Psichiatria

L’accondiscendenza in psicologia

Acconsentire, concedere, assecondare. Essere accondiscendente implica il costante "piegarsi" alla volontà altrui. Un atteggiamento che, se eccessivo, può nuocere.

L’accondiscendenza in psicologia

L’accondiscendenza è un concetto importante in psicologia, che merita di essere esplorato per comprendere appieno le dinamiche delle relazioni interpersonali.

Cosa si intende esattamente per accondiscendenza? Quali comportamenti e quali rischi comporta?

Approfondiamo il significato di questo termine e le sue implicazioni nel contesto delle interazioni umane.

Cosa significa accondiscendere? 

Il verbo “accondiscendere”, derivato di “condiscendere”, vuol dire cedere a una richiesta, al volere di qualcuno, acconsentire, talvolta anche senza essere totalmente d’accordo. Il sostantivo accondiscenza, dunque, è un sinonimo di condiscendenza.

Cosa vuol dire essere accondiscendente?

Una persona si definisce accondiscendente quando manifesta un’eccessiva disponibilità nei confronti degli altri, con una marcata attenzione ai loro bisogni e desideri e la tendenza ad assecondarne la volontà.

Questa predisposizione d’animo può spingersi fino alla completa dedizione alle esigenze altrui, a scapito dei propri interessi e del proprio benessere.

Perché si è accondiscendenti?

L’accondiscendenza può derivare da una varietà di fattori psicologici e sociali che influenzano il modo in cui le persone interagiscono e gestiscono le relazioni interpersonali.

Tra le motivazioni che portano ad essere accondiscendenti vi sono in particolare:

  • bassa autostima e paura del rifiuto: le persone più insicure tendono a cercare l’approvazione degli altri e a temere il rifiuto se non si conformano alle aspettative altrui. Di conseguenza, possono essere inclini a soddisfare i bisogni degli altri a discapito dei propri, nella speranza di essere accettate e apprezzate
  • bisogni emotivi non soddisfatti: la mancanza di soddisfazione del bisogno di sentirsi amati o valorizzati può spingere le persone a cercare di compensare questo vuoto attraverso comportamenti accondiscendenti, nella speranza di ottenere l’approvazione e l’affetto degli altri
  • modelli educativi o culturali interiorizzati: spesso, l’accondiscendenza può essere un comportamento appreso dall’osservazione delle figure di riferimento nell’infanzia o dell’ambiente sociale circostante o, in generale, dall’educazione ricevuta. Anche le norme sociali e le influenze culturali possono giocare un ruolo significativo nell’incoraggiare l’accondiscendenza. Basti pensare a come questa, secondo i dettami della società di stampo patriarcale, venga incoraggiata in una donna, e non in un uomo, associato piuttosto all’assertività
  • paura del confronto o del conflitto: alcune persone cercano di evitare il confronto per paura di creare tensioni o di non essere in grado di gestire la situazione. Preferiscono piuttosto acconsentire alle richieste degli altri e rinunciare alla possibilità di esprimere il proprio punto di vista.

Quali sono i rischi legati a un comportamento accondiscendente?

Comportarsi in modo eccessivamente accondiscendente all’interno dei rapporti interpersonali può esporre a diversi rischi. Può implicare infatti la rinuncia alle proprie esigenze e all’affermazione del proprio volere, e tradursi dunque in subalternità. Ecco alcune conseguenze che possono derivarne:

  • squilibrio relazionale: l’accondiscendenza può creare uno squilibrio all’interno di una relazione, in cui una persona tende a sottomettersi costantemente ai desideri e ai bisogni dell’altra. Questo squilibrio può generare tensioni e risentimenti, portando a sentimenti di frustrazione e insoddisfazione 
  • perdita di autostima e identità: mettere costantemente al secondo posto i propri bisogni e desideri può portare a perdere di vista chi si è veramente e cosa si vuole nella vita, intaccando la fiducia in sé stessi e provocando un senso generale di insoddisfazione personale. Non solo. Questa indulgenza può riflettersi anche sulla considerazione e sul giudizio altrui. Chi si adatta passivamente a tutto, evitando di esprimere le proprie opinioni e accettando le situazioni senza cercare di influenzarle, rischia di perdere “la propria voce” all’interno del contesto sociale di riferimento. Può venire automaticamente escluso dal processo decisionale, trascurato e perfino reputato superfluo. La sua presenza diventa priva di impatto e irrilevante. La sua stessa identità diventa meno interessante e significativa agli occhi degli altri
  • dipendenza emotiva dagli altri: l’accondiscendenza nei casi più gravi può associarsi a una visione di sé come un essere bisognoso e incapace di prendere decisioni o di gestire situazioni autonomamente. Può evolvere in un vero e proprio disturbo dipendente di personalità
  • vulnerabilità alla manipolazione: accondiscendere sempre alla volontà altrui può significare fare le spese degli atteggiamenti accentratori o prevaricatori di altri.

Come imparare a dire di no?

Imparare a dire di no può apparire una sfida complessa per chi è accondiscendente. Tuttavia, è un’abilità importante da sviluppare per stabilire confini sani e mantenere un equilibrio nella vita personale e professionale. Ecco alcuni spunti che possono aiutare:

  • sviluppare l’assertività, la capacità di esprimere i propri pensieri, sentimenti e bisogni in modo chiaro, senza inibizioni. Praticarla può aiutare a comunicare il proprio punto di vista in modo diretto, ma gentile e rispettoso
  • impostare confini chiari: definire confini in ambito personale e professionale permette di capire ciò che è importante per sé e quali sono i limiti che non si vogliono superare. Comunicarli agli altri aiuterà a evitare di sentirsi sopraffatti dalle richieste altrui
  • migliorare la comunicazione non verbale per trasmettere sicurezza nel dire di no. Per esempio sostenere lo sguardo, mantenere una postura eretta e un tono di voce fermo, sebbene calmo
  • imparare a gestire il senso di colpa: dire di no e affermare la propria volontà è un diritto per cui non ci si dovrebbe sentire in colpa. Significa prendersi cura di sé e non sacrificare il proprio benessere per soddisfare gli altri.

In alcuni casi, è possibile maturare queste consapevolezze e sviluppare queste abilità in autonomia, tramite un percorso di autoanalisi e lavoro su sé stessi. Quando, tuttavia, l’accondiscendenza è un tratto radicato nella propria personalità ed espone alle distorsioni e alle derive di cui si è accennato, rivolgersi a un professionista della salute mentale è la soluzione più efficace.