La zona di comfort in psicologia

La paura del cambiamento può farci perdere diverse opportunità di crescita. Per questo va affrontata e non va utilizzata come alibi. Scopriamo come

La zona di comfort in psicologia

Paura del cambiamento, ansia per un possibile salto nel vuoto, timore del nuovo: lasciare la zona di comfort non è assolutamente facile. Ma in molti casi potrebbe rappresentare l’unico modo per ricominciare a crescere e ritrovare le motivazioni e gli stimoli perduti.

In questo articolo cercheremo di capire in che cosa consiste la comfort zone in psicologia, come rendersi conto che si è smesso di crescere e quali sono le possibili strategie per lasciare la zona di comfort senza eccessive ansie e paure.

Cosa vuol dire zona di comfort?

La zona di comfort è un contesto nel quale una persona si sente al sicuro e riesce ad agire senza percepire alcun rischio o sperimentare alcuna forma d’ansia. Si tratta della routine quotidiana, nella quale appare tutto sotto controllo, perché ne conosciamo ogni passaggio e ogni variante e questo risulta molto rassicurante.

Un esempio di comfort zone è un compito che svolgiamo da tempo a lavoro e ormai ci viene automatico perché percepiamo di avere il pieno controllo della situazione. La comfort zone può essere una città in cui viviamo da anni o una relazione che ci rassicura e aumenta la nostra serenità.

Come riconoscere la comfort zone?

La comfort zone, più che uno spazio fisico vero e proprio, è quindi una condizione psicologica, che ci permette di essere più sereni, protetti da sentimenti di paura o ansia.  Questo perché nella zona di comfort ci sentiamo al sicuro, in quanto percepiamo di avere tutto sotto controllo. Seguiamo le stesse abitudini, percorsi battuti da tempo e in ogni situazione, finché restiamo all’interno della comfort zone, sappiamo esattamente cosa aspettarci. Il margine di incertezza e l’aleatorietà della vita sono ridotti ai minimi termini. 

Sul lungo periodo, è possibile capire di essere all’interno della comfort zone in quanto il nostro atteggiamento nei confronti della vita diventa progressivamente più passivo

Il prezzo pagato per avere maggior controllo e sicurezza è, però, la perdita di stimoli e, con essi, di motivazioni. Tutto ciò può degenerare in un senso generale di apatia.

Chi vive nella comfort zone?

Vivere nella comfort zone significa trascorrere la propria esistenza in uno spazio, psicologico ed emotivo, in cui si sente al sicuro dalle minacce e dalle sfide del mondo esterno. Una persona chiusa nel recinto della propria zona di confort tende a seguire routine e comportamenti stabiliti ed evitando, consapevolmente o inconsciamente, situazioni che possono comportare rischio, incertezza o potenziale stress.

Dal punto di vista psicologico, la comfort zone è, come si diceva, un meccanismo di difesa che mantiene l’equilibrio emotivo attraverso l’evitamento del nuovo e dello sconosciuto. Chi rimane in quest’area si sente generalmente tranquillo e padrone delle circostanze, poiché ogni fattore di disturbo è minimizzato se non eliminato del tutto. Si guadagna un senso di sicurezza, ma si perde in termini di crescita. Si evita di finire in quella che viene definita nella psicologia delle organizzazioni “optimal performance zone”, zona di performance ottimale o zona di apprendimento.

comfort zone

Esempi di individui bloccati nella propria zona di comfort

Ecco alcuni esempi:

  • il professionista restio al cambiamento: ha lavorato nello stesso ufficio per oltre dieci anni. Sente che il suo attuale ruolo non dà più sfide o occasioni di crescita, teme il rischio di ricominciare altrove
  • lo studente che evita le sfide accademiche: tende a scegliere corsi che ritiene facili o in aree dove sa di poter eccellere senza troppo sforzo. Anche quando si interessa a temi più complessi o stimolanti, decide di non inseguirli per paura di fallire o di non essere all’altezza
  • la persona che rimane in relazioni insoddisfacenti: una persona che sa come l’attuale relazione non la rende felice, ma la paura dell’ignoto, di essere sola e l’abitudine alla routine quotidiana con il partner la spingono a rimanere in una situazione che non contribuisce alla sua felicità
  • il professionista che evita la formazione: nonostante il rapido evolvere della sua nicchia di lavoro, si tiene a distanza dall’apprendere nuove strategie o tecnologie. Si limita a utilizzare le tecniche con cui si sente a proprio agio, con il rischio di non acquisire competenze nuove e richieste dal mercato.

Perché il cambiamento fa paura?

All’interno della comfort zone, da un certo momento in poi, smettiamo di crescere da diversi punti di vista, ma allo stesso tempo abbiamo paura di lasciare la nostra isola felice, alla ricerca di nuovi stimoli e motivazioni, temendo rischi e situazioni fuori dal nostro controllo.

In questo modo, perdiamo importanti opportunità e la zona di comfort diventa un alibi per non cambiare. Poiché riteniamo, spesso erroneamente, che ciò che potremmo perdere vale di più di quello che potremmo, eventualmente, guadagnare.

Sono esempi concreti la proposta di un nuovo lavoro, il trasferimento in una nuova città, il passaggio alla convivenza con il proprio compagno o compagna. Si tratta di situazioni che spaventano, perché vengono percepite come salti nel vuoto in cui il tasso di rischio aumenta notevolmente.

Cosa vuol dire uscire dalla propria zona di comfort?

Uscire dalla propria zona di comfort, dal punto di vista psicologico, significa affrontare attivamente situazioni che sono al di fuori delle nostre esperienze abituali, situazioni che richiedono l’adattamento a nuovi contesti e sfide anche inaspettate. Significa spesso, in estrema sintesi, l’essere disposti ad affrontare concretamente e in modo consapevole ansie, paure e incertezze che possono ostacolare il cambiamento.

Uscire dalla comfort zone implica l’esplorazione dei fattori di tipo emotivo e cognitivo che incoraggiano l’attaccamento alla situazione attuale:

Il lavoro interiore che richiede un superamento radicale e definitivo della propria zona di confort può essere svolto all’interno di una relazione terapeutica.

Questo processo di crescita e di esplorazione interiore non si verifica dall’oggi al domani, ma avviene per mezzo di piccoli passi e il vivere nuove esperienze che gradualmente espandono la comfort zone. Fino a compiere i primi passi in quella che abbiamo definito zona di apprendimento.

Come uscire dalla zona di comfort?

Abbiamo visto come, soprattutto sul lungo termine, la permanenza nella comfort zone causi diversi problemi, inficiando la propria crescita e, con essa, gli stimoli e le motivazioni. La domanda quindi è: come fare a uscire dalla comfort zone e riprendere il proprio percorso?

Innanzitutto, non bisogna farsi frenare da sentimenti come l’ansia e la paura. Si tratta di emozioni assolutamente naturali di fronte al cambiamento. Vanno accettate e accolte, perché sono il segnale che stiamo per rompere quel circolo vizioso determinato dalla comfort zone. Ci fanno sentire nuovamente vivi e ci preparano a quello che sarà.

Ovviamente, non bisogna farsi schiacciare da queste emozioni. Bisogna cercare di tenerle sotto controllo. Per farlo, è necessario che il passaggio dalla comfort zone al nuovo sia graduale e non repentino. Che l’esposizione alle emozioni generate dal cosiddetto “salto nel vuoto” sia di intensità progressivamente crescente. Passare da zero a cento senza intermezzi potrebbe essere, infatti, eccessivamente traumatico e spingerci presto a tornare sui nostri passi.

Poi, molto dipende dalla capacità di ognuno di affrontare e gestire stati d’animo come l’ansia e la paura. C’è chi riesce a farlo solo a piccoli passi e chi, invece, non ha paura di lasciarsi andare ed espandere la propria comfort zone.

Bisogna infine pensare a quelli che potrebbero essere gli innumerevoli benefici determinati dal lasciare la propria comfort zone per avere una motivazione in più a farlo. Basti pensare alle innumerevoli opportunità di crescita che si potrebbero avere, all’aumento dell’autostima, alla maggiore flessibilità e alla conseguente aumentata propensione al cambiamento.