Quando un paziente ripone aspettative positive in un trattamento privo di efficacia medica dimostrata, si parla di effetto placebo.
L’effetto placebo accade quindi perché il paziente attribuisce un qualche significato simbolico alla sostanza inerte che sta assumendo. Questo effetto deve molto al contesto psicosociale del paziente e può dipendere da fattori che sono del tutto estranei al placebo stesso.
Cerchiamo di capire cosa può dire la psicologia sul significato dell’effetto placebo, se quest’ultimo funziona davvero, e cosa si intende per effetto nocebo.
Cosa si intende con effetto placebo?
Si ha effetto placebo quando un paziente reagisce positivamente ad un trattamento in cui è del tutto assente qualsiasi effetto terapeutico concreto. Il tipico esempio di effetto placebo si ha quando un paziente prende un farmaco ed è profondamente convinto di ottenerne un beneficio.
Non si esclude la possibilità che ci sia la percezione di un beneficio in seguito ad un simile trattamento, il punto è la totale assenza dell’aspetto biologico del beneficio dato dall’effetto placebo. Questo effetto si produce perché il paziente, per dirlo in altri termini, attribuisce un significato simbolico al trattamento.
Un esempio classico è quando un paziente assume un placebo come una pillola di zucchero, credendo che sia una medicina reale, e sperimenta un miglioramento dei sintomi del mal di gola. È importante notare che l’effetto placebo non è legato alla sostanza in sé, ma piuttosto alla fiducia e alla convinzione del paziente nel trattamento.
Esistono due tipi principali di placebo: il placebo puro e il placebo impuro. Il placebo puro è una sostanza o una forma di trattamento che è completamente priva di effetto terapeutico intrinseco. Al contrario, il placebo impuro è una sostanza o un trattamento che ha un effetto terapeutico intrinseco, ma non specificamente sulla patologia per la quale viene prescritto.
Questo effetto è comunque ampiamente diffuso, soprattutto in condizioni psicosomatiche come ansia, insonnia e mal di testa, condizioni nella quali il placebo può portare a miglioramenti significativi. Ed è un chiaro esempio di come la mente e il corpo siano strettamente interconnessi nel contesto della salute e del benessere.
Origine del termine placebo
Prima dell’invenzione, forse è opportuno occuparsi del significato iniziale e della storia di questo termine. “Placebo” deriva dal verbo latino “placere”, e significa “io piacerò”. Questo verbo è stato usato da San Girolamo nella su traduzione della Bibbia dall’ebraico al latino. In un passaggio del Libro dei Salmi, San Girolamo ha scritto e tradotto “Placebo Domino in regione vivorum”, la cui traduzione è “Piacerò a Dio nella regione dei viventi”. Ma nell’attuale versione della Bibbia, si trova la frase “Camminerò alla presenza del Signore sulla terra dei viventi”.
Nel Medioevo, in Inghilterra, durante i funerali c’erano delle persone appositamente assunte per esprimere il dolore dei presenti, e cantavano proprio questo versetto della Bibbia. “Placebo” era la prima parola del versetto. Con il tempo, quindi, il termine placebo iniziò ad essere associato a comportamenti falsi e insinceri.
Cosa significa placebo in latino?
In contesto medico, fa la sua prima comparsa nell’edizione del 1785 del New Medical Dictionary, e indica una medicina di tipo grossolano.
A partire dal 1894, nel Foster Dictionary, è assunto il significato corrente ovvero quello di sostanza farmacologicamente non attiva, quindi inerte.
Chi ha inventato l’effetto placebo?
Nel 1700 il medico inglese Elisha Perkins credeva fermamente nel potere curativo delle sue bacchette, dei piccoli strumenti metallici che sosteneva potessero guarire una vasta gamma di malattie, tra cui gotta e reumatismi, grazie al loro presunto magnetismo. Un suo contemporaneo, John Haygarth, fu il primo a condurre un esperimento comparativo, confrontando l’effetto delle bacchette di Perkins con bacchette di legno prive di magnetismo. In modo inaspettato, i risultati furono simili, portando Haygarth a concludere che l’efficacia delle bacchette di Perkins derivava dalla suggestione piuttosto che da un reale potere magnetico.
Nel 1939, il medico italiano Davide Fieschi sviluppò un trattamento per l’angina pectoris basato sull’aumento del flusso sanguigno al cuore. Questo trattamento divenne standard, ma nel 1959 il cardiologo Leonard Cobb condusse un esperimento inaspettato. Divise i pazienti in due gruppi: uno sottoposto al trattamento standard e l’altro solo a incisioni, senza la procedura effettiva. Sorprendentemente, entrambi i gruppi mostrarono una riduzione del dolore e miglioramenti cardiaci simili.
Questi casi evidenziano la potenza dell’effetto placebo, dimostrando che la credenza del paziente nel trattamento può influenzare positivamente il risultato, persino in ambito chirurgico.
Quando si verifica l’effetto placebo?
L’effetto placebo si basa su una serie di principi psicologici, neurobiologici e sociali che contribuiscono alla sua efficacia:
- aspettative positive. Quando un paziente ha aspettative positive riguardo a un trattamento, la mente può influenzare il corpo per ottenere risultati positivi
- condizionamento. Se un paziente ha in precedenza risposto positivamente a un trattamento specifico, anche se era un placebo, è più probabile che risponda positivamente in futuro
- risposta neurobiologica. L’effetto placebo può attivare regioni del cervello associate al sollievo dal dolore e al benessere. Sono stati osservati cambiamenti nei neurotrasmettitori e nella produzione di endorfine
- suggestione. La comunicazione verbale e non verbale del medico può influenzare le aspettative del paziente
- credenza e cultura. La credenza personale del paziente nel trattamento, e le influenze culturali, possono influenzare l’efficacia del placebo
- meccanismi di apprendimento sociale. Le esperienze degli altri, come testimonianze di guarigione, possono influenzare le aspettative del paziente. Se qualcuno condivide un’esperienza positiva con un trattamento, il paziente potrebbe essere più incline a rispondere positivamente allo stesso trattamento.
Esempi di effetto placebo
Alcuni esempi di effetto placebo possono essere:
- bicchiere con un cucchiaio di zucchero, bevuto per provare a calmare un mal di testa o una leggera nevralgia
- compressa composta solo di eccipienti, come ad esempio l’amido di mais, assunta per cercare di gestire un episodio di ansia
- Iniezione di acqua distillata, come tentativo di gestire un fastidio muscolare.
Effetto placebo e relazione medico-paziente
Solitamente l’effetto placebo ha luogo quando sono create le condizioni ideali affinché la persona creda nel proprio processo di guarigione o trasformazione. Nel contesto terapeutico, la relazione medico-paziente e la fiducia sono elementi fondamentali di questa credenza: inducono il paziente a pensare che la terapia cui si sta affidando funzionerà.
Le parole e il modo di esprimersi del medico, la sua comunicazione non verbale e le aspettative positive, possono produrre nel paziente un potente effetto placebo. A parità di trattamento, il risultato migliore si riscontra quando il medico adotta una comunicazione empatica. Una comunicazione fondata su fiducia, speranza e positività nella buona riuscita del trattamento.
Quando è utile il placebo?
I placebo, definiti anche farmaci inerti perché privi di principio attivo, forniscono i risultati più sorprendenti nelle condizioni in cui malessere fisico e psicologico sono complementari e in combinazione. Una revisione del 2010, svolta su 202 casi di studio, ha dimostrato come l’effetto placebo sia curativo nel trattare sintomi di asma, dolore, nausea e fobie.
Nella revisione è stata effettuata una comparazione simultanea tra due gruppi: al gruppo sperimentale è stata somministrata una soluzione zuccherina come farmaco placebo, mentre al gruppo di controllo non è stato somministrato alcunché. L’obiettivo era far emergere delle differenze tra le due modalità.
L’uso nella ricerca medico-scientifica
Utilizzare il placebo per il gruppo di controllo fornisce un punto di riferimento per valutare se il trattamento con principio attivo produce realmente benefici significativi. Se il trattamento con principio attivo dimostra un’efficacia superiore rispetto al placebo, allora sarà possibile concludere che il trattamento stesso è efficace nel trattamento della condizione medica studiata.
L’utilizzo del placebo nella ricerca medico-scientifica è fondamentale per garantire l’affidabilità e l’oggettività dei risultati degli studi clinici, dal momento che aiuta a distinguere tra efficacia reale di un trattamento e gli effetti dovuti all’aspettativa così come alla suggestione dei partecipanti.
Nei trial clinici controllati i partecipanti vengono assegnati casualmente a due gruppi: uno che riceve il trattamento attivo e l’altro che riceve il placebo. Questo permette agli scienziati di confrontare gli effetti del trattamento reale con gli effetti del placebo.
Quando invece è inefficace?
L’effetto placebo ha esiti di gran lunga meno evidenti su insonnia, demenza, depressione, obesità e ipertensione. I placebo, infatti, hanno azione sul modo in cui il paziente sperimenta i sintomi, non sulle cause dei sintomi.
In uno studio del 2011 alcuni pazienti asmatici sono stati divisi in quattro gruppi. Al primo è stato fatto assumere un farmaco broncodilatatore, al secondo un inalatore ad acqua (un placebo), il terzo è stato sottoposto a trattamenti di agopuntura (trattamenti interrotti prima di pungere la pelle con l’ago) mentre il quarto non ha sperimentato alcuna cura.
Un’analisi dei sintomi percepiti e dei sintomi reali ha evidenziato come i pazienti del broncodilatatore, del placebo e della finta agopuntura abbiano tutti ottenuto gli stessi risultati: più della metà dei pazienti riportava benefici. In sostanza, il placebo interviene sui sintomi veicolati dalla mente e, in questo caso, anche sul dolore.
Il placebo nella cosiddetta medicina alternativa
Il termine medicina alternativa indica l’insieme di pratiche di tipo terapeutico che non sono state passate al vaglio delle verifiche cliniche. Si pensi allo yoga, all’agopuntura e alla chiropratica. Queste pratiche, e i benefici che sono percepiti da chi vi si sottopone, possono rientrare nell’alveo dell’effetto placebo, che ricomprende anche l’omeopatia.
Quello che la medicina occidentale potrebbe raccogliere, in termini di ampliamento e di guadagno nell’approccio, è proprio l’ascolto empatico e la capacità di creare un rapporto umano e di fiducia reciproca alla base di queste discipline.
Che vuol dire effetto nocebo?
Lo spiegare senza fretta, il parlare in modo chiaro e il servirsi dell’empatia sono strumenti comunicativi che determinano i benefici dell’effetto placebo. Ma è purtroppo vero anche il contrario: la suggestione del medico può produrre, a volte, anche effetti negativi sul paziente. In questo caso si produce il cosiddetto effetto nocebo.
La comunicazione di una diagnosi grave può influenzare negativamente il paziente, sortendo su di lui ripercussioni svantaggiose a livello psicologico. Effetti nocebo si verificano anche nelle sperimentazioni cliniche. Sono i casi in cui i partecipanti, a cui viene somministrato il placebo, mostrano gli stessi effetti collaterali che si sarebbero verificati con l’assunzione del farmaco vero e proprio.
Perché accade l’effetto nocebo?
L’effetto nocebo accade quando la comunicazione dello specialista si concentra sulle possibili controindicazioni più che sui benefici di un farmaco. L’effetto terapeutico di un qualsiasi medicinale, anche il più valido, è ascrivibile solo in parte alla sua azione chimica.
Una componente altrettanto significativa è proprio quella data dall’effetto placebo. Nell’uso clinico l’effetto di un farmaco, per esempio un analgesico, dipende sia dal farmaco e dal dosaggio, sia dalle aspettative dei medici, dei pazienti, dalle loro indicazioni e dagli avvertimenti verbali e non verbali.
(14 Marzo 2024)