Ogni individuo ha dei personali tabù, che potrebbero essere considerati come limiti oltre i quali non si è in grado di andare.
Questi divieti possono essere letti e interpretati dal punto di vista storico-antropologico, o possono investire la pulsione sessuale.
Come può quindi essere definito in modo appropriato un tabù? È relativo esclusivamente al desiderio sessuale o abbraccia anche altri aspetti dell’essere umano? E cosa significa esattamente non avere tabù?
Che cosa indica il termine tabù?
Il termine tabù ha origini polinesiane, lingua nella quale si pronuncia: tapu. Tradotto letteralmente, significa separato, proibito, e si riferisce a quelle norme o divieti sociali che vengono rispettati e considerati sacri da una determinata comunità o cultura.
Il concetto di tabù si basa sulla convinzione che alcune azioni o comportamenti possano essere considerati impuri, immorali o pericolosi e vadano quindi evitati o prescritti. Questi divieti sono spesso associati a temi come il sesso, la morte, la religione o altri aspetti considerati sensibili all’interno di una comunità.
Il primo occidentale ad imbattersi in questo termine fu il capitano James Cook, durante il primo viaggio del 1768 presso le isole Tonga. Qui, ebbe modo di osservare l’abitudine, di uomini e donne, di mangiare separati; insieme ad altre abitudini che regolamentavano i pasti sia delle persone comuni che dei capi, quindi non solo persone di sesso opposto.
Il termine tabù si riferiva, inoltre, anche ad alcune proibizioni quali il divieto di uccidere e di cibarsi dell’animale totem del clan se non si seguivano specifici rituali o proibizioni in merito alla sfera sessuale. Nello specifico, l’avere rapporti sessuali, oppure matrimoniali, con persone appartenenti a specifiche categorie.
Cos’è il tabù per Freud?
Sul versante psicanalitico Sigmund Freud riconduce il concetto di tabù – che si configura come divieto misterioso e apparentemente immotivato – ai desideri infantili e alle nevrosi. Segnatamente, la nevrosi di tipo ossessivo.
Tanto nella nevrosi ossessiva che nel tabù, i divieti si basano su bisogni interiori, possono essere diretti verso diversi oggetti e determinano la nascita di riti. E soprattutto sia nella nevrosi ossessiva che nel tabù si ravvisa il forte desiderio di compiere proprio l’azione che è vietata.
Un bambino che, ad esempio, inizia ad esplorare la propria sessualità toccandosi i genitali, può essere frenato dalla educazione sessuale che gli è stata impartita. La pulsione diviene pertanto rimossa, quindi inconscia. Il divieto invece rimane in forma cosciente, ed è da questa situazione che origina l’ambivalenza emotiva.
Il desiderio, che in ogni caso rimane, va alla ricerca di surrogati, e allo stesso tempo il divieto diventa più forte. Queste due forze si inibiscono reciprocamente, e questa inibizione ha bisogno di pratiche ossessive, e sostitutive, così da potersi scaricare. In Totem e tabù, del 1913, Freud descrive il tabù come “un’azione proibita verso la quale esiste nell’inconscio una forte inclinazione”.
I tabù nella storia delle religioni
Mircea Eliade, storico delle religioni, interpreta i tabù come manifestazioni di una sacralità primordiale, strumenti il cui compito è preservare l’armonia cosmica e, di riflesso, l’armonia e il benessere sociale. Per Eliade i tabù non sono solo divieti sociali, ma riflettono una concezione del mondo in cui il sacro e il profano sono distinti e separati, anche se in dialogo tra loro. I tabù svolgono la funzione di proteggere il sacro, delimitando ciò che è considerato puro e intoccabile rispetto al profano, che può contaminare o violare questa purezza.
Eliade sottolinea inoltre che queste sanzioni sono parte di un sistema simbolico complesso che ordina l’esperienza dell’uomo, collegando i singoli individui a un ordine cosmico più grande. Per esempio i tabù relativi a specifici luoghi, come la Mecca per i musulmani o il Muro del Pianto nella religione ebraica, sono legati alla presenza di forze spirituali o divine. Un altro esempio di tabù, e di sacralità, è dato dal fiore del loto nel buddismo. La trasgressione di questi tabù può portare conseguenze negative, perché rompe l’equilibrio tra il mondo umano e quello divino.
Cosa significa non avere tabù?
L’espressione “non avere tabù” intende la capacità di un individuo di agire in modo difforme rispetto alle norme, alle consuetudini, ai codici del contesto sociale in cui ci si ritrova a vivere.
Non avere tabù è una espressione che può essere sinonimo di apertura mentale e rifiuto di giudicare idee o comportamenti sulla base di norme sociali tradizionali o preconcetti. Significa abbracciare l’idea che ogni aspetto della vita umana merita discussione, esplorazione e comprensione senza preclusioni.
La mancanza di tabù può incoraggiare una comunicazione più sincera ed autentica, consentendo alle persone di condividere le proprie esperienze, pensieri e desideri senza paura di giudizio. Questa prospettiva può portare a una maggiore empatia e comprensione reciproca, permettendo di instaurare un senso di connessione più profondo.
L’assenza di tabù non implica, in ogni caso, un caos morale o l’approvazione indiscriminata di ogni comportamento. La riflessione critica rimane essenziale per discernere tra ciò che è etico e ciò che potrebbe causare danno. L’assenza di tabù richiede quindi una base solida di valori condivisi e rispetto per il benessere altrui.
Alcuni esempi di tabù
Esemplificare i tabù significa innanzitutto indicare le aree in cui questi divieti agiscono. Aree che possono essere molte e variare, certamente, per cultura e anche per legge. Si possono indicare tabù:
- alimentari, come nel caso del cannibalismo, pratica proibita ovunque ma che pure si ritrova in ottica rituale, nei secoli scorsi, in culture del Brasile, della Melanesia, in Africa e tra gli Aborigeni australiani. Altri esempi alimentari sono l’alimentazione kosher, aggettivo che in ebraico significa “adatto” ad essere mangiato. Si tratta di pratiche e norme alimentari della cultura ebraica utilizzate correntemente nella preparazione del cibo
- sessuali. Ad esempio l’incesto, la pedofilia, la necrofilia. Anche l’omosessualità e la bisessualità sono considerate pratiche non accettate e sanzionabili anche duramente, in diversi Paesi
- fisici, o meglio legati a precise attività fisiologiche. Si tratta di azioni considerate sconvenienti da svolgere in pubblico come sputare, defecare, ruttare o mingere. Anche il parto e le mestruazioni richiedono di non avvenire in pubblico
- verbali. È il caso delle bestemmie e degli insulti
- di esposizione del corpo o di sue parti. Si pensi alla nudità integrale, al mostrare il proprio viso se si è donne, in Afganistan o in Arabia Saudita, o se si è uomini, come avviene tra i Tuareg.
Relatività dei tabù
In ogni caso, i tabù non sono affatto universali, e alcune pratiche fortemente proibite in alcuni contesti storici e culturali possono essere anzi tollerate se non favorite in altri contesti. È questo il caso della poligamia, proibita nell’ordinamento legislativo della maggior parte dei Paesi, ma presente nelle popolazioni musulmane.
Anche l’incesto, in precisi contesti, veniva permesso. Era questo il caso delle dinastie dell’Antico Egitto, per fare un esempio noto. Anche la religione zoroastriana permette l’incesto, tra cugini.
Quali sono gli argomenti tabù?
Per rimanere nell’ambito sessuale, si potrebbe affermare come tuttora esistano delle tematiche o degli argomenti che sono considerati tabù. Gli argomenti tabù possono variare da cultura a cultura e da individuo a individuo, ma alcuni degli argomenti considerati sensibili o difficili da discutere tuttora esistono, soprattutto nella vita sessuale.
Si tratta di argomenti che possono comprendere l’orientamento sessuale e l’identità di genere, il ruolo di genere, e l’educazione sessuale, fantasie sessuali, comportamento sessuale atipico, come accade ad esempio nelle parafilie.
(7 Agosto 2024)