Psichiatria

Il test di Rorschach: cos’è, a cosa serve

Il test di Rorschach non è un semplice insieme di 10 tavole con macchie di inchiostro simmetriche. Piuttosto, è uno strumento che opportunamente studiato e interpretato dallo specialista aiuta a comprendere emotività e cognitività del paziente.

Il test di Rorschach: cos’è, a cosa serve

Il test di Rorschach, composto da dieci tavole con macchie di inchiostro che creano figure simmetriche, è uno strumento diagnostico che permette di conoscere diverse sfaccettature dell’interiorità di un individuo.

Emozioni, cognitività, ansia dovuta a stress, possono essere oggetto di valutazione da parte dello specialista che sa interpretare le risposte date dal paziente alle dieci immagini che compongono il test.

Quando è stato inventato il test di Rorschach? Come viene somministrato e in quali contesti?

Cos’è il test di Rorschach?

l test di Rorschach, conosciuto anche come il test delle macchie d’inchiostro, è uno strumento psicologico che può essere utilizzato per esaminare la personalità e il funzionamento emotivo di una persona.

L’idea di base del test di Rorschach è che la risposta fornita dal paziente a queste immagini, immagini ambigue e dall’ampio margine di interpretazione, può rivelare aspetti del suo inconscio. In termini generali, si può affermare che le interpretazioni delle macchie d’inchiostro possono riflettere come una persona elabora le informazioni, come reagisce di fronte alle incertezze e alle ambiguità, e come gestisce le emozioni.

Quello di Rorschach, come sarà approfondito a breve, è un test proiettivo.

Chi ha inventato questo test?

A realizzare questo test è stato Hermann Rorschach, uno psichiatra svizzero. La prima edizione del 1921, intitolata Psychodiagnostik, non fu praticamente presa in considerazione. A partire dal 1927, con il passaggio e la pubblicazione da parte di un nuovo editore, si ebbe una edizione profondamente rielaborata.

Nel 1935 iniziò ad essere conosciuto nel mondo, in seguito ad una presentazione svolta nella Società Svizzera di Psichiatria. Dal 1935 ad oggi, va detto, si sono sollevate ciclicamente voci sull’attendibilità di questo test.

Su cosa si basa il test di Rorschach?

Quello di Rorschach è un test proiettivo. Secondo la definizione che ne ha dato L. K. Frank, la tecnica proiettiva consiste nel porre una persona davanti ad una situazione, e la risposta che sarà data si baserà sul significato che la data situazione riveste per la persona, alla sua modalità di percezione e al suo vissuto.

Un test proiettivo di personalità cerca di far collimare il bisogno di impostare scientificamente simili studi e l’approccio psicanalitico. Il test di Rorschach si trova proprio su questo solco, perché gli stimoli ambigui che fornisce permettono alla persona di formulare una interpretazione che si basa sulla propria idea, e sulla propria attribuzione di senso alla realtà.

Cosa è possibile valutare con il test di Rorschach?

Questo strumento diagnostico fornisce informazioni per valutare diversi aspetti della persona: dall’affettività al funzionamento cognitivo, passando per gli schemi di pensiero.

Uno degli obiettivi del test è rivelare in che modo la persona percepisce e processa le informazioni. Dalle risposte fornite si possono estrapolare i modi in cui la persona affronta i problemi, se tende a vivere e gestire le situazioni in modo logico e organizzato o con un approccio più emotivo e impulsivo.

È anche possibile che questo test aiuti a identificare eventuali disturbi del pensiero o distorsioni cognitive, come quelle che si vedono spesso in condizioni come schizofrenia o disturbi dell’umore. L’analisi delle risposte può fornire una finestra sulle ansie, sulla presenza di conflitti interni, sugli atteggiamenti nei confronti di figura di autorità e sulla gestione delle emozioni.

Quali elementi compongono questo test?

A comporre il test di Rorschach sono dieci tavole. Ognuna di queste tavole ha una specifica e unica macchia di inchiostro. Le tavole presentano macchie diverse anche per colore.

  • cinque tavole hanno un solo colore
  • tre tavole presentano più colori
  • due tavole hanno due colori.

Queste tavole devono essere somministrate, e poi valutate, in diverse fasi: alla somministrazione vera e propria seguono delle prove supplementari e una inchiesta. Lo specialista passa poi alla siglatura, esegue il computo generale dei dati, per chiudere infine con l’interpretazione.

Va specificato come il test può essere somministrato da 3 anni in su, la sua somministrazione avviene in contesto clinico, giuridico e in ambito organizzativo.

Tipi di somministrazione e interpretazione del test

Non c’è una sola somministrazione, così come non c’è un solo modo di interpretare le risposte che il paziente fornisce. Possono essere infatti tre le modalità di somministrazione e interpretazione del test di Rorschach.

Il primo si chiama Sistema Comprensivo, elaborato da J. E. Exner e pensato per armonizzare l’approccio psicometrico, di tipo quantitativo, con l’approccio clinico, di tipo invece qualitativo. Il secondo è il Sistema R-PAS (Rorschach-Performance Assessment System), elaborato da alcuni membri del Rorschach Research Council. È maggiormente orientato all’interpretazione empirica delle diverse spiegazioni delle immagini fornite dal paziente.

Si ha quindi il Sistema SSR, acronimo di Scuola Romana di Rorschach, che cerca di ritornare con più fedeltà alle impostazioni iniziali fornite da Hermann Rorschach, che tendono a fondere in modo funzionale l’approccio psicometrico all’approccio simbolico.

Come avviene la somministrazione?

Durante la prima fase, ovvero la somministrazione vera a propria, lo specialista presenta al paziente le dieci tavole, una per volta. Il paziente è quindi invitato a descrivere cosa vede, condividendo le sensazioni, le immagini, le emozioni che la specifica macchia di Rorschach evoca in lui.

Non ci sono vincoli temporali durante questa fase di somministrazione né esistono risposte o spiegazioni che siano giuste o sbagliate: il paziente restituisce il suo punto di vista, la sua personale interpretazione dell’immagine che sta osservando, mentre lo specialista annota ognuna di queste considerazioni.

Nella fase interpretativa, poi, lo specialista si ritrova studiare vari aspetti della personalità del soggetto, dalla sua organizzazione cognitiva, al modo di affrontare le diverse problematiche, ai contenuti di pensiero, a diverse considerazioni della sfera emotiva e relazionale.

Seguono le ultime due fasi, le prove supplementari e l’inchiesta, che permettono di effettuare un maggiore approfondimento dell’indagine diagnostica. Durante la fase dell’inchiesta, nello specifico, lo specialista pone delle domande dirette al soggetto per chiarire le motivazioni che lo hanno spinto a dare una specifica risposta allo stimolo. Più raffinata è l’inchiesta, maggiori saranno le possibilità di avere un’efficace siglatura.

La siglatura

Tutti i dati che sono stati raccolti nelle precedenti fasi possono essere adesso elaborati in quella che viene definita siglatura. Questo termina indica la conversione, per così dire, delle risposte date dal paziente in sigle, che sono quindi poste in caselle e rese sotto forma sia di indici che di rapporti.

A seguito della siglatura, si svolgono le fasi conclusive del compunto generale dei dati, e l’interpretazione. Quest’ultima fase vede lo specialista attingere non solo alle proprie conoscenze, ma anche alle proprie esperienze di studio, di psicometria e di clinica.