Paura dei cani (o cinofobia): a cosa è dovuta e come affrontarla

La paura dei cani, nota anche come cinofobia, è il timore eccessivo e irrazionale di essere morsi o attaccati da questi animali, e può essere affrontata attraverso diversi approcci terapeutici. Vediamo di cosa si tratta.

Paura dei cani (o cinofobia): a cosa è dovuta e come affrontarla

La paura dei cani è un disturbo d’ansia che rientra tra le fobie specifiche ed è caratterizzata da una reazione sproporzionata e irrazionale innescata dalla presenza dell’animale.

Nota anche come cinofobia – termine che deriva dalle parole greche chiùon (cane) e phobos (paura) – la paura dei cani è una delle fobie più comuni.

In questo articolo vedremo come si manifesta, a cosa può essere dovuta e come affrontarla, anche attraverso il supporto della psicoterapia.

Che cos’è la paura dei cani o cinofobia?

La paura dei cani o cinofobia è una condizione psicologica in cui, chi ne soffre, ha una paura irrazionale e intensa dei cani. Questa fobia può variare da un leggero disagio fino a veri e propri attacchi di panico e terrore in presenza di cani, anche se sono amichevoli, piccoli o innocui.

Le persone cinofobe possono sviluppare sintomi come ansia, sudorazione, tachicardia in presenza della situazione temuta o anche al solo pensiero. Questa paura può scaturire da esperienze negative passate, come essere stati morsi o aver assistito ad attacchi di cani, oppure può svilupparsi senza un incontro diretto, tramite trasmissione delle paure da parte di altri o attraverso i media

La cinofobia può interferire significativamente con la vita quotidiana delle persone che ne soffrono, limitando le loro attività e provocando disagio emotivo.

Quali sono i sintomi della cinofobia?

Il Manuale Diagnostico dei disturbi mentali (DSM-5) fa rientrare la fobia dei cani tra i disturbi d’ansia, classificandola tra le fobie specifiche

La cinofobia si manifesta principalmente con una paura eccessiva e irrazionale, innescata dalla possibilità di essere attaccati o morsi da un cane. Nonostante il soggetto sia consapevole della sproporzione della sua reazione alla presenza dell’animale, non riesce comunque a tenerla sotto controllo. 

La paura dei cani comporta delle vere e proprie manifestazioni fisiche, che compaiono in presenza di uno o più cani. Il cinofobo, infatti, può sperimentare sintomi come:

I sintomi possono essere anche di natura psicologica e declinarsi in ansia, attacchi di panico veri e propri, con sensazione di impotenza e paura di morire. Nel momento in cui il trigger della fobia – in questo caso i cani – non è più presente, i sintomi dovrebbero cessare.

Perché si ha paura dei cani? Cause e fattori di rischio

Le cause della cinofobia vanno ricercate nel pregresso della persona che ha paura dei cani. Si può avere questa paura dopo che si è stati vittima di un attacco diretto o anche nel momento in cui si è assistito a un episodio di questo tipo.

La paura dei cani può essere innescata attraverso varie modalità. Come abbiamo detto, può essere la conseguenza di un trauma dovuto a un’esperienza sia diretta sia indiretta (il soggetto è stato testimone, ad esempio, dell’attacco di un cane a un’altra persona). Anche l’osservazione di comportamenti fobici, ad esempio da parte dei genitori, può comportare lo sviluppo della fobia.

Infine, la paura dei cani può essere determinata da una trasmissione di tipo sociale. Ciò significa che l’esposizione a una narrativa di un certo tipo sulla pericolosità dei cani può favorire la comparsa della paura.

La presenza del trigger, evidentemente, funge da innesco, la sua assenza comporta una diminuzione della paura. Ciò non significa, però, che sia stata superata. Il soggetto sta semplicemente evitando la fonte della sua fobia: un comportamento che, in certi casi, potrebbe addirittura peggiorare la sua condizione.

Interpretazione psicoanalitica

Secondo l’approccio della psicoanalisi, la paura dei cani emerge quando una persona proietta le proprie preoccupazioni intime su fattori esterni, cercando così di evitare sensazioni di ansia indotte da pensieri interni. In questo modo, si allontana da pensieri o desideri che potrebbero essere scomodi per la propria coscienza.

Sigmund Freud ha esemplificato questo concetto con il caso del piccolo Hans, il quale manifestava una tipica paura degli animali, mascherando in realtà la sua paura del padre, percepito come una figura minacciosa. Il bambino proiettava su un oggetto esterno, come i cani, il conflitto interiore con il padre, cercando di rendere “normale” la sua paura.

Come si diagnostica?

La diagnosi di cinofobia si avvale, in prima istanza di una valutazione mirata a comprendere le radici del disagio e contestualizzare il problema nella storia di vita della persona, individuandone il significato e l’entità. Questo processo permette di determinare quali terapie possono essere più adeguate. I criteri diagnostici per parlare di cinofobia includono:

  • persistenza della paura nei confronti dei cani, del loro comportamento o di situazioni che li coinvolgono
  • insorgenza di un’immediata risposta d’ansia in presenza dello stimolo fobico
  • consapevolezza da parte degli adulti che la paura è eccessiva, irragionevole o irrazionale (questa consapevolezza non è sempre presente nei bambini)
  • nei pazienti sotto i 18 anni, la persistenza dei sintomi per almeno 6 mesi
  • tendenza a evitare completamente la situazione temuta
  • interferenza significativa con le attività quotidiane

Perché la diagnosi di cinofobia sia accertata è anche necessario assicurarsi che ansia, attacchi di panico o evitamento non possano essere in alcun modo attribuiti ad altri disturbi.

Come si cura la paura dei cani?

La paura dei cani può essere superata attraverso il supporto di uno specialista che aiuti la persona fobica a individuare le cause della sua condizione. Nella maggior parte dei casi, lo psicoterapeuta sarà in grado di aiutare il paziente a gestire e superare la propria paura. 

La ricerca scientifica ha evidenziato che i risultati migliori sono stati riscontrati, come per buona parte delle fobie, grazie a un approccio terapeutico di tipo cognitivo-comportamentale.

Da una parte, infatti, l’approccio cognitivo lavora su tutti quei pensieri irrazionali che alimentano la fobia, allo scopo di ristrutturarli. Dall’altra, la terapia comportamentale agisce sulle principali manifestazioni sintomatologiche insegnando al paziente le strategie migliori per gestirle e affrontarle, fino al punto da ottenere una completa risoluzione del disturbo.

Il soggetto fobico può essere esposto, in ambiente protetto e alla presenza dello specialista, al trigger della fobia, allo scopo di desensibilizzarlo progressivamente. La graduale esposizione agli stimoli fobici, infatti, dovrebbe determinare abitudine agli stessi e spegnere gradualmente l’ansia da loro generata. 

A questo scopo, possono risultare particolarmente utili anche tecniche di meditazione mindfulness o tecniche di rilassamento, eventualmente abbinate a una terapia di tipo farmacologico, che però deve essere impostata e tenuta sotto controllo da un medico.

Terapia di esposizione e desensibilizzazione

La terapia di esposizione e desensibilizzazione sistemica implica l’esposizione graduale allo stimolo fobico, che sia attraverso immagini di cani, incontri diretti con gli animali o situazioni che scatenano la paura, al fine di imparare a rilassarsi. Si affrontano progressivamente tutte le convinzioni negative legate alla possibilità di essere attaccati dall’animale, partendo da quelle meno spaventose fino alle più temute.

La terapia in vivo, ovvero l’esposizione diretta al cane, è considerata il metodo più efficace per ridurre o eliminare completamente la cinofobia. Quest’approccio prevede un’esposizione graduale e prolungata all’animale finché il paziente non riesce a gestire la situazione senza reagire negativamente. 

La terapia può svolgersi in più sedute o in una singola sessione prolungata. Il paziente viene incoraggiato ad avvicinarsi al cane e, man mano che l’ansia diminuisce, a interagire con l’animale, concludendo la sessione quando la paura è notevolmente ridotta o eliminata del tutto. Dopo la sessione, il paziente deve continuare ad affrontare l’oggetto temuto per consolidare quanto appreso durante la terapia.