Spesso episodi o avvenimenti della nostra vita, che accadono in modo inaspettato, possono mettere a dura prova la nostra impalcatura. Allora sia il corpo che la mente cedono. In queste circostanze si parla di collasso psicofisico.
La dottoressa Giacomina Morante, psicologa e psicoterapeuta del Santagostino, ci spiega come capire i segni di un collasso psicofisico, quali sono le dinamiche sottostanti e le possibilità di intervento terapeutico.
Cosa vuol dire avere un collasso psicofisico?
L’espressione crollo psicofisico può indicare uno stato mentale caratterizzato da sovraccarico emotivo e stanchezza fisica. La presenza concomitante di sintomi fisici, emotivi e comportamentali derivanti da richieste intense poste dalle situazioni, è il segnale con cui si sta manifestando una condizione di sovraccarico e stress per il nostro sistema psicofisico.
La presenza di eventi o fattori stressanti, i cosiddetti stressor, determina una fisiologica reazione di adattamento, in questo consiste lo stress, da parte dell’organismo. La natura di tale reazione è molteplice e comprende meccanismi di natura cognitiva, emotiva, comportamentale e fisiologica.
La reazione allo stress è dunque una reazione adattiva, una risposta funzionale di attivazione e adattamento. In essa si intrecciano eventi esterni e modalità con cui ciascun individuo classifica e affronta questi ultimi.
Quando si può effettivamente parlare di stress psicofisico?
Quando dunque si parla di stress psicofisico ci si riferisce all’insieme dinamico di pressioni ambientali e strategie a cui l’individuo è sottoposto. Una condizione di stress psicofisico non prescinde mai dalla presenza concomitante di opportunità e richieste dell’ambiente da un lato, e bisogni, capacità, aspettative e risorse individuali dall’altra.
Quando c’è disaccordo tra questi due fattori, o quando l’organismo non è in grado di mettere in atto risposte adeguate e adattive, la condizione di stress può perdurare e trasformarsi in uno stato di sovraccarico fino a cronicizzarsi, il vero e proprio collasso psicofisico.
Le sollecitazioni a cui l’organismo è chiamato a far fronte sono avvenimenti esistenziali particolarmente stressanti:
- di natura interna, pressioni interne emotive, schemi emotivi, comportamentali, cognitivi, percepiti come non più adattivi e difficili da modificare, cambiamenti nello stile di vita
- di natura esterna, di ambito lavorativo, familiare, abitativo.
Possono essere avvenimenti sia attesi che improvvisi.
In ogni caso richiedono una elaborazione soggettiva, cognitiva ed emotiva, individuale che è diversa per diverse persone. Pertanto uno stesso evento può avere un significato diverso, e quindi anche un diverso impatto, per persone diverse. Le differenti caratteristiche psicologiche individuali determinano differenze nella percezione individuale degli eventi, e contemporaneamente modalità differenti di farvi fronte.
Come inizia? Quali sono i primi segnali?
Sentimenti di impotenza, paura, senso di sopraffazione, mancanza di sicurezza e controllo possono essere i primi segnali di una condizione di malessere che può sfociare in crollo psicofisico.
Irritabilità, mancanza di energia e motivazione nelle attività quotidiane, insonnia, nervosismo, sfiducia. E poi ancora affaticamento fisico, disturbi somatici come mal di testa, disturbi gastro intestinali, sintomi dermatologici. E infine ansia, risposte di allarme, tensione muscolare, possono essere i segnali di uno stato di sofferenza connessa ad un crollo psicofisico, e rappresentano la forma del disagio ad esso correlato.
Questi primi sintomi, che possono iniziare anche come piccoli cambiamenti, se sono sottovalutati possono rendere cronico lo stato di sovraccarico, fino a determinare condizioni psicopatologiche, come esito di condizioni maladattive.
Come si fa a capire se una persona è esaurita?
Non sempre è facile per chi vive una condizione di stress psicofisico riconoscere il proprio malessere. Molto frequentemente accade che l’attenzione si soffermi sui sintomi fisici e si faccia riferimento per questo a contesti e professionisti di area medica: medico di base, visite specialistiche, esami strumentali.
Una prima forma di riconoscimento della presenza di un malessere più complesso si sviluppa, per la persona, proprio attraverso l’esperienza della consapevolezza che non c’è alcun riscontro in area medica. Sono spesso proprio i medici ad aiutare i pazienti ad ampliare lo sguardo includendo anche fattori di ordine psicologico, sociale e ambientale.
Può inoltre accadere che il disagio o il cosiddetto esaurimento si manifestino nei contesti quotidiani di vita della persona. In ambito familiare o di coppia si può manifestare con nervosismo, irritabilità, mancanza di desiderio sessuale, disattenzione per normali attività del ménage familiare, dimenticanze.
In ambito lavorativo con sfiducia, insoddisfazione, mancanza di motivazione o stress dovuto al multitasking. Nel contesto sociale sociale con isolamento, perdita di interesse per attività ricreative, culturali o sociali, oppure nervosismo e sfiducia.
Cosa fare se si è troppo nervosi?
La riduzione del livello di attivazione e allarme è utile per la gestione dello stato di sovraccarico, al fine di ottenere uno stato di rilassamento. Prendersi cura di sé, dedicare del tempo ad attività piacevoli e momenti positivi può essere utile a questo scopo, in quanto si tratta in genere di attività di segno opposto alla risposta di allarme. Ne sono un esempio l’esercizio fisico e le relazioni amicali.
Il movimento fisico e l’attività sportiva possono essere un valido aiuto in tal senso, in quanto l’attività fisica produce endorfine, sostanze chimiche che agiscono da neurotrasmettitori, che hanno la proprietà di produrre sensazioni di benessere. L’attività fisica inoltre riduce la tensione muscolare, condizione che a sua volta agisce positivamente sullo stato di rilassamento.
Anche la compagnia e la condivisione amicale hanno un effetto positivo: intimità, sicurezza e affetto si riflettono positivamente nella sfera emotiva e condizionano positivamente il benessere psicofisico.
Dal beneficio momentaneo ad una risoluzione a lungo termine
Tuttavia queste attività possono non essere sufficienti a lungo termine. Possono offrire un beneficio momentaneo, che non necessariamente si traduce in cambiamenti utili a modificare una condizione di malessere e sovraccarico, soprattutto se cronica.
Affinché ciò accada sono necessari:
- cambiamenti esterni ovvero modifiche alle condizioni ambientali, quindi allontanarsi da situazioni diventate eccessivamente stressanti o modificarle
- cambiamenti interni, modificare cioè il modo di percepire le cose, di leggere e interpretare le situazioni, e modificare le risposte cognitive o comportamentali a fattori ed eventi stressanti, sviluppando la consapevolezza delle risorse.
Questi cambiamenti sono attuabili attraverso interventi terapeutici.
In che modo si può intervenire terapeuticamente?
Un percorso di psicoterapia può contribuire a raggiungere una condizione di salute psicofisica e di benessere. Una psicoterapia che abbia questo scopo si focalizza principalmente su alcuni micro-obiettivi, che possono favorire un ripristino della salute mentale e fisica della persona:
- elaborazione cognitiva ed emotiva dei fattori stressanti
- incremento delle abilità di coping, ovvero delle capacità di reazione e fronteggiamento degli eventi stressanti
- rinforzo delle risorse che la persona possiede e che si sono mostrate utili in passato o in altre situazioni.