Il complottismo come patologia psicologica

Chi cede al complottismo tende a rinunciare alla complessità del reale. E anche se non è possibile parlare di patologia in senso stretto, certamente delle sfumature paranoiche non possono essere escluse a priori.

Il complottismo come patologia psicologica

Il complottismo può essere considerato un fenomeno complesso, ma non esattamente una patologia psicologica.

Tuttavia, alcuni studi hanno suggerito che il complottismo può essere correlato a determinati tratti psicologici o condizioni che possono influenzare la tendenza a credere in teorie del complotto. E aiutare ad avere una percezione di maggiore controllo su fatti ed eventi considerati complessi.

Cosa si intende con il termine complottismo in psicologia?

In psicologia, il complottismo viene definito come un atteggiamento mentale in cui si tende a interpretare gli accadimenti attraverso una lettura alternativa a quella definita mainstream, attribuendo gli eventi a un complotto. Non è classificabile come un delirio psicotico, ma piuttosto come un delirio a bassa intensità, che può essere socialmente condivisibile e contagioso.

Le teorie del complotto sono concezioni che attribuiscono la causa di una serie di eventi a un complotto, e spesso presentano una visione più complessa ed elaborata rispetto alle versioni fornite dalle fonti ufficiali. In queste teorie, importa sottolineare, manca del tutto qualsiasi prova tangibile.

Ecco alcuni esempi di teorie del complotto:

  • Coronavirus e 5G. Una teoria suggerisce un collegamento tra la pandemia da COVID-19 e l’implementazione della tecnologia 5G, sostenendo che il 5G indebolisca il sistema immunitario e abbia favorito la diffusione del virus
  • Stato Profondo e politici. Secondo questa teoria un potere nascosto, spesso chiamato Stato Profondo, controlla i politici e manipola gli eventi dietro le quinte
  • 9/11 Inside Job. Questa teoria del complotto afferma che gli attentati dell’11 settembre2001 siano stati organizzati dall’interno dagli Stati Uniti, per diversi scopi politici.

Che cosa vuol dire cospirazionista?

Essere cospirazionista significa, nella pratica, avere un atteggiamento complottista. La cospirazione può essere definita come la spiegazione di un evento o una situazione che attribuisce cause e responsabilità a gruppi elitari o potenti. Questa spiegazione spesso nasce da motivazioni politiche e cerca di trovare connessioni nascoste tra persone, fatti ed organizzazioni per cercare di capire cosa stia realmente accadendo.

Le teorie del complotto spesso presuppongono l’esistenza di un gruppo di cospiratori che agisce in segreto e che il piano che viene messo in atto sia dannoso per coloro a cui è tenuto nascosto. Tali teorie possono essere alimentate da paure, diffidenza verso le istituzioni e la tendenza ad attribuire a forze invisibili e malevoli la responsabilità di eventi complessi.

Un esempio noto di teoria del complotto è quella riguardante l’assassinio del presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, avvenuto nel 1963. Mentre la Commissione presieduta da Earl Warren formulò l’ipotesi del cecchino solitario, molte persone sostengono che ci sia stato un complotto dietro l’assassinio, con ragioni politiche più ampie.

In che modo la psicologia spiega il complottismo?

La psicologia spiega il complottismo attraverso una combinazione di motivazioni e tratti di personalità. Si prende come spunto una recente meta-analisi del 2023, a nome di Bowes e colleghi, pubblicata sul sito dell’American Psycological Association. Al contrario della percezione popolare, che ritrae i complottisti come individui ingenui o affetti da disturbi mentali, lo studio suggerisce una motivazione più complessa.

Le persone inclini alle teorie del complotto sembrano essere motivate dalla necessità di dare significato e controllo agli eventi confusi o poco compresi. Le teorie complottiste forniscono una spiegazione alternativa che offre sicurezza e un senso di controllo rispetto all’ambiente.

Un altro motore del complottismo è il bisogno di appartenenza e superiorità. Le teorie del complotto sono più attraenti per coloro che si sentono emarginati dalla società, impoveriti nelle relazioni e infelici nella vita. Inoltre, l’identità sociale svolge un ruolo significativo, poiché le persone sono più propense a credere a teorie specifiche quando sono motivate da minacce sociali.

Ad esempio, coloro che percepiscono minacce sociali potrebbero aderire a teorie del complotto basate sugli eventi, come quella che sostiene la pianificazione governativa degli attacchi dell’11 settembre, citata in precedenza.

Si può quindi ipotizzare, una dinamica persecutoria che si fonda sulla sfiducia verso l’altro, sul sospetto, con una sfumatura quasi paranoica.

Sfiducia, scarsa amicalità e machiavellismo

Secondo Lantian, in una ricerca del 2017, le teorie del complotto si basano su spiegazioni che coinvolgono gruppi segreti operanti nell’ombra per raggiungere obiettivi sinistri.

La ricerca di Lantian suggerisce che sfiducia, scarsa amicalità e machiavellismo sono spesso correlati alle credenze complottiste. La scarsa amicalità si riferisce alla mancanza di affidabilità, gentilezza e cooperazione. In altri termini, le persone con bassa amicalità possono essere meno affidabili e cooperativi. Il machiavellismo si riferisce alla concentrazione sugli interessi personali e alla manipolazione degli altri per ottenere ciò che si desidera.

Dal punto di vista dei processi cognitivi, le persone con forti credenze complottiste tendono a sovrastimare la possibilità di eventi coincidenti, attribuire connessioni intenzionali anche quando improbabili e mostrare un livello più basso di pensiero analitico. Ciò suggerisce che la propensione alle teorie del complotto può derivare da una tendenza a cercare significati e connessioni anche quando non sono razionali o supportate dai fatti dimostrabili.

Moulding, nel suo studio del 2016, ha poi rilevato come esista una correlazione tra il supportare teorie complottiste e variabili quali distacco dalle regole sociali, assenza di norme, senso di impotenza e alienazione. Nello stesso anno, una ricerca di van Prooijen indica nella instabilità dell’autostima un fattore che può determinare propensione verso teorie complottiste.

Complottismo e bias cognitivi

Le teorie del complotto sono spesso influenzate da diversi bias cognitivi. Nello specifico, si sta parlando di bias di:

  • proporzionalità, che porta a ritenere come eventi di grande importanza abbiano cause altrettanto significative, contribuendo a una sovrastima della complessità dietro gli avvenimenti
  • attribuzione, che evidenzia la tendenza a enfatizzare le caratteristiche interne degli individui, trascurando i fattori situazionali che possono contribuire agli eventi
  • di conferma, il quale induce a selezionare informazioni che confermano le proprie convinzioni, ignorando quelle contrastanti.

Questi bias contribuiscono alla formazione e al mantenimento delle teorie cospirazioniste, influenzando la percezione e l’interpretazione degli eventi.