Durante una psicoterapia si fanno i conti con la propria storia e questo può fare paura. Lavorare su se stessi però è il modo migliore per esorcizzare i propri fantasmi e superare i sintomi di un trauma rimosso.
Prima della nascita della psicoanalisi, più di cento anni fa, alcuni comportamenti e stati psicologici erano considerati solo segni di pura follia. Chi manifestava disagio psicologico, a quei tempi, veniva spesso escluso dalla società. Pochi anni dopo, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, gli studi e l’esperienza clinica di Sigmund Freud rivelarono un mondo sommerso e dimenticato, quello dell’inconscio. Grazie alle scoperte di Freud, svenimenti, perdite di memoria e “nevrosi ossessive” non erano più solo comportamenti bizzarri, ma assumevano finalmente un nuovo significato: quello di sintomi di un trauma infantile rimosso.
Oggi, dopo più di un secolo di ricerche, sappiamo che i traumi infantili possono essere rimossi e dimenticati, causando nella vita adulta diversi sintomi che danneggiano il benessere psicofisico.
In questo articolo vediamo come e perché dimentichiamo i traumi dell’infanzia e dell’adolescenza e come possiamo superarli per tornare a vivere.
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I traumi rimossi sono come fantasmi
Per capire in che modo i sintomi di un trauma infantile rimosso incidano sul benessere di una persona, può essere utile leggere questa frase dello psicoanalista Hans Loewald:
“Chi conosce i fantasmi dice che essi anelano ad essere liberati dalla loro vita di fantasmi e condotti a riposare come antenati. Come antenati continuano a vivere nella generazione presente, mentre come fantasmi sono costretti a ossessionarla con la loro vita di ombre. […] Alla luce del giorno dell’analisi i fantasmi dell’inconscio ritrovano riposo e sono ricondotti alla pace degli antenati e il loro potere viene trasformato in una rinnovata intensità della vita nel presente. Nel nevrotico, il passato è stato sotterrato impropriamente.”
In parole povere, Loewald sostiene che – quando vengono esclusi dalla coscienza – i ricordi dolorosi e rimossi possono condizionare in modo negativo la vita di una persona. È per questo che è necessario analizzare tali memorie, per poi infine “sotterrarle”, ovvero superarle una volta per tutte.
Nella vita psichica, i fantasmi sono le nostre questioni irrisolte. Finché le rifuggiamo, continueranno a farci soffrire. Se le affrontiamo, invece, le possiamo seppellire.
Coazione a ripetere: il sintomo principale di un trauma rimosso
Il sintomo principale di un trauma rimosso è la “coazione a ripetere”, una tendenza involontaria a riprodurre comportamenti, situazioni relazionali e schemi disadattivi.
Ripetiamo pattern disfunzionali di comportamento a causa della rimozione.
La rimozione è un meccanismo difensivo che ci protegge dal ricordare aspetti penosi della nostra vita, ma che allo stesso tempo ci condanna a riviverli nel presente senza mai superarli.
Il processo psicoanalitico consiste, secondo Freud, nel passaggio ripetere-ricordare–rielaborare. Per guarire ed essere liberi dai nostri fantasmi dobbiamo cioè riuscire a superare la rimozione, recuperare i ricordi dolorosi e dare senso al passato. Solo così saremo finalmente in grado di rinunciare ai meccanismi auto-distruttivi che limitano la nostra vita.
Un dato interessante è che anche le più recenti teorie cognitivo-comportamentali hanno confermato l’intuizione iniziale di Freud. I circuiti cerebrali legati alla paura costringono a ripetere schemi disfunzionali, perché questi, per quanto dolorosi, sono comunque familiari e quindi preferibili all’ignoto.
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Che c’entra Sheldon Cooper con i traumi rimossi?
Lo psicoanalista Thomas Ogden sostiene che chi arriva in psicoterapia a volte ha la sensazione di “essere morto“ durante l’infanzia o l’adolescenza, o in una fase successiva della vita. Il paziente spera che il terapeuta lo aiuti a rivendicare la sua vita non vissuta.
L’origine della “morte psichica” risiede in eventi spaventosi (traumi, lutti, abbandoni, violenze), davanti ai quali la persona si è assentata dalla propria vita, con l’obiettivo di proteggersi da un crollo. Nel tentativo di difendersi dal dolore, in altre parole, il cervello crea uno stato psichico che esclude le emozioni intollerabili.
Il problema è che il dolore evitato in quel momento non sparisce per sempre. ma cerca di continuo una via per essere vissuto e rielaborato. Secondo i principio dell’Effetto Zeigarnik, tendiamo a portare a termine compiti lasciati in sospeso.
Di fronte al materiale rimosso il nostro inconscio funziona un po’ come Sheldon di Big Bang Theory di fronte alle configurazioni incomplete, e sente il disperato bisogno di completarle:
Lo stesso accade con il trauma rimosso. Mentre da una parte cerchiamo di dimenticare, dall’altra tendiamo a risolvere un conflitto aperto rimasto irrisolto. Da qui i conflitti interni che generano ansia, depressione e vari altri sintomi dei traumi rimossi, che possono variare molto a seconda della persona.
La paura del crollo: i sintomi di un trauma rimosso
In uno dei suoi ultimi scritti, lo psicoanalista britannico Donald Winnicott ha parlato della “paura del crollo“. Secondo Winnicott, quando una persona si sente angosciata sta probabilmente entrando in contatto con una serie d “agonie primitive”, ovvero paure intense, tipiche dei primi anni di vita:
- ritorno a uno stato non integrato del Sé;
- cadere per sempre;
- perdita dell’insediamento della mente nel corpo (depersonalizzazione);
- perdita del senso del reale (derealizzazione);
- annullamento della capacità di entrare in relazione (stato autistico).
Queste paure si verificano per la prima volta in un periodo in cui l’individuo è in uno stato di dipendenza assoluta da caregiver (cioè chi si prende cura di lui) che non rispondono in modo adeguato ai suoi bisogni. Per sopravvivere all’angoscia, il bambino “cortocircuita” l’esperienza del disagio, perché sarebbe per lui intollerabile. L’evento viene quindi sperimentato ma non elaborato. Da grande, l’individuo continuerà ad avere paura di un crollo che è già accaduto ma non è ancora stato sperimentato. Ecco cosa dice Winnicott a riguardo:
Arriva un momento, secondo la mia esperienza, in cui bisogna dire al paziente che il crollo che continua a temere e che gli distrugge la vita è già avvenuto: è un fatto che si è mantenuto nascosto nell’inconscio.
In altre parole, è successo qualcosa di terrificante a un certo punto della nostra vita, ma in quel momento non potevamo permetterci di elaborare le emozioni associate. Queste erano troppo intense e ci avrebbero condotto a un crollo. Così, di fronte all’angoscia, ci siamo difesi eliminando la paura, ma questa è rimasta in qualche modo dentro di noi, incisa nel corpo. Da adulti, continuiamo ad avere paura che queste angosce possano tornare a farci visita e a “presentarci il conto”. È ciò che accade ad esempio negli attacchi di panico, in cui abbiamo paura di impazzire o di morire e a volte non capiamo perché.
Ecco quindi il senso della psicoterapia: i fantasmi tornano per sistemare questioni irrisolte e avere giusta sepoltura.
L’effetto di un trauma rimosso sulle relazioni
Se ignoriamo a lungo le nostre questioni irrisolte vivremo in una condizione di semi-libertà. A volte infatti il meccanismo di rimozione può essere così potente da spingerci addirittura a dimenticare di avere questioni in sospeso. Il punto è che il materiale rimosso ha un effetto su di noi, anche se lo nascondiamo.
Prendiamo l’esempio di una bambina che cresce con genitori trascuranti o abusanti. Una bambina trascurata, abusata o abbandonata, ha due opzioni:
- convincersi di avere qualità cattive che la rendono degna di abbandono e abuso e “salvare” un’immagine buona dei genitori;
- accettare la realtà che i suoi genitori sono violenti, freddi e disinteressati. Cosa che genera una terribile angoscia.
Crescendo, è probabile che quella bambina ricercherà relazioni in cui viene abusata e trascurata, in modo da poter rivivere il dramma originario e comprenderlo meglio. In alternativa, sarà lei a diventare abusante e trascurante, per riappropriarsi di un senso di controllo. Ad ogni modo, vivrà con disagio le relazioni senza capire perché debba soffrire in questo modo.
In questi casi la psicoterapia diventa necessaria per tornare a essere liberi. E dato che i copioni interiorizzati sono spesso calcificati dal tempo, ci vuole tempo prima di riuscire a cambiare.
Iniziare una psicoterapia prima possibile è quasi sempre la scelta migliore per tornare a essere liberi. I trattamenti consigliati per i traumi sono l’EMDR – nei casi più gravi – o la psicoterapia a orientamento psicoanalitico.
(19 Ottobre 2020)