Adulti

La sindrome da alimentazione notturna, quando il cibo è rifugio nelle ore buie

La sindrome da alimentazione notturna è un disturbo caratterizzato da episodi ricorrenti di consumo eccessivo di cibo nel cuore della notte, anche quando non si ha fame. Vediamo come questo comportamento può influenzare negativamente la qualità del sonno e la salute generale.

La sindrome da alimentazione notturna, quando il cibo è rifugio nelle ore buie

In questo articolo approfondiremo le caratteristiche della sindrome da alimentazione notturna, esploreremo chi ne è colpito, le sue cause e i suoi sintomi, con l’aiuto della Dottoressa Francesca Battaglia, psicoterapeuta e coordinatrice del Percorso Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) di Santagostino Psiche.
L’obiettivo è quello di fornire una panoramica completa di questo disturbo e di offrire informazioni utili per chi vuole indagarne i comportamenti più comuni.

Cosa vuol dire quando una persona mangia di notte?

Svegliarsi nel cuore della notte e sentirsi richiamare dal cibo non è un’esperienza rara. Molti di noi, occasionalmente, si concedono uno spuntino notturno, attratti da un senso di fame o golosità. Tuttavia, quando questo comportamento si trasforma in una frequente abitudine notturna associata a episodi di iperalimentazione, potrebbe trattarsi di un disturbo alimentare più complesso: la sindrome da alimentazione notturna (SAN).

La SAN non si limita a semplici “sgarri” alimentari. Si tratta di un disturbo caratterizzato da ripetuti episodi di abbuffate compulsive durante la notte, spesso accompagnati da sensi di colpa, vergogna e disgusto. Diversamente da chi soffre di bulimia nervosa, le persone con SAN non mettono in pratica comportamenti compensativi come vomito autoindotto o abuso di lassativi.

Cosa fare se si ha fame di notte?

Se ti capita spesso di svegliarti con una sensazione di fame durante la notte, è importante innanzitutto distinguere tra fame fisiologica e fame emotiva. La fame fisiologica è graduale e si accompagna ad altri segnali del corpo come brontolii di stomaco o calo di energia. La fame emotiva, invece, è improvvisa e intensa, spesso associata a stress, ansia o emozioni negative.

Nel caso di fame fisiologica:

  • Assicurati di seguire una alimentazione regolare ed equilibrata durante il giorno. Questo aiuterà a mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue e a ridurre la fame notturna.
  • Evita di saltare i pasti, soprattutto la cena. Un pasto serale leggero e proteico può aiutare a sentirsi sazi più a lungo.
  • Non tenere cibi calorici o snack a portata di mano durante la notte. Se proprio senti il bisogno di uno spuntino, opta per qualcosa di leggero e nutriente come frutta, yogurt o verdura.

Nel caso di fame emotiva:

  • Individua i fattori scatenanti che ti portano a mangiare di notte. Si tratta di stress, ansia, noia o solitudine?
  • Sviluppa strategie per gestire le emozioni negative in modo sano. Tecniche di rilassamento come la respirazione profonda, la meditazione o l’attività fisica possono essere utili.
  • Cerca un supporto psicologico. Un professionista può aiutarti a comprendere le cause della tua fame emotiva e a sviluppare meccanismi di coping efficaci per affrontare al meglio la situazione.

La diagnosi di SAN è un passaggio fondamentale per intraprendere un percorso di cura efficace. È importante rivolgersi a un professionista della salute mentale qualificato che possa effettuare una valutazione completa e accurata. In genere la diagnosi si basa su una valutazione dei sintomi, della storia medica e psicologica e di eventuali esami fisici.

La diagnosi della sindrome da alimentazione notturna in genere si basa su criteri come:

  • presenza di episodi ricorrenti di abbuffate compulsive durante la notte;
  • mancanza di comportamenti compensativi come vomito autoindotto o abuso di lassativi;
  • distress significativo associato alle abbuffate notturne;
  • non essere associato a bulimia nervosa.

Chi si alza di notte per mangiare?

La sindrome da alimentazione notturna colpisce circa il 3% della popolazione, prevalentemente donne. Le persone che ne soffrono spesso hanno una storia di altri disturbi alimentari, come anoressia nervosa o bulimia nervosa, oppure soffrono di disturbi dell’umore, come depressione o ansia. 

Che cos’è il disturbo da alimentazione incontrollata?

Il disturbo da alimentazione incontrollata (DAI) è un disturbo alimentare complesso che va oltre la semplice relazione con il cibo. Si manifesta attraverso episodi ricorrenti di abbuffate compulsive, caratterizzati da un’intensa sensazione di perdita di controllo sul cibo e sul proprio comportamento alimentare. Durante queste abbuffate, le persone con DAI consumano grandi quantità di cibo in modo rapido e incontrollato, spesso senza provare reale piacere o soddisfazione dal cibo stesso. Ciò porta spesso a una sensazione di disagio fisico, con sentimenti di pienezza estrema e persino dolore.

Tuttavia, ciò che distingue il DAI da una semplice eccessiva assunzione di cibo è la profonda componente emotiva che lo accompagna. 

Dopo un episodio di abbuffata, le persone con questo disturbo spesso sperimentano una cascata di emozioni negative, tra cui colpa, vergogna, disgusto e auto-disprezzo. Questi sentimenti possono essere così intensi da generare un circolo vizioso, in cui la persona si sente spinta a ricorrere nuovamente all’abbuffata come meccanismo di coping per alleviare il disagio emotivo.

Alcune persone con DAI possono anche impegnarsi in comportamenti compensativi per cercare di ridurre il senso di colpa o di controllo dopo un’abbuffata. Questi comportamenti possono includere il vomito autoindotto, l’abuso di lassativi o diuretici, o l’eccessivo esercizio fisico. Ma tali comportamenti non portano al controllo del peso desiderato e spesso peggiorano il senso di colpa e la sensazione di disperazione.

Il disturbo da alimentazione incontrollata può avere gravi ripercussioni sulla salute fisica, emotiva e sociale. Oltre al rischio di sovrappeso o obesità, le persone con DAI sono anche a rischio di sviluppare disturbi correlati, come il diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolari e i disturbi dell’umore come la depressione e l’ansia.