Il bias cognitivo è una scorciatoia, poco efficace, della mente.
Si tratta di una distorsione sistematica del modo in cui le persone elaborano le informazioni e prendono decisioni, influenzata da fattori come emozioni, esperienze passate e aspettative, che può portare a giudizi irrazionali ed erronei.
Quali sono i meccanismi che sottostanno a questa distorsione? Quando possono innescarsi? In che modo è possibile superarli?
Che significa bias cognitivo?
Bias è un vocabolo inglese attestato intorno al 1520 con il significato di ‘linea inclinata, diagonale’, derivante dal francese biais. Il termine francese deriverebbe a sua volta dall’antico provenzale biais, le cui origini risalirebbero al greco epikársios, che indica qualcosa di inclinato o trasversale.
Originariamente il termine bias veniva usato nel gioco delle bocce per indicare delle palle con un peso maggiorato da un lato che le faceva deviare in senso obliquo. Da qui il moderno significato del termine, diffuso dalla seconda metà del 1500, che fa riferimento a un’inclinazione al pregiudizio.
I bias cognitivi possono essere definiti infatti come costrutti mentali, derivanti da percezioni errate, da cui emergono giudizi, credenze e decisioni rapide e automatizzate.
In che modo i bias cognitivi possono inficiare il processo decisionale?
I bias derivano dalle cosiddette euristiche, ovvero delle “scorciatoie mentali” che semplificano il processo decisionale. Le ricerche condotte sul tema dagli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky a partire dagli anni Settanta hanno dimostrato che gli individui tendono a prendere decisioni sfruttando un numero ridotto di euristiche anziché processi razionali elaborati, a causa delle limitate risorse cognitive a disposizione.
L’euristica cognitiva si fonda su un processo chiamato sostituzione dell’attributo, che porta a sostituire – in modo inconsapevole – un concetto complesso con una sua versione semplificata. Le euristiche permettono di estrapolare dati della realtà e trarne conclusioni rapide con un minimo sforzo cognitivo. Sono funzionali in molti aspetti del vivere quotidiano, ma possono causare distorsioni del giudizio. E proprio in quest’ultima circostanza danno origine a bias cognitivi.
I bias cognitivi sono infatti euristiche inefficaci e astratte, basate su informazioni apprese per sentito dire piuttosto che su esperienze dirette, senza consapevolezza critica. Possono influenzare in modo significativo il processo decisionale, poiché portano a percepire in modo alterato la realtà e a fare errori di valutazione.
Quando si usano i bias?
Le persone utilizzano i bias cognitivi in varie situazioni quotidiane, spesso senza rendersene conto. Questi schemi di pensiero automatici possono emergere in contesti complessi oppure quando per prendere decisioni rapide o sbloccare una eventuale impasse nella decisione si ricorre alle euristiche.
I bias vengono impiegati infatti quando ci si trova di fronte a informazioni incomplete o incerte, quando si ha mancanza di tempo o si devono elaborare grandi quantità di dati.
In questi casi, seppur in modo inconsapevole, si è portati a utilizzare questi pattern mentali, interpretando la realtà sulla base di convinzioni preesistenti o errate. Si finisce così con il fare delle scelte miopi o con il valutare in modo distorto lo stato delle cose, sia in contesti della vita personale sia in quella professionale.
È importante essere consapevoli di questi bias e delle situazioni in cui possono intervenire, per prendere decisioni più informate e razionali e imparare a scegliere con consapevolezza.
Quali sono i bias più comuni?
I bias cognitivi che filtrano il nostro modo di guardare e interpretare la realtà sono numerosi. Ecco alcuni dei più comuni.
Bias di ancoraggio
Il bias di ancoraggio si verifica quando una persona tende a fare stime o valutazioni basate su un valore iniziale, chiamato l’àncora, anche se quel valore è irrilevante o poco attendibile. Ad esempio, quando si fissa un prezzo su un oggetto in vendita, la percezione del suo valore può essere influenzata da quel prezzo iniziale, anche se è troppo alto o basso rispetto al suo reale valore di mercato.
Bias di conferma
Il bias di conferma, invece, è la tendenza a cercare, interpretare o ricordare informazioni in modo che confermino le proprie credenze o ipotesi preesistenti. Questo bias può spingere le persone a ignorare o scartare prove e opinioni che non sono in linea con le loro convinzioni, anche con il rischio di diventare incoerenti. Una persona che crede fermamente in una teoria scientifica, per esempio, può ignorare dati che la contraddicono e concentrarsi solo su quelli che la supportano.
Bias di gruppo
Questo tipo di pregiudizio, simile al bias di conferma, induce gli individui a esaltare il merito e le competenze del gruppo di appartenenza: a interpretare, per esempio, i successi del proprio gruppo come dirette conseguenze delle sue intrinseche virtù e a giudicare quelli di altri gruppi come dovuti a circostanze esterne e non dipendenti dalle abilità dei loro membri.
Bias di attribuzione
Un bias di attribuzione si manifesta quando si tende a spiegare il comportamento di qualcuno sulla base delle sue disposizioni personali e dei suoi tratti caratteriali piuttosto che in relazione al contesto.
Bias di rappresentatività
Il bias di rappresentatività porta a valutare eventi o situazioni confrontandoli con precedenti esperienze simili. Per esempio, una persona che ha avuto in passato interazioni negative con persone di uno specifico genere o nazionalità potrebbe sviluppare l’idea che tutti gli appartenenti a quella categoria condividano quegli stessi tratti negativi. Questa modalità distorta di ragionamento è spesso alimentata da pregiudizi e stereotipi, anziché da dati oggettivi.
Bias da correlazione illusoria
Si ha un bias da correlazione illusoria quando si vedono relazioni tra eventi in realtà casuali e indipendenti. Una manifestazione di questo bias si osserva nei giocatori d’azzardo, convinti di poter individuare schemi ricorsivi nelle distribuzioni casuali di numeri.
Bias di disponibilità
Il bias di disponibilità si verifica quando si valuta la probabilità di un evento basandosi sulla facilità con cui è possibile recuperare esempi o informazioni relative all’evento stesso.
Bias dell’illusione di frequenza
Questo bias si basa sul meccanismo del cervello che tende a concentrarsi sulle informazioni pertinenti ai propri interessi e a sovrastimare la frequenza di alcuni dati. Per esempio: dopo aver notato una cosa, si è portati a notarla sempre più spesso e ci si può convincere che essa avvenga con un’elevata frequenza.
Bias dello status quo
Il bias dello status quo rappresenta un pregiudizio che spinge a rifuggire ogni cambiamento o novità e a pensare che lo stato attuale delle cose sia il più auspicabile.
Bias della negatività
Il bias della negatività si manifesta quando si dà maggiore importanza alle esperienze negative che a quelle positive. Questo sbilanciamento cognitivo porta a enfatizzare fallimenti e circostanze infauste, e a trascurare invece i traguardi raggiunti.
Bias del pavone
Diversamente dal bias della negatività, il bias del pavone porta a esibire e condividere più volentieri i propri successi rispetto ai fallimenti, per cercare riconoscimento e stima da parte degli altri.
Bias dell’ottimismo
Questo tipo di bias spinge a guardare alla realtà e al futuro in modo ottimistico, spesso anche quando le evidenze non sono rosee.
Bias del presente
Nel bias del presente si prediligono le scelte che offrono una soddisfazione immediata, trascurando i benefici che potrebbero manifestarsi nel lungo periodo.
Bias di proiezione
Il bias di proiezione si verifica quando si assume che le opinioni, emozioni o comportamenti degli altri riflettano le proprie.
Bias di omissione
Si riferisce a quella predisposizione a scegliere di non agire (omissione) piuttosto che intraprendere un’azione, persino quando questo può causare conseguenze negative. Deriva spesso dalla paura di fare una scelta sbagliata.
Bias d’azione
Di segno opposto al bias di omissione, implica una predisposizione all’azione, anche nelle situazioni in cui non agire sarebbe più vantaggioso.
Bias di memoria
Il bias di memoria comprende quelle alterazioni della funzione mnemonica che incidono sulla capacità di memorizzare e processare informazioni passate. Porta a una rievocare e interpretare in modo soggettivo gli eventi vissuti, per esempio a omettere dettagli rilevanti di un evento oppure a creare falsi ricordi, ossia ricordare cose mai realmente accadute.
Media bias
Si tratta dell’insieme di pregiudizi indotti nelle persone dai media e dal loro particolare stile narrativo: la selezione di alcune notizie e l’esclusione di altre; il racconto in chiave negativa di una data realtà sociale, politica o religiosa; la tendenza ad amplificare o, al contrario, a minimizzare alcuni eventi o dinamiche, ecc.
Quali sono i bias cognitivi al lavoro?
I bias cognitivi emergono anche nel contesto lavorativo, influenzando le decisioni e le interazioni quotidiane. Un esempio evidente è l’effetto Pigmalione, secondo il quale le aspettative del manager influenzano le prestazioni del dipendente. Un manager che valuta negativamente le capacità di un collaboratore sarà propenso a trattarlo diversamente dagli altri. Così facendo, con il tempo, potrebbe indurlo a interiorizzare quel giudizio e ad avere prestazioni inferiori, confermando quel pregiudizio iniziale. Questo ciclo negativo può essere evitato solo se i manager sono consapevoli di questo fenomeno e trattano tutti i dipendenti in modo equo.
Rappresenta un bias cognitivo, nel settore delle vendite, l’halo effect, per cui le prime impressioni giocano un ruolo imprescindibile. Se, nell’interagire per la prima volta con un venditore, un cliente forma un’iniziale opinione negativa, questa impressione influenzerà tutti i futuri contatti tra i due. Sarà difficile per il venditore cambiare quella percezione.
Nel lavoro così come in molti altri ambiti della vita quotidiana, la diversità di genere è un terreno fertile per i bias. Gli stereotipi di genere possono influenzare le decisioni di assunzione, promozione e valutazione dei risultati. Combattere i bias richiede dunque un impegno costante per promuovere la parità di opportunità e sensibilizzare le persone su questo argomento.
Come superare i bias cognitivi?
Per superare i bias cognitivi, è essenziale innanzitutto praticare la consapevolezza: riconoscere che tutti sono suscettibili a queste distorsioni del pensiero aiuta a essere più vigili nel processo decisionale. Diventare consapevoli implica anche una formazione continua sull’argomento, capace di diffondere la conoscenza sui diversi tipi di bias e sulle strategie per affrontarli.
Sviluppare una mentalità aperta e flessibile è poi indispensabile: per contrastare i bias, bisogna essere disposti a esaminare le cose da punti di vista diversi e ad accettare l’incertezza invece che tentare sempre di schivarla.
L’approccio critico è un altro punto fermo. Imparare a valutare le fonti di informazione, riconoscere i propri limiti cognitivi e prendere decisioni basate su prove concrete sono tutti modi per ridurre l’influenza dei bias. In questo senso, può aiutare l’uso di procedure decisionali strutturate, come l’analisi decisionale multi-criterio o la revisione delle decisioni da parte di team diversificati, specie in ambito lavorativo.
Infine, confrontarsi con un consulente esterno, come uno psicoterapeuta, può fornire prospettive e critiche costruttive, aiutando a maturare una propria visione e a prendere decisioni più oggettive e consapevoli.
(26 Settembre 2024)