La fine di Trump. Viaggio nella mente di un presidente narcisista

Come gli ultimi giorni della presidenza Trump ne hanno rivelato la psicopatologia

La fine di Trump. Viaggio nella mente di un presidente narcisista

Che Trump fosse un presidente fuori dagli schemi lo si era capito dall’inizio del suo mandato. Ciò che è accaduto dopo le elezioni, però, ha fatto emergere in modo limpido i meccanismi patologici della sua personalità.

Le elezioni americane 2020 hanno indicato un chiaro vincitore in Joe Biden, il candidato del Partito Democratico Statunitense. Nonostante la chiarezza del risultato, tuttavia, il suo sfidante Donald Trump non ha mai riconosciuto la sconfitta. Trump ha infatti avviato azioni legali in diversi stati in cui sospettava – senza alcuna prova – brogli elettorali e ha continuato a lungo a parlare di votazioni truccate e imbrogli.

I giorni successivi alle elezioni ci interessano soprattutto per analizzare la personalità di Trump, messa a nudo da una sconfitta che ha fatto emergere con chiarezza i meccanismi di difesa di una personalità narcisistica.

Il cattivo dei film

Quando sono iniziati i festeggiamenti che celebravano la vittoria di Biden, in molti hanno fatto riferimento a Star Wars. D’altra parte, era stato proprio il capo della campagna elettorale di Trump, Brad Pascale a paragonare la macchina elettorale di Trump alla Morte Nera, l’enorme arma distruggi-pianeti del “lato oscuro della forza”. Qualcuno ha quindi ripreso quel tweet di maggio, ricordando ironicamente che la Morte Nera, alla fine della saga, viene distrutta da Luke Skywalker.

Trump paragonato all’Impero in Star Wars

Larga parte dell’elettorato americano ha vissuto con grande sollievo la fine del mandato di Trump. Quali aspetti della personalità di Trump lo rendono il classico “cattivo dei film”?

La triade oscura di personalità

Dittatori, leader senza scrupoli e cattivi dei film presentano spesso i tratti della cosiddetta Triade Oscura di personalità, un concetto proposto nei primi anni duemila dai ricercatori Delroy Paulhus e Kevin Williams. I due ricercatori avevano individuato un insieme di tratti comportamentali simili che tendono a mescolarsi nelle personalità manipolatorie più predisposte a ricercare e mantenere posizioni di potere. Questi tratti sono:

  1. Narcisismo. Uno stile di pensiero e comportamento caratterizzato da modalità grandiose, ricerca di attenzione e ammirazione, esibizionismo, mancanza di empatia, arroganza, fantasie di potere e successo illimitati. Convinzione di essere speciali, senso di diritto, invidia. A tutto ciò si contrappone un’autostima fragile, dipendente dall’approvazione degli altri e da una grandiosità insaziabile.
  2. Machiavellismo, termine che indica atteggiamenti di freddezza, cinismo e controllo, disprezzo della moralità, tendenza a sfruttare e manipolare gli altri per fini personali.
  3. Psicopatia. Caratterizzata da comportamenti antisociali e impulsivi, egoismo e assenza di rimorso.

Se da un lato questo tipo di personalità può sembrare pericolosa e raccapricciante, dall’altro lato individui narcisisti o francamente psicopatici sono anche in grado di suscitare un certo fascino, a causa della loro determinazione e capacità di raggiungere gli obiettivi che si prefissano. L’assenza di ansia e paura, la manipolatorietà e la mancanza di scrupoli morali portano spesso queste persone a ricoprire ruoli di potere, anche se alla fine, in genere, si rivelano manager tossici.

Donald Trump si è sempre mosso in questa direzione. A partire dal programma “The Apprentice”, ha sempre mostrato una personalità estrema, che assimila diverse caratteristiche della triade oscura. In particolare, Trump nell’ultima fase di scrutinio dei voti e nelle settimane successive ha mostrato tutte le dinamiche e le difese tipiche del narcisismo nella sua variante peggiore, quella del narcisismo maligno, che si colloca sul polo più vicino alla psicopatia. 

La colorita espressività di Trump

Il narcisismo di Trump

Com’è facile intuire, i narcisisti odiano perdere. Per sostenere la loro fragile autostima hanno bisogno di ricevere costanti conferme del loro essere unici, speciali, superiori agli altri. Nella versione “arrogante” (esistono anche narcisisti timidi) il narcisista tenta di impressionare il mondo circostante e di preservare la stima di sé eludendo risposte e feedback da parte degli altri. Secondo lo psicoanalista Heinz Kohut, gli individui narcisisti si sono arrestati da un punto di vista evolutivo a uno stadio in cui hanno bisogno di specifiche risposte dalle persone del loro ambiente per mantenere un Sé coeso. Senza queste risposte, i narcisisti tendono alla frammentazione e alla depressione. Secondo Kohut, una patologia narcisistica si sviluppa quando i genitori rispondono alle normali manifestazioni di esibizionismo del bambino con disprezzo o disinteresse, piuttosto che con validazione e ammirazione. Le esperienze traumatiche di umiliazione e mancata sintonizzazione da parte dei genitori sarebbero poi, secondo altri autori, la causa dell’annullamento della curiosità nei confronti delle risposte interne delle altre persone, come modalità per evitare la successiva esposizione a sentimenti di vergogna.

Troppo e mai abbastanza: una retrospettiva sulla famiglia di Trump

Nel libro “Troppo e mai abbastanza: come la mia famiglia ha creato l’uomo più pericoloso del mondo”, la nipote di Trump, Mary, che di lavoro fa la psicologa, ha parlato del clima familiare in cui era cresciuto suo zio, descrivendolo come “un incubo” (qui trovate un approfondimento sul libro). Secondo l’autrice, i genitori di Trump non avevano mai soddisfatto i suoi bisogni emotivi primari e non erano stati in grado di fornirgli le cure necessarie, soprattutto durante il primo anno di vita.

Trump era un bambino aggressivo e turbolento. Sua madre era emotivamente e fisicamente assente e instabile e suo padre viene descritto come un “sociopatico ad alto funzionamento”. Le dinamiche familiari erano conflittuali, prive di calore, affetto, comprensione e rispecchiamento. Venivano incoraggiate bugie, egoismo, crudeltà, invidia e abilità nel manipolare gli altri. Aspetti come empatia, gentilezza, umiltà e onestà erano del tutto assenti.

In questo contesto familiare, invece di sviluppare sane abilità sociali, relazionali e umane Trump si era dovuto adattare diventando estremamente competitivo, rabbioso ed esibizionista, in un conflitto continuo con i suoi quattro fratelli. Secondo il medico Thomas Singer, quando la personalità di Trump aveva incontrato il bisogno degli elettori di intrattenimento, stimolazioni e semplificazione di concetti complessi,  questo avrebbe creato le condizioni per i quattro anni di mandato più imprevedibili della storia americana.

Bandiera Trump fuck your feelings

Una delle bandiere più diffuse tra i supporter di Trump. Non sorprende che lo slogan inviti a svalutare i sentimenti.

Le difese narcisistiche di Trump dopo la sconfitta

Quali difese ha usato Trump per proteggere la propria autostima dopo le elezioni?

Il primo, evidente, meccanismo difensivo messo in atto è quello del diniego, che in questo caso ha assunto proporzioni quasi deliranti. Trump ha negato di continuo la realtà anche quando la sua sconfitta era matematica. Nei giorni successivi ha rotto il silenzio con Tweet polemici in cui gridava al complotto e sosteneva di essere il legittimo vincitore delle elezioni. Questo indica che si sono innescate due difese: l’idealizzazione dell’immagine di sé e la conseguente negazione e proiezione di aspetti di sé inaccettabili negli altri, che vengono svalutati e denigrati.

A un certo punto si è poi diffusa la notizia che qualcuno avrebbe dovuto parlare con Trump per convincerlo a concedere la vittoria a Biden, come da tradizione e galateo istituzionale. Si è parlato in particolare della figlia Ivanka Trump e del cognato Jared Kushner. In molti hanno colto l’occasione per paragonare Trump a un bambino capriccioso. In effetti, un altro meccanismo di difesa della sua personalità immatura è proprio la regressione, che consiste in un ritorno a una fase precedente dello sviluppo o del funzionamento per evitare conflitti e tensioni associate al livello di sviluppo presente (e che ci si aspetta dal presidente di una delle più grandi potenze mondiali).

Infine, Trump e il suo entourage hanno mandato email minatorie ai loro elettori attribuendogli la colpa della sconfitta. In questo caso si attiva un disconoscimento delle proprie responsabilità, che vengono dirette verso l’esterno per preservare un’immagine positiva e grandiosa di sé.

Questi meccanismi di difesa sono inclusi nella categoria delle cosiddette “difese primitive”, che include strategie più tipiche dell’infanzia o delle psicopatologie gravi.

L’importanza della salute mentale dei leader

Le vicende americane post-elettorali hanno messo in evidenza l’importanza della salute mentale dei leader di governo. Le persone che arrivano a ricoprire ruoli di potere non sempre sono anche le più preparate o le più adatte a guidare una nazione. Le storie e le psicopatologie personali possono avere conseguenze catastrofiche a livello sociale quando a prendere decisioni vitali per la collettività è una persona profondamente instabile. L’assalto dei sostenitori di Trump al Congresso ne è stata un’ulteriore, ennesima conferma.

La pandemia ha fatto emergere con violenza questo concetto. Il negazionismo ad esempio è frutto di un meccanismo di difesa primitivo in grado di proteggere dall’angoscia, ma poiché impedisce di risolvere un problema o porvi argine, causa anche la morte di migliaia di persone. Finché rimane confinato a una sola persona, le cui parole non hanno grande risonanza, allora il pericolo è limitato. Ma quando sono i capi di governo a negare la realtà, il disastro è probabilmente imminente.