Per comprendere le dinamiche del processo di deumanizzazione, come si innesca e come combatterlo, la psicologia ci viene in aiuto. Il significato profondo che si nasconde dietro a questo genere di comportamento ha una forte matrice difensiva di origini antichissime e che si è ripresentato costantemente lungo tutto l’arco della storia dell’umanità.
Ormai da molti decenni, il processo mentale che porta alla deumanizzazione è stato scoperto e, da allora, studiato nei dettagli: sono così emersi i fattori psicologici che possono favorirlo e, di conseguenza, sono state elaborate delle strategie per contrastarlo ed evitare che si ripetano immani tragedie che hanno segnato la Storia alla cui base, fra i vari fattori, c’era anche la spinta verso la deumanizzazione di uno o più gruppi sociali avversari.
Quali sono gli esempi più significativi di deumanizzazione nella storia e nella società odierna?
Probabilmente, l’esempio più famoso di deumanizzazione sistematica di un gruppo sociale all’interno di una società è quello che ha colpito le persone di origini ebraiche durante il Terzo Reich. Sotto il regime di Hitler, infatti, la propaganda nazista ha spesso descritto gli Ebrei come un popolo inferiore da eliminare con ogni mezzo.
Anche nell’Unione Sovietica comunista non mancano esempi di deumanizzazione sistematica. Gli oppositori del regime di Stalin erano spesso descritti come vampiri, succhiasangue, ragni oppure cani, rettili, predatori minacciosi, pidocchi o insetti nocivi. Anche i contadini considerati “benestanti” hanno subito un trattamento simile, in epoca staliniana, vendendo definiti “bestiali”, “sanguisughe” e “vampiri” dai vari membri del partito bolscevico.
Se ci spostiamo in Africa, all’interno dell’infinito conflitto tra Hutu e Tutsi, riscontriamo che i primi hanno sempre definito i secondi con la parola “scarafaggi”, equiparandoli a un insetto infestante fastidioso che, di solito, si tende a eliminare. Più in generale, è tipico delle società schiaviste attribuire agli schiavi una sub-umanità inferiore, quando non direttamente una palese disumanità (in parole povere, il padrone non considerava lo schiavo un essere umano quanto sé stesso, quando non direttamente un animale o un oggetto). Lo studioso David Livingstone Smith ha riscontrato che nell’antica letteratura cinese, egizia e della Mesopotamia i nemici sono sempre definiti subumani allo stesso modo in cui lo facevano gli Europei del 18esimo secolo con gli africani sub-sahariani o coi nativi americani.
In generale, utilizzando le parole della dottoressa Chiara Volpato, si può affermare che – nel corso dell’intera Storia – la deumanizzazione è stata applicata per marginalizzare le donne, isolare le classi meno abbienti e criminalizzarne le rivolte o per demonizzare avversari politici, nemici e oppositori di ogni genere e tipo.
Quali sono i meccanismi psicologici che favoriscono la deumanizzazione?
La deumanizzazione è un processo che si innesca nel momento in cui si percepisce la necessità di proteggere la propria identità quando questa entra in contatto con una civiltà esterna che viene riconosciuta come molto diversa e potenzialmente minacciosa. Il significato profondo di questo meccanismo sta nello screditamento di un’identità altra per rafforzare la propria.
Secondo la dottoressa Susan Fiske, ricercatrice all’università di Princeton ed esperta di tutto ciò che sta alla base dei pregiudizi, la reazione spontanea e d’impulso delle persone è spesso negativa, quando entrano in contatto con qualcuno che è molto diverso da loro. E tutto ciò è tanto più vero quanto più è veloce e limitato il contatto che si ha con la nuova, sconosciuta comunità con cui si entra in relazione: queste piccole finestre di interazione attivano il meccanismo di difesa atavico del “noi contro loro” che abbiamo scolpito nelle nostre menti sin dagli albori dell’umanità.
Si può arrivare a deumanizzare qualcuno seguendo tanti percorsi diversi quanti sono, in effetti, i meccanismi psicologici che favoriscono il processo. Secondo un articolo scritto dalla dottoressa Chiara Volpato dell’Università degli studi di Milano – Bicocca, l’elenco è piuttosto nutrito e si parla di:
- Animalizzazione
- Demonizzazione
- Biologizzazione
- Meccanizzazione
- Oggettivazione
Quali strategie possono essere adottate per contrastare la deumanizzazione a livello individuale e collettivo?
In generale, un’attività di inclusione e abolizione delle barriere che si formano tra diversi gruppi sociali può già essere un forte deterrente per contrastare il processo di deumanizzazione, tanto a livello individuale, quanto a livello collettivo. Una società più inclusiva è infatti in grado di assorbire tanto i singoli precedentemente considerati “devianti”, quanto i gruppi formati da questi non-omologati (definibili anche come “gruppo esterno”). Ribadiamo che, in psicologia, quando si parla di deumanizzazione, si definisce come “gruppo interno” il gruppo sociale da cui origina il fenomeno e “gruppo esterno” quello che invece è l’insieme dei destinatari del processo deumanizzante. Un sintetico elenco di strategie pratiche per combattere la deumanizzazione può prevedere:
- l’umanizzazione di un gruppo sociale specifico attraverso il contatto e lo scambio (che può essere anche immaginario);
- la condivisione di un’identità comune sovrastante le identità singole;
- l’enfatizzazione delle somiglianze tra essere umani e animali;
- una descrizione dettagliata delle differenze individuali all’interno del gruppo sociale esterno.
Favorire il contatto e lo scambio reciproco tra gruppi sociali differenti implica che, attraverso il dialogo e l’interazione con chi è considerato diverso, si può scoprire che, per quanto balzino all’occhio le differenze, ci sono altrettante somiglianze che aspettano solo di essere scoperte. È particolarmente interessante notare che anche il contatto immaginario può funzionare in questo senso: per esempio, raccontare a dei bambini vere storie di migrazione può ridurre la tendenza deumanizzante dei piccoli verso l’intero gruppo sociale dei migranti, anche se si tratta di persone che non hanno mai nemmeno visto e di cui hanno semplicemente sentito parlare.
Hanno una loro efficacia anche la proposta e la promozione di un’identità comune sovrastante. Facendo un esempio pratico, sottolineare l’italianità comune delle cittadinanze di due località rivali in una qualunque regione del Paese potrebbe risultare un fattore unificante decisivo per scardinare il meccanismo del “noi contro loro” e quindi contrastare il processo di deumanizzazione.
Uno studio del 2014 (Haslam e Loughnan) ha individuato altre due possibilità percorribili per scardinare il processo di deumanizzazione e stimolare una reazione di senso opposto: ha infatti senso anche enfatizzare le somiglianze tra esseri umani e animali – per annullare il senso di superiorità derivante dall’attribuzione di caratteristiche eminentemente umane solo al proprio gruppo sociale – così come descrivere in maniera precisa e dettagliata le varie differenze che intercorrono tra gli individui di un gruppo esterno.
(27 Agosto 2024)