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Chi sono i NEET: i giovani che non studiano né lavorano

I NEET sono giovani che non studiano, non si stanno formando né lavorano. Capire le cause di questo stallo, per relazionarsi a loro, è il primo passo per aiutarli a riprendere in mano le proprie vite.

Chi sono i NEET: i giovani che non studiano né lavorano

NEET è un acronimo il cui significato indica persone che non studiano, non hanno occupazione e non si stanno formando.

L’Italia ha il triste primato come Paese dell’eurozona con maggio numero di NEET, la cui età è compresa tra i 15 e i 29 anni. Questa fascia di popolazione è a forte rischio di esclusione sociale, e rischia inoltre di rimanere tagliata fuori dal mondo del lavoro.

Chi sono i NEET? Per quali ragioni, di tipo sociale e riconducibili al vissuto personale, si ritrovano in questa stagnazione? E in che modo possono essere aiutati? Risponde la dottoressa Miriam Baraccani, psicoterapeutica a indirizzo analitico di Santagostino Psiche.

Cosa vuol dire l’acronimo Neet?

I NEET, acronimo inglese di Not in Education, Employment or Training, che in italiano significa “Non in Studio, Occupazione o Formazione” sono individui non impegnati in alcuna forma di istruzione, lavoro o formazione professionale. La loro età è generalmente compresa tra i 15 e i 29 anni. Chiunque non abbia comunicato allo Stato di essere impegnato in studi universitari o formativi di altro tipo o impiegato nel mondo del lavoro, con qualsiasi impiego, viene inserito in questa categoria.

Questo termine è stato introdotto per la prima volta nel 1999 da Katsuhiko Fujimori, un sociologo giapponese, per descrivere la crescente popolazione di giovani giapponesi che non erano impegnati in istruzione, lavoro o formazione professionale.

Quanti sono i NEET in Italia?

Secondo le rilevazioni ISTAT a maggio 2023, in Italia i NEET tra i 15 e i 34 anni sono circa 5,7 milioni. Nello specifico, ci sono 4.259.000 NEET nella fascia d’età 15 – 24 anni e 1.466.000 NEET tra i 25 e i 34 anni. L’Italia detiene un triste record, essendo il Paese dell’Unione Europea con il maggior numero di NEET. 

L’incidenza sembra essere più elevata per le donne. Anche se va specificato che molti di questi ragazzi lavorano senza contratto regolare e per questo sfuggono ad ogni tipo di analisi.

Dove vivono i NEET?

Il primato italiano, si accennava, è evidente nel caso delle ragazze inattive, con il 20,5% delle ragazze coinvolte nel fenomeno NEET. La situazione diventa ancora più critica se si considerano i residenti nelle regioni del Sud Italia, in cui la percentuale raggiunge il 27,9%, e gli stranieri, che presentano un tasso del 28,8%, superiore a quello degli italiani di quasi l’11%.

Quali sono le cause dei NEET?

I NEET rappresentano una categoria a rischio rispetto ad una spirale depressiva, laddove il non essere ingaggiati in alcuna attività li priva del rapporto con la propria progettualità, con deprivazioni socio-economiche che rischiano maggiormente di problematizzare la propria situazione.

Una situazione che, potenzialmente, esprime già una profonda sofferenza. Le dinamiche psichiche che sono alla base del rifiuto o della difficoltà di adattamento al contesto sociale, lavorativo, di appartenenza, spesso hanno a che fare con aspetti depressivi, con difficoltà nel contattare gli oggetti interni e nel trovare quindi quella motivazione profonda che li spinga ad attivarsi.

La fascia di età 18-29 incontra a volte resistenze all’adultizzazione, laddove per “adultità” intendiamo un atteggiamento di presa di responsabilità e di maggiore autonomia rispetto al nucleo genitoriale.

Non possiamo trascurare le proposte lavorative che talvolta scarseggiano, non per quantità ma per qualità dell’offerta. Questa situazione aumenta vissuti di frustrazione e sfiducia verso la realtà che contribuisce ad un maggior ritiro sociale. Il tratto di sfiducia è ricorrente tra questi giovani spesso caratterizzati, oltre che dagli elementi sopracitati, da un Sé fragile.

In alcuni, possiamo ipotizzare di incontrare un’angoscia di frammentazione dall’impatto con la realtà, riassumibile in un pensiero del tipo: “Temo di non sapere fare ed il riscontro con il reale potrebbe disintegrare la mia autostima”. La difficoltà ad agire e reagire, accompagnata da una quota di ansia, spesso dipende dalla tendenza ad avere un locus of control esterno, anziché interno.

Come si diventa Neet? Cause sociali ed economiche

La mancanza di opportunità lavorative e la difficoltà nel trovare impieghi stabili possono scoraggiare la fascia di popolazione più giovane, con conseguente rinuncia a cercare attivamente lavoro, o a intraprendere percorsi formativi.

Le cause dei NEET non sono comunque limitate ai soli fattori economici. Possono essere indicati come fattori anche i contesti sociali sfavorevoli, caratterizzati da scarsa produttività e disuguaglianza. La provenienza da territori con queste caratteristiche può influire negativamente sulle prospettive future, limitando le opportunità a loro disposizione.

Un’altra causa di rilievo è la poca conoscenza del mondo del lavoro, oltre all’assenza di un adeguato orientamento durante le scuole superiori. Molti giovani potrebbero non essere sufficientemente informati sulle diverse possibilità di carriera o non avere chiare le proprie inclinazioni e passioni. Questa mancanza di consapevolezza può generare incertezza riguardo al percorso da intraprendere, contribuendo così al fenomeno dei NEET.

Inoltre, la difficoltà nella scelta tra proseguire gli studi universitari o intraprendere un’esperienza lavorativa può generare un clima incerto che alimenta difficoltà e sfiducia.

Quali sono le conseguenze del fenomeno NEET?

Il fenomeno NEET è un fenomeno che sta avendo una forte risonanza in termini di visibilità. Questo accade perché a livello quantitativo ha raggiunto dimensioni tali da rischiare di compromettere in parte lo sviluppo economico italiano. Attualmente è in corso un progetto di UNICEF Italia che porta attenzione sul tema e sulla sua complessità.

Molto si potrebbe fare dal punto di vista delle politiche attive, in particolare modo quando termina la scuola superiore per quei giovani che non proseguono con gli studi universitari. Per politiche attive intendiamo proprio quel supporto nell’analizzare le competenze trasversali maturate, le caratteristiche personali, le ispirazioni, i valori professionali. Al fine di strutturare in maniera maggiormente funzionale la ricerca del lavoro.

Il termine della scuola superiore è un momento molto delicato, anche dal punto di vista psichico. Il percorso individuativo e la strutturazione della personalità è in fase di definizione. Ed è proprio in questa fase che il sistema produttivo e del lavoro dovrebbe fornire delle proposte attraenti. Sia in termini di formazione che in termini di riconoscimento contrattuale.

Supporto dello Stato

Lo Stato cerca di andare incontro ai problemi di questa fascia di popolazione nel caso in cui datori di lavoro volessero assumere NEET. Lo strumento si chiama bonus NEET, ed è un insieme di incentivi pensato nel 2023 e rinnovato nel 2024 proprio per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro.

A norma di legge esistono requisiti soggettivi quali, ad esempio:

  • avere meno di 30 anni al momento dell’avvio del rapporto di lavoro
  • mancanza di rapporti di lavoro in corso
  • mancanza di iscrizione a corsi di studio o di formazione.

Per essere considerati NEET, bisogna avere la qualifica di “svantaggiati”, per la quale è necessario ad esempio:

  • essere privi di un lavoro regolarmente retribuito per almeno sei mesi
  • non possedere un diploma di istruzione secondaria di secondo grado o una qualifica di istruzione e formazione professionale
  • avere terminato la formazione a tempo pieno da non più di due anni ed essere ancora in attesa del primo impiego lavorativo regolarmente retribuito.

Nel sostegno a questa fascia di popolazione non bisogna sottovalutare l’aspetto mentale e dunque, da un punto di vista normativo, la possibilità di ricorrere al bonus psicologo per affrontare le loro difficoltà.

Come approcciare i NEET e quali strategie sono utili?

Dal punto di vista clinico la psicoterapia può essere utile. Non tanto per favorire l’esame di realtà che non viene meno. Piuttosto, per lavorare sulla costruzione di un contatto profondo con gli oggetti interni. In questo modo si può favorire una competenza emotiva più strutturata, anche per un diverso esame di realtà.

È importante tenere in mente questi aspetti proprio per evitare di cadere nella banalizzazione del fenomeno. Una banalizzazione che porta a leggere questi comportamenti di ritiro o di disinvestimento come segnali di una scarsa motivazione.

Ciò che avviene in realtà è spesso invece un irrigidimento a livello di pensiero, dettato molto di frequente dalla paura appunto. Nei NEET Sei evidenzia la presenza di pensieri disfunzionali; per questo motivo, un modo sicuramente utile per poter agganciare chi incontra questa dimensione di sofferenza, non è “spingerlo al fare” ma aiutarlo a crescere dal punto di vista emotivo.