La dipendenza da videogiochi è un problema sempre più frequente, soprattutto a fronte dell’enorme diffusione del gaming, sia virtuale che offline. Si tratta di una dipendenza che sempre più riguarda bambini e adolescenti.
La dottoressa Mastrorilli, psicologa e psicoterapeuta del Santagostino, risponde alle domande più frequenti sul tema, chiarendo i meccanismi che si innescano in questo tipo di dipendenza, e quali sono i trattamenti da mettere in atto.
Cos’è la dipendenza da videogiochi?
Il gioco è alla base della vita. Permette di creare, liberare emozioni, attivare la capacità simbolica e di risoluzione dei problemi. Soprattutto quello condiviso crea relazioni, promuove la socialità e può essere utilizzato anche a scopo terapeutico.
Purtroppo ci sono anche dei risvolti negativi. La diffusione dei videogiochi e dei dispositivi che offrono esperienze di gioco online o offline, sta generando problemi soprattutto tra i più giovani.
Per dipendenza da videogiochi (internet gaming disorder) s’intende l’uso eccessivo e compulsivo di giochi elettronici o app di gaming, tale da interferire con la vita quotidiana di una persona.
Tale disturbo è stato riconosciuto ufficialmente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come dipendenza, e inserito nell’International Classification of Diseases.
Si parla di abuso, in particolare, quando il gioco viene praticato in maniera continuativa e sistematica per la maggior parte della giornata, sostituendo ogni altra attività quotidiana.
In particolare, la dipendenza da videogiochi (che è molto simile alla dipendenza da internet) deve destare preoccupazione nei bambini che tendono a isolarsi dalle relazioni, chiudendosi in sé stessi, servendosi del mondo virtuale come via di fuga dalla realtà, dalle frustrazioni e dalle preoccupazioni.
Per riconoscere il disturbo, non bisogna basarsi solo sul numero di ore trascorse davanti ai videogame, ma occorre tenere in considerazione tutta una serie di cambiamenti nelle abitudini, nell’umore e nei comportamenti di bambini e ragazzi.
Quanti tipi di dipendenza da videogame esistono?
Le dipendenze da videogiochi possono essere distinte in base al tipo di gioco che viene praticato:
- Dipendenza da videogiochi standard
- Dipendenza da giochi online multiplayer.
I videogiochi standard sono in genere ideati per essere usati da un giocatore singolo, e l’obiettivo del gioco è chiaro: per esempio, il salvataggio di una principessa. La dipendenza da questo tipo di videogame è legata al completamento di una particolare missione nel gioco o al raggiungimento di un punteggio alto.
I giochi multiplayer sono giocati su internet insieme ad altre persone. Sono in grado di generare dipendenza perché non hanno una fine, e i giocatori creano e si identificano allo stesso tempo con personaggi online, intrattenendo relazioni con gli altri giocatori, e vivendo nella virtualità. L’entrata in questa comunità di giocatori virtuali potrebbe essere vista come un luogo di maggiore accettazione da parte di alcuni ragazzi, la cui frequentazione diventa sempre più una esigenza.
Come funziona la dipendenza da videogiochi?
Secondo studi recenti, la dipendenza da videogiochi è provocata dagli stessi meccanismi coinvolti nella dipendenza da alcol o cannabis.
Nello specifico, i videogiochi sono in grado di aumentare il livello di dopamina durante l’esperienza di gioco. Questo neurotrasmettitore svolge un ruolo centrale sul controllo della sensazione di piacere. Ciò significa che più dopamina viene prodotta durante un’esperienza, maggiore è il piacere che viene attribuito a quella specifica esperienza.
I videogiochi odierni generano stimoli positivi che portano i bambini e i ragazzi a ricercarli con sempre maggior frequenza. Un fattore che li spinge ad aumentare la durata di utilizzo del gioco per riuscire a mantenere lo stesso livello di piacere generato dalle prime esperienze. Molti giochi prevedono meccanismi di ricompensa (come il looting) che hanno lo scopo di aumentare ulteriormente i livelli di soddisfazione e benessere legati al gioco.
Quando queste sensazioni di piacere vengono a mancare, il soggetto inizia a stare male e tende a ricreare le stesse sensazioni attraverso un maggior ricorso al gioco.
L’uso di device nei bambini più piccoli
Qualche considerazione a parte merita l’uso dei device da parte dei più piccoli.
Iniziamo col dire che i bambini, intorno ai 3 anni, sviluppano la cosiddetta crisi di opposizione, ovvero iniziano a dire “no” a qualsiasi cosa. Questa fase è fondamentale allo sviluppo psicologico perché dà la possibilità al bambino di mettere un confine tra sé e il mondo. Capita che questi “no” da parte del bambino non solo siano molto frequenti, ma che abbiano un impatto emotivamente forte sui genitori, soprattutto in contesti sociali.
I genitori spesso si trovano in difficoltà rispetto alla gestione di queste reazioni emotive collegate al rifiuto del figlio. Lo smartphone o il tablet diventano, allora, un alleato genitoriale e placano il bambino. Sarebbe impensabile nella società moderna immaginare di far crescere il bambino del tutto lontano dalla tecnologia, ma il suo utilizzo va modulato. Oltretutto ci sono giochi che stimolano le abilità cognitive e non vanno demonizzati. Ma, di fronte a una reazione emotiva del bambino, è sconsigliato l’aiuto dell’apparecchio tecnologico per farlo calmare.
Il bambino, nello sperimentare sé stesso, ha bisogno di riconoscere le emozioni e di regolarle. Se al lamento corrisponde la “gratificazione elettronica”, il piccolo non avrà la possibilità di imparare ad auto-regolarsi.
Quali sono i sintomi della dipendenza da videogiochi?
I sintomi e i segnali che devono far pensare a una dipendenza da videogiochi nel bambino includono:
- Uso del gioco continuativo, che dura più di 3 ore al giorno, tutti i giorni
- Trascurare gli impegni scolastici ed extrascolastici
- Calo del rendimento scolastico e dell’attenzione
- Preferire il gioco a ogni altra attività, come stare con gli amici, o all’aperto o fare sport
- Mentire sulle ore passate davanti al videogioco, soprattutto per poter continuare a giocare
- Difficoltà di concentrazione e attenzione su altre attività che non siano i videogiochi.
Oltre a questi segnali di allarme, possono manifestarsi alcuni sintomi fisici ed emotivi nel bambino o nell’adolescente, per esempio:
- Aggressività o rabbia quando si deve interrompere la sessione di gioco o non è possibile giocare
- Alterazioni dell’umore, con comparsa di ansia e depressione
- Mal di testa, mal di schiena e collo, disturbi della vista
- Tendenza al sovrappeso a causa della sedentarietà
- Alterazioni delle relazioni sociali.
Quali sono le conseguenze?
Come ogni altro disturbo compulsivo, la dipendenza da videogiochi può avere conseguenze negative anche gravi. I sintomi elencati in precedenza, sebbene nella maggior parte dei casi hanno effetti a breve termine, possono avere ripercussioni anche durature se non trattati in modo adeguato.
Per esempio, il bambino o il ragazzo potrebbe ridurre le ore di sonno, o saltare i pasti per continuare a giocare. Questi comportamenti, che nell’immediato sono responsabili di affaticamento e stanchezza, a lungo andare potrebbero determinare problemi di salute correlati all’alimentazione o disturbi del sonno.
La luce proveniente dagli schermi degli apparecchi tecnologici stimola la retina riducendo la secrezione di melatonina, e impattando sulla naturale possibilità di lasciarsi andare al sonno.
Allo stesso modo, isolarsi dagli altri a causa del gioco, trascurare i familiari, le uscite con gli amici e la socialità, nel lungo periodo, potrebbe comportare un quadro preoccupante di ritiro sociale.
Cosa fare in caso di dipendenza da videogiochi? Trattamenti e cure
Il trattamento della dipendenza da videogiochi si avvale, in prima istanza, della consulenza psicologica e dell’individuazione, nell’ambito familiare, della ragione profonda per cui il bambino o ragazzo fa uso del dispositivo.
È necessaria una presa in carico non solo del paziente (bambino o ragazzo) ma del sistema familiare, considerato che la gestione dei comportamenti legati alla dipendenza sono rintracciabili nella quotidianità della convivenza. È importante supportare la famiglia nel riconoscimento del problema e nella ridefinizione di modalità relazionali più funzionali al membro del sistema che porta il disagio e che, spesso, non è consapevole della propria dipendenza.
Per integrare la terapia familiare è opportuno attivare una psicoterapia individuale che possa facilitare nel minore il riconoscimento delle proprie emozioni, la gestione della frustrazione e la promozione di comportamenti adattivi.
È necessaria, pertanto, una psicoterapia familiare integrata alla psicoterapia individuale del bambino o ragazzo.
(19 Luglio 2023)