Psichiatria

Misurare lo spettro autistico: diagnosi, test e interventi

Il termine "spettro autistico" si riferisce a una eterogenea gamma di disturbi del neurosviluppo, che variano notevolmente per severità, e che influenzano il comportamento, le abilità sociali e comunicative.

Misurare lo spettro autistico: diagnosi, test e interventi

Misurare lo spettro autistico è un aspetto fondamentale nell’ambito della sua valutazione e comprensione.

Questa misurazione, infatti, è fondamentale per diagnosticare l’autismo, valutarne la gravità e identificare le esigenze specifiche di supporto per le persone che vivono questa condizione.

La dottoressa Pugliatti, neuropsichiatra infantile, e il dottor Rovati, terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, offrono una breve guida sull’argomento, chiarendo cosa s’intende per disturbi dello spettro autistico, quali sono i sintomi e come possono essere diagnosticati.

Cosa significa essere nello spettro autistico?

I disturbi dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorder – ASD) sono disturbi del neurosviluppo a insorgenza precoce. In altre parole, fanno parte di quelle condizioni che si manifestano tipicamente nelle prime fasi dello sviluppo, e sono caratterizzate da deficit che determinano una compromissione a livello personale, sociale e scolastico. 

L’ultima revisione del Manuale Statistico e Diagnostico (DSM-5) ha proposto la categoria diagnostica “Disturbo dello Spettro Autistico”, volendo sottolineare con il termine “spettro” l’eterogeneità del disturbo, che si manifesta lungo un continuum in cui ciascun individuo presenta le proprie specificità. 

L’autismo può essere, a volte, associato a sindromi o malattie rare a base genetica che compromettono la normale funzionalità del sistema nervoso centrale, quali:

  • Sclerosi tuberosa
  • Sindrome di Rett
  • Sindrome di Down
  • Sindrome di Landau-Kleffner
  • Fenilchetonuria
  • Sindrome dell’X-fragile

Questi casi vengono spesso definiti come autismo sindromico. La loro classificazione avviene in base alla sindrome specifica, ma ciò non toglie che i loro bisogni speciali in genere coincidano con quelli degli altri soggetti con autismo. 

Che differenza c’è tra autismo ad alto e a basso funzionamento?

Le diverse manifestazioni di un disturbo dello spettro autistico possono essere suddivise in due grandi gruppi:

  • Autismo ad alto funzionamento, che riguarda bambini e/o adulti capaci di comunicare verbalmente e dotati di un’intelligenza nella media o addirittura superiore, tanto da avere straordinarie abilità in molti campi, anche se utilizzate in maniera bizzarra e non sempre funzionale
  • Autismo a basso funzionamento soggetti che non sono capaci di usare un linguaggio appropriato e hanno un livello intellettivo inferiore alla media.

Quali sono i sintomi di disturbi dello spettro autistico? 

Possiamo raggruppare il corredo sintomatologico in due grandi aree secondo la classificazione del DSM-5.

Il primo gruppo di sintomi riguarda:

  • Difficoltà nell’interazione e nella comunicazione sociale in molteplici contesti sia nella reciprocità socio-emotiva 
  • Fallimento della reciprocità nella comunicazione
  • Ridotta condivisione di interessi, emozioni, sentimenti 
  • Difficoltà nelle competenze comunicative verbali e non verbali: anomalie del contatto visivo e del linguaggio del corpo, deficit della comprensione e uso di gesti, mancanza di mimica facciale 
  • Deficit dello sviluppo delle relazioni sociali: difficoltà di adattamento ai diversi contesti sociali, difficoltà di condivisione nel gioco con i pari e di comprendere il gioco di immaginazione. 

Il secondo gruppo di sintomi include:

  • Interessi, attività ristrette e ripetitive 
  • Movimenti o uso di oggetti o eloquio stereotipati
  • Stereotipie motorie
  • Ecolalie 
  • Frasi idiosincratiche 
  • Rigidità nei cambiamenti di routine 
  • Schemi di pensiero rigido 
  • Selettività nel cibo 
  • Saluti rituali
  • Interesse perseverante per oggetti insoliti (ventole, pale, ruote)
  • Iper o ipo reattività in risposta a stimoli sensoriali (annusare, toccare gli oggetti, attrazione per luci e oggetti in movimento).

Accanto a queste due aree di base, la diagnosi viene formulata integrando anche alcuni specificatori, come la presenza o meno di compromissione intellettiva e/o del linguaggio, condizione medica o genetica già nota, altro problema del neurosviluppo.

Il livello di gravità, a cui viene attribuito un punteggio da 1 a 3, si basa sulla compromissione della comunicazione sociale e sui pattern di comportamenti ristretti e ripetitivi. Deve essere tenuto in conto al momento di stilare un progetto riabilitativo individualizzato multimodale, basandosi in tal modo sul profilo funzionale del soggetto e sulle sue competenze cognitive e adattive.

Come si misura lo spettro autistico? Diagnosi

La diagnosi di autismo, codificata in base ai criteri definiti dai due principali manuali di diagnostica di riferimento a livello internazionale (ICD e DSM-5), richiede un percorso di valutazione articolato. È necessario effettuare una diagnosi funzionale e definire il progetto terapeutico riabilitativo, avvalendosi di una équipe multiprofessionale che preveda, oltre all’utilizzo di strumenti standardizzati, la presenza di diverse figure, come:

  • Neuropsichiatra infantile
  • Psicologo
  • Terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva
  • Logopedista
  • Educatore.

Vengono inoltre organizzati incontri dedicati ai genitori, al fine di ottenere una conoscenza reciproca tra i genitori, e più in generale fra familiari ed équipe. Tale rapporto permetterà, oltre che di raccogliere i dati anamnestici, di ottenere informazioni sul comportamento del bambino in diversi ambienti (casa, scuola) e più in generale nel contesto sociale in cui è inserita la famiglia: disponibilità dei servizi territoriali, aspetti socio-economici, aspetti culturali. 

Vengono effettuati inoltre incontri dedicati al bambino. 

Infine, le caratteristiche complesse dell’autismo possono rendere necessario un processo diagnostico che preveda un’articolata serie di indagini, come l’esame obiettivo e neurologico, volto a escludere la presenza di patologie associate con maggiore frequenza all’autismo e si potranno richiedere anche approfondimenti diagnostici strumentali.

Inoltre, l’esame comportamentale consiste in una valutazione nell’arco di sedute d’incontro con il bambino per valutare:

  • La presenza dei sintomi comportamentali codificati dalle classificazioni internazionali di riferimento
  • Le competenze cognitive e linguistiche
  • Lo sviluppo emotivo
  • Il profilo funzionale: abilità quotidiane, capacità di adattamento, ecc.

Esistono test particolari?

Tra gli strumenti standardizzati più accreditati dalla comunità scientifica per la diagnosi dello spettro ci sono:

  • Autism Diagnostic Observation Schedule – Second Edition (ADOS-2): osservazione standardizzata sul comportamento mediante l’uso di oggetti e codifica.
  • Childhood Autism Rating Scale (CARS): Scala di valutazione del bambino dai 24 mesi d’età
  • Autism Diagnostic Interview. Revised (ADI-R): intervista raccolta dai genitori per indagare la presenza di sintomi dello spettro autistico.

Altri strumenti sono utilizzati per la rilevazione di segnali di rischio precoci che indichino la necessità di un follow up cadenzato per il bambino. Tali strumenti, validati clinicamente, hanno un’alta specificità rispetto al disturbo ma presentano una sensibilità non totalmente soddisfacente, che potrebbe determinare il non riconoscimento del disturbo.

Tra questi strumenti troviamo la Modified Checklist for Autism in Toddlers (M-CHAT): una scala valutativa a partire dai 18 mesi, utilizzata per identificare segni precoci di autismo.

Come riconoscere una forma lieve di autismo?

Il disturbo dello spettro autistico di livello 1 è una forma lieve, conosciuta anche come autismo ad alto funzionamento. I soggetti che presentano tale disturbo possono essere in grado di parlare con frasi complete e di comunicare, ma hanno difficoltà a sostenere conversazioni più articolate. Possono avere difficoltà a passare da un’attività a un’altra, oppure a cimentarsi con cose nuove, come fare una nuova esperienza, entrare in un nuovo ambiente, conoscere nuove persone, svolgere una attività mai fatta prima. 

Inoltre potrebbero avere problemi con l’organizzazione e la pianificazione, il che può limitare le competenze adattive nella quotidianità.

Gli individui con autismo ad alto funzionamento, senza un supporto adeguato, possono avere notevoli difficoltà nella comunicazione sociale. I comportamenti comuni in questa forma di disturbo includono:

  • Scarsa flessibilità nel comportamento e nel pensiero 
  • Difficoltà a passare da un’attività all’altra 
  • Problemi con il funzionamento esecutivo (processo che consente di programmare e svolgere attività quotidiane) che ostacolano l’autonomia 
  • Difficoltà ad avviare interazioni sociali e a mantenerle.

In risposta a questo nucleo di difficoltà possono sentire il bisogno di attuare rigidi modelli comportamentali. 

Possono esserci falsi positivi?

Il momento della diagnosi di una qualsiasi malattia è sempre critico, tanto più che i disturbi dello spettro autistico non sono così rari. Inoltre, già dal 18° mese di età del bambino potremmo sospettare altri comportamenti sovrapponibili o che interferiscono con lo sviluppo fisiologico e /o parafisiologico del bambino, ad esempio: comportamenti iperattivi, ritardi globali dello sviluppo, tratti oppositori, importanti disturbi del sonno e/o dell’alimentazione 

Quali tipi di interventi vengono messi in atto?

Essendo l’autismo un disturbo variegato e complesso, devono essere attivati modelli d’intervento multimodali e flessibili, in grado di adattarsi a bisogni che si modificano nel corso del ciclo di vita della persona.

I trattamenti di tipo comportamentale e cognitivo-comportamentale rappresentano la prima scelta tra le terapie per l’autismo. La ricerca ha, inoltre, fornito il supporto per alcuni modelli di intervento specifici, secondo le Linee Guida per il trattamento dei Disturbi dello Spettro Autistico, diffuse dal Ministero della Salute nel 2011.

Il progetto riabilitativo individuale deve essere precoce, intensivo, monitorabile e viene redatto in base al profilo di funzionamento del paziente, aggiornato a scadenze prestabilite a seconda della fascia d’età. 

Da 0 a 36 mesi 

Vengono effettuati interventi di neuropsicomotricità, in assenza di intenzionalità comunicativa. Il trattamento viene integrato con la logopedia, in presenza di intenzionalità comunicativa. Viene fatto parent training, allo scopo di coinvolgere i genitori.

Da 36 mesi a 6 anni 

Vengono effettuati trattamenti di neuropsicomotricità, che può essere effettuata in modo individuale o di gruppo, a seconda delle esigenze specifiche del bambino.

Inoltre, è importante sottolineare l’importanza della terapia psicoeducativa, che utilizza approcci cognitivo-comportamentali, come l’Early Start Denver Model (ESDM) e l’Applied Behavior Analysis (ABA)

Il primo è un intervento precoce pensato per i bambini in età prescolare, orientato verso un approccio naturalistico ed evolutivo. Il secondo, invece, si concentra sulla gestione dei comportamenti problematici e sull’insegnamento di nuove abilità, coinvolgendo il bambino.

Per garantire un supporto completo al bambino e alle sue famiglie, vengono offerti servizi di counselling genitoriale, che aiutano i genitori a comprendere e gestire le sfide legate alla crescita del loro figlio. Allo stesso modo, il counselling scolastico mira a collaborare con le istituzioni scolastiche per garantire un ambiente educativo inclusivo e favorevole per il bambino.

Infine, è importante menzionare la Terapia Mediata dai Genitori (TMG), un approccio che coinvolge attivamente i genitori nell’assistenza al bambino. Questo tipo di terapia mira a fornire alle famiglie strumenti e strategie per supportare il progresso del bambino nella vita quotidiana.

Da 7 a 12 anni 

Può essere utile la terapia cognitiva neuropsicologica, che si concentra sulla valutazione e l’intervento nei disturbi cognitivi e neuropsicologici, integrata con interventi di logopedia e terapia occupazionale, che si concentra sullo sviluppo delle autonomie personali, aiutando i bambini a diventare più indipendenti nelle attività quotidiane.

Per quanto riguarda gli interventi psicoeducativi, si utilizzano approcci cognitivo-comportamentali, tra cui ABA (Applied Behavior Analysis), social skills e TEACCH, che vengono applicati sia in sessioni individuali che di gruppo. 

Questi interventi sono progettati per adattarsi ai diversi contesti di vita del bambino, che includono il setting domestico e scolastico.

Da 13 a 18 anni

Uno degli approcci migliori, in questa fascia di età, è la terapia occupazionale, focalizzata sul potenziamento delle autonomie personali, per aiutare i ragazzi a diventare più indipendenti nelle loro attività quotidiane.

Inoltre, sono disponibili trattamenti riabilitativi semiresidenziali, che offrono un ambiente di assistenza e supporto continuo in cui i ragazzi possono beneficiare di un’attenzione più intensiva.

Gli interventi psicoeducativi costituiscono un altro importante pilastro, con l’uso di tecniche cognitivo-comportamentali sia individuali che di gruppo, come le social skills e il TEACCH, indirizzate al ragazzo.

Sono disponibili percorsi di autonomia integrati, che includono educazione ambientale, alimentare e interazione sociale, mirando a sviluppare abilità chiave per una vita autonoma. Infine, ci sono anche percorsi di attività espressive integrati, come laboratori, teatro e musica, che consentono ai ragazzi di esprimere sé stessi e sviluppare ulteriormente le loro capacità creative.

In cosa consistono e come funzionano?

Se il soggetto presenta problematiche maggiori nel linguaggio ed è “non verbale”, il logopedista potrebbe introdurre strategie comunicative alternative che rientrano nella Comunicazione Aumentativa Alternativa – CAA. Questa è una strategia di intervento di riabilitazione e abilitazione, perché aiuta soggetti con disabilità acquisite a recuperare certe abilità, e allo stesso tempo, consente a soggetti con disabilità legate allo sviluppo, come i bambini o ragazzi con autismo, ad acquisire per la prima volta una determinata capacità.

Il termine “aumentativa” sta a indicare che questa tipologia di intervento non si propone di sostituire le modalità di comunicazione già presenti ma di accrescerle. Non inibisce l’eventuale emergere del linguaggio verbale, piuttosto si propone di potenziarlo. 

Il termine “alternativa” sta a significare che solo in caso di necessità si utilizzano modalità di comunicazione compensativi del linguaggio orale.

Sistemi di Comunicazione Aumentativa Alternativa – CAA

I Sistemi di Comunicazione Aumentativa Alternativa – CAA si distinguono in due categorie:

  • Sistemi di comunicazione unaided (senza ausili)
  • Sistemi di comunicazione aided (con ausili).

Nei sistemi di comunicazione unaided (senza ausili), le informazioni possono essere scambiate attraverso l’uso del proprio corpo, senza l’utilizzo di strumenti di supporto, come avviene ad esempio nel linguaggio dei segni o dei gesti. La lingua dei segni è un vero e proprio linguaggio in cui i significati delle parole sono veicolati attraverso i gesti delle mani che prendono il nome di Segni. I segni da utilizzare possono derivare dal linguaggio convenzionale (Lingua Italiana dei Segni – LIS) o possono essere adattati alle caratteristiche ed esigenze del bambino o ragazzo con Autismo.

Nei sistemi di comunicazione aided (con ausili), si fa ricorso a dispositivi esterni e all’utilizzo di simboli, come fotografie, lettere e parole, come ad esempio:

  • PECS (Picture Exchange Communication System)
  • VOCA (Voice Output Communication Aids).

Il PECS è un sistema che insegna a bambini con limitate abilità di linguaggio ad incrementare la comunicazione: attraverso lo scambio di immagini ciascuno potrà creare il proprio “libro della comunicazione” con un insieme di immagini, foto e disegni stilizzati. Questo sistema viene spesso utilizzato per strutturare le “agende visive” e permette così di far capire com’è strutturata la giornata, quali sono i compiti da svolgere, semplificando e scandendo i singoli momenti e le attività quotidiane. 

Quali risultati ci si può attendere dalla terapia?

In letteratura, numerosi studi hanno dimostrato i notevoli benefici dell’identificazione precoce di questo disturbo, in termini di miglioramento dell’espressione sintomatologica. Il focus principale deve essere rivolto all’intervento precoce sui bambini a rischio e potrebbe incidere in maniera significativa sull’esito a lungo termine della sintomatologia. Per tale motivo, anche in attesa di una diagnosi, se intorno ai 24 mesi esistono dubbi sullo sviluppo linguistico e relazionale del bambino, è consigliabile un trattamento riabilitativo precoce. 

A tale scopo si rivela necessario avere come filtri per una segnalazione precoce, il pediatra, l’asilo nido e la scuola d’infanzia. La prima scelta di percorso è rappresentata dal trattamento di tipo comportamentale e cognitivo-comportamentale, per cui sono disponibili prove scientifiche di valutazione di efficacia. 

La prognosi del disturbo è anche condizionata dal funzionamento cognitivo, che sembra rappresentare l’indicatore più forte rispetto allo sviluppo futuro. Attualmente alte percentuali di bambini con autismo divengono adulti non autosufficienti e continuano ad avere bisogno di cure per tutta la vita. 

In alcuni casi, gli adulti con questo disturbo possono continuare a vivere nella loro casa, con aiuto e supervisione da parte degli operatori. Un numero minore di soggetti con autismo è in grado di vivere e lavorare all’interno della comunità, con diversi gradi di indipendenza, alcuni fino ad arrivare a condurre una vita normale o quasi normale.