli stereotipi di genere richiede uno sforzo collettivo da parte di tutti. In particolare, l’educazione a scuola e in famiglia, sin da piccoli, gioca un ruolo decisivo sulla decostruzione di pregiudizi e narrazioni.
L‘educazione dei bambini all’equità e alla giustizia sociale, fin dalla più tenera età, è fondamentale per promuovere l’uguaglianza di genere, ma anche per garantire loro piena libertà di espressione e permettergli di dispiegare a pieno le proprie potenzialità.
Il primo passo è riconoscere gli stereotipi, il sessismo e altre forme di discriminazione: acquisire consapevolezza che queste narrazioni investono molti aspetti delle nostre vite e imparare a decostruirle quando le incontriamo. La sensibilizzazione per una presa di coscienza collettiva dovrebbe partire soprattutto da scuole e istituzioni, con pratiche che insegnano a riconoscere gli stereotipi e ad affrontarli, e la promozione di spazi inclusivi che valorizzino le differenze individuali e la diversità in tutta le sue forme.
Ai bambini è importante far comprendere che possono avere interessi, talenti e comportamenti diversi, e che non esistono attività o atteggiamenti esclusivamente maschili o femminili.
Infine, come abbiamo visto, la lingua è uno dei vettori principali attraverso cui vengono trasmessi gli stereotipi. Sforzarsi di utilizzare un linguaggio inclusivo e non sessista può aiutare a promuovere l’uguaglianza di genere e a creare un ambiente più rispettoso per tutti.
(23 Aprile 2024)