Psichiatria

I tic: definizione, cause e trattamenti

I tic, che caratterizzano soprattutto l’età evolutiva, sono risposte involontarie a situazioni di stress o criticità. Tendono a scomparire in autonomia, ma in caso contrario richiedono un supporto terapeutico.

I tic: definizione, cause e trattamenti

I disturbi da tic, definibili come comportamenti involontari e convulsi, si presentano principalmente durante l’età evolutiva. Possono interessare la voce, il comportamento, gli occhi del soggetto.

Quale eziologia può spiegare la loro insorgenza, e in che modo è possibile intervenire per risolverli? Risponde il dott. Luca Morganti, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale del Santagostino.

Come si può definire un tic?

Possiamo definire un tic come contrazione involontaria e ripetuta di un muscolo. Sono risposte motorie che possono tradursi anche in tic vocali quando la contrazione produce un suono, come ad esempio i movimenti per schiarirsi la gola.

Gli elementi distintivi sono:

  • la localizzazione
  • la durata dei sintomi
  • l’esordio.

Possono essere fenomeni transitori collegati a fasi evolutive o ad eventi significativi, mentre altri possono strutturarsi più a lungo nel tempo. In questo senso si può parlare di:

  • disturbo transitorio da tic
  • disturbo persistente da tic motori o vocali.

Si stima che più del 10% della popolazione possa manifestare questo disturbo durante la propria infanzia o durante l’adolescenza. Questo, secondo i dati riportati nella monografia I tic nei bambini, a firma di Verdellen e J. Van De Grient.

Quali sono i tic più diffusi?

I gesti involontari più diffusi sono relativi a micromovimenti, quali ad esempio uno spostamento di spalla o il movimento di alcuni muscoli facciali come le sopracciglia. Per quanto riguarda i tic vocali ci sono appunto forme intermedie tra lo schiarimento della gola e il colpo di tosse.

A livello temporale, si possono verificare con frequenza nella fase di addormentamento oppure in corrispondenza di eventi ansiogeni o che determinano stress, quali ad esempio una prova scolastica o lavorativa o una prestazione sportiva.

Qual è la causa di questo disturbo?

Occorre premettere che i tic possono avere cause neurologiche, ad esempio infatti la sindrome di Tourette prevede i tic tra le sue manifestazioni. Per quanto riguarda invece l’aspetto psicologico, spesso questi disturbi si manifestano in infanzia o pubertà quindi come parte dello sviluppo.

I tic possono essere strategie di gestione di situazioni ansiose o comportamenti di sfogo nei momenti di eccitazione o di stanchezza. In particolare, i tic di autocontatto possono anche avere una funzione di rassicurazione corporea.

La funzione dei tic è infatti quella di creare uno stato di sollievo, per questo motivo sono tendenzialmente assenti durante il sonno o quando si è concentrati su un’attività in svolgimento senza grandi intoppi.

Come capire se è un tic?

Come anticipato, un movimento corporeo diventa un tic se la contrazione è ripetuta e di base involontaria, nel senso che le persone affette possono interromperla, ma l’avvio spesso non è consapevole. La stessa interruzione tuttavia non è semplice da effettuare.

Questo comportamento assume una ulteriore connotazione di disturbo se si presenta in momenti salienti per il paziente, ovvero in concomitanza di eventi o situazioni significativi. Tali eventi possono essere episodi esterni oppure emozioni interne.

Spesso, sono situazioni esterne che creano una emozione distintiva corrispondente.

Quali trattamenti adottare?

Un tic si può curare ma non sempre si deve curare. Possiamo considerarla come una “spia” che segnala una fase o una situazione di crisi: pertanto la manifestazione può estinguersi al risolversi della difficoltà in essere senza alcun intervento.

Un intervento utile è prendere nota della numerosità e della frequenza, in modo da intercettare e definire al meglio quando accadono, eventualmente associando anche l’intensità percepita dal paziente. In questo modo si può definire un intervento che mira al contesto, ad esempio familiare o relativo alla scuola, più che al paziente. Si interviene tramite modifiche ambientali o relazionali per diminuire il carico emotivo sul paziente e quindi ridurre il tic.

Un percorso psicologico di gestione di questo disturbo è necessario qualora la manifestazione non diminuisca oppure aumenti nel tempo e, soprattutto, se questi gesti involontari causano disagi emotivi secondari quali la preoccupazione di non uscirne o l’utilizzo di comportamenti forzati per bloccarlo.

Nello specifico questi ultimi possono essere spie di una rabbia sviluppata in risposta al disturbo. Altro indicatore soggettivo è se il paziente riferisce che la componente di sollievo del tic è quasi completamente cessata a favore di una tendenza a ripetere esclusivamente percepita come faticosa.

Il biofeedback

In sintesi, è opportuno valutare se si tratta di una condizione transitoria e, una volta accertata, intervenire se il tic o le reazioni ad esso iniziano ad interferire con la propria quotidianità.

Trattandosi di una condizione di sofferenza principalmente corporea, inoltre, può essere opportuno intervenire in modo mirato con tecniche corporee, come ad esempio il biofeedback.