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Omosessualità: definizione, storia e pregiudizi

Cosa significa essere omosessuali? E cosa comporta esserlo? L'omosessualità in Italia, tra sfide da affrontare e pregiudizi radicati.

Omosessualità: definizione, storia e pregiudizi

L’omosessualità è un orientamento sessuale che comporta l’attrazione emozionale, romantica e/o sessuale verso individui dello stesso sesso.

Nonostante l’omosessualità non sia più classificata come una patologia, la nostra società continua a presentare sfide significative per la popolazione LGBT.

In questo articolo parleremo di come viene affrontato il tema dell’omosessualità ai nostri giorni.

Si nasce o si diventa omosessuale?

L’omosessualità è un aspetto complesso dell’identità umana che ha suscitato discussioni e ricerche nel corso dei decenni. La domanda se si nasca omosessuali o se si diventi tali è al centro di numerosi dibattiti. Mentre la scienza ha compiuto passi significativi nella comprensione dell’omosessualità, la risposta a questa domanda rimane tutt’altro che semplice.

Nonostante non esista un’unica spiegazione universale, gli studi scientifici hanno dimostrato che l’orientamento sessuale è influenzato da una combinazione di fattori genetici, ormonali e ambientali.
Differenze genetiche, variazioni nei processi biologici e influenze esterne determinano quindi l’orientamento sessuale e le sue diverse sfumature in modo unico per ciascun individuo.

Alcune persone possono avere chiare percezioni del proprio orientamento sessuale fin dall’infanzia, mentre altri possono attraversare periodi di esplorazione e incertezza prima di giungere a una piena comprensione di se stessi. 

La consapevolezza dell’orientamento sessuale può emergere anche in età adulta, a volte persino dopo esperienze di matrimonio e genitorialità con un partner eterosessuale. Questo processo spesso complesso è modellato da una serie di fattori, tra cui l’ambiente in cui una persona cresce e le influenze culturali.

Cosa comporta essere omosessuale?

Essere omosessuale può comportare sfide uniche dovute alla persistente mentalità eterosessista e omofobica che permea la società. 

Una mentalità che spesso si traduce in un’educazione che pregiudica l’omosessualità e promuove, fin dall’infanzia, l’orientamento sessuale eterosessuale come unico valido, rendendo difficile accettare la propria identità da parte di coloro che si riconoscono come omosessuali.

L’eterosessismo spesso genera un senso di diversità e disagio emotivo fin dall’adolescenza, spingendo molti individui verso l’isolamento sociale e ostacolando il processo di coming out.

Ricerche hanno dimostrato che i pregiudizi e la discriminazione contro l’omosessualità creano un ambiente sociale così stressante da favorire lo sviluppo di problemi psicologici, tra cui depressione, attacchi di panico e ansia generalizzata.
In effetti, studi scientifici hanno rivelato una prevalenza più alta di tali disturbi tra individui gay, lesbiche e bisessuali rispetto agli eterosessuali.

Durante il processo di crescita molte persone omosessuali possono sviluppare un’omofobia interiorizzata che scatena emozioni riluttanti nei confronti della propria omosessualità e di quella altrui, spingendo talvolta a respingere parti di se stessi quando queste non rispondono alle aspettative imposte dalle norme sociali prevalenti.

Questo fenomeno può innescare una serie di effetti negativi che influenzano profondamente la vita e il benessere psicofisico degli individui. 

Tra questi effetti, spiccano:

  • difficoltà a socializzare con altri omosessuali dichiarati in pubblico
  • necessità di differenziarsi dagli altri omosessuali, utilizzando spesso frasi come “io non sono come loro” in diversi contesti sociali
  • compromessa soddisfazione dell’intimità fisica ed emotiva
  • senso persistente di solitudine e alienazione, anche quando si è circondati da amici e familiari
  • forte senso di colpa
  • paura esagerata di essere scoperti

Omosessualità egodistonica. Cosa significa?

Le pressioni sociali e culturali spesso giocano un ruolo determinante nello sviluppo di complicati conflitti interni che portano l’individuo a non sentirsi  in sintonia con il proprio orientamento sessuale.

Si parla così di omosessualità egodistonica, fenomeno che si manifesta attraverso l’auto-rifiuto e una profonda avversione verso i propri impulsi erotici omosessuali.

Il riconoscimento dell’omosessualità egodistonica può non essere immediato e può manifestarsi attraverso comportamenti come la vergogna, lo stress persistente, il disagio nell’attrazione verso persone dello stesso sesso e il desiderio di conformarsi alle norme sociali. 

Essere omosessuali è una malattia per l’Oms?

Assolutamente no. L’omosessualità non è una malattia e nemmeno un disturbo mentale.
Non è però sempre stato così, perché in passato l’omosessualità veniva giudicata come una vera e propria patologia. Solo a partire dagli anni ’70 la comunità scientifica ha stabilito chiaramente che non c’è nulla di patologico nell’essere omosessuale.

Nel 1973, infatti,  l’American Psychiatric Association (APA) ha rimosso l’omosessualità dalla lista delle patologie incluse nel Manuale Diagnostico delle Malattie Mentali (DSM).

Questo cambiamento ha gradualmente influenzato tutta la comunità scientifica internazionale della salute mentale e nel 1990 anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha rimosso l’omosessualità dalla Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-10).

In passato numerosi psichiatri proponevano le cosiddette “terapie riparative”, ovvero trattamenti mirati a cambiare l’orientamento sessuale. Terapie, anche chiamate “di conversione”, che ad oggi vengono ancora praticate in alcuni centri religiosi con l’obiettivo di “convertire” gli omosessuali in eterosessuali, ma che ovviamente, non hanno alcun valore scientifico. 

È chiaro che non esiste alcuna cura per l’omosessualità, in quanto dal punto di vista scientifico l’omosessualità è considerata una “variante non patologica del comportamento sessuale”.

È un problema essere omosessuali in Italia?

Negli ultimi decenni il dibattito sull’omosessualità in Italia è evoluto notevolmente, spostandosi dalle sfere mediche e psichiatriche alle questioni sociali, religiose, governative e mediatiche.

Questo cambiamento, sebbene abbia eliminato la giustificazione scientifica per la discriminazione, non ha risolto completamente i problemi affrontati dalla comunità LGBT che continua ad affrontare sfide significative legate all’omofobia, tra stereotipi e pregiudizi legati al loro orientamento sessuale o identità di genere.

L’omofobia rimane infatti un problema serio in Italia. Nonostante la società italiana si stia dirigendo progressivamente verso una maggiore tolleranza e accettazione, ci sono ancora evidenti segni di discriminazione contro le persone LGBT, soprattutto per i più giovani spesso vittime di maltrattamenti familiari, caratterizzati da violenza verbale e fisica e tentativi di conversione.

Alcune statistiche allarmanti rivelano che:

  • Il 41,6% delle persone LGBT gestite da Gay Help Line subisce violenza omofobica in famiglia in seguito al coming out, e le vittime sono per il 31,6% giovani tra gli 11 e i 26 anni.
  • Nel 5,7% dei casi, il bullismo omofobico e omotransfobico ha favorito l’abbandono scolastico, compromettendo il futuro di molti ragazzi.
  • solo il 38% delle vittime di aggressione si è recato in pronto soccorso dopo aver riportato lesioni, principalmente a causa della paura di rivelare la loro identità omosessuale.

Questi dati evidenziano che l’Italia ha ancora un lungo cammino da percorrere per garantire piena uguaglianza e diritti alle persone omosessuali e risulta evidente la necessità di misure legislative più solide per proteggere gli individui dalla discriminazione.