Ogni persona può sperimentare la rabbia, tuttavia quando non si è in grado di tenere sotto controllo il nervosismo, la gestione della rabbia, o l’anger management, diventa necessaria.
L’incapacità di gestire la rabbia può incidere negativamente sulla qualità della vita, risulta quindi fondamentale conoscerne le manifestazioni e sapere a chi rivolgersi per affrontare e risolvere sul nascere ogni problematica. In questa ottica, anche un adeguato percorso terapeutico può essere risolutivo.
Ne parla la dottoressa Bianca Rapini, psicologa e psicoterapeuta di Santagostino Psiche.
Cosa si intende con anger management?
Il termine anger management si riferisce a un particolare tipo di intervento psicologico che si concentra sulla gestione e il controllo della rabbia. L’obiettivo principale dell’anger management è quello di aiutare le persone a riconoscere i segnali fisici e mentali della rabbia, in prima battuta, e ad apprendere quindi delle tecniche di regolazione emotiva.
La rabbia è un’emozione di base – fu individuata da Ekman già nel 1979 – ed è quindi estremamente utile per l’uomo. In origine la sua funzione era prettamente difensiva, permetteva agli esseri umani di difendersi e sopravvivere nel territorio in cui vivevano.
La rabbia è un’emozione universale, che appartiene agli esseri umani, e non solo, a prescindere dall’età, dall’etnia e dalla cultura di appartenenza.
Questa emozione può essere espressa in modo sano e costruttivo. Quando invece l’individuo non riesce a gestirla in modo efficace o perde totalmente il controllo, ne possono conseguire problemi relazionali e comportamenti distruttivi. Inoltre l’incapacità di gestione della rabbia può essere un elemento che svolge un ruolo non secondario nello sviluppo di specifiche patologie. L’anger management si rivolge proprio alle persone che hanno difficoltà ad esprimere l’ira in modo adeguato, causando problemi a sé stessi o agli altri.
A volte, nell’incapacità di gestione della rabbia, può nascondersi una vera e propria patologia, come nel caso del disturbo esplosivo intermittente. E in simili casi potrebbe essere essenziale rivolgersi ad un professionista della salute mentale.
Cosa vuol dire l’espressione anger issues?
L’espressione anger issues in psicologia si riferisce alla condizione in cui la persona ha difficoltà a gestire e controllare la rabbia in modo sano e adeguato. Le persone con anger issues possono manifestare una serie di sintomi tra cui:
- veri e propri scatti di rabbia intensi
- impulsività
- perdita di controllo
- comportamenti aggressivi.
A cosa sono dovuti i problemi di rabbia?
I fattori scatenanti, così come le cause di origine, sono molteplici. Proviamo a riassumere alcuni di questi fattori evidenziati dalla ricerca negli ultimi anni:
- esperienze traumatiche o stressanti. Esperienze negative o traumatiche come abusi, negligenza o violenza possono contribuire allo sviluppo di problemi di rabbia
- disfunzioni neuropsicologiche. Alcune disfunzioni nel cervello, come l’alterazione del funzionamento delle aree responsabili della regolazione delle emozioni e dell’inibizione comportamentale, possono essere associate all’insorgenza di questi problemi
- stili di apprendimento. Modelli negativi di apprendimento emotivo possono portare a problemi di rabbia. Ad esempio, una persona cresciuta in un contesto familiare in cui l’espressione di rabbia e il comportamento aggressivo venivano ritenuti accettabili o efficaci potrebbe essere più incline a sviluppare anger issues
- problemi di salute mentale. Patologie come il disturbo oppositivo-provocatorio (DOP), il disturbo esplosivo intermittente o il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) possono contribuire alla comparsa di anger issues.
Come capire se si ha un problema con la rabbia?
Alcuni segnali potrebbero rappresentare un campanello d’allarme al quale prestare attenzione. Tra questi ci sono i frequenti episodi di ira, caratterizzati dalla propensione all’esplosione emotiva incontrollata,oppure la tendenza a lamentarsi frequentemente di situazioni che non si sviluppano come desiderato. Vanno anche indicati livelli elevati di stress cronico o ansia e il presentare pensieri negativi o autocritici in modo ricorrente.
Esistono inoltre alcuni strumenti che possono aiutare il professionista a identificare i sintomi di questo disturbo. Ad esempio:
- escalation checklist. Questo strumento può essere utilizzato per valutare l’intensità dell’ira e la progressione del comportamento aggressivo
- anger inventory, un questionario che valuta l’esperienza e il vissuto di rabbia e l’intensità con cui viene sperimentata
- Novaco Anger Scale e State-Trait Anger Expression Inventory, utilizzati per valutare la presenza e l’intensità della rabbia
- Brief Anger-Aggression Questionnaire (BAQ), che valuta la tendenza di una persona a reagire con aggressività in situazioni di provocazione.
Cosa fare se hai problemi di rabbia?
Il protocollo di Anger Management sviluppato da Di Giuseppe, Brondolo e Tafrate (1997) offre una ottima esemplificazione su come gestire la rabbia. La terapia inizia stabilendo un’alleanza terapeutica solida. Poiché la rabbia potrebbe compromettere l’empatia iniziale, questa prima fase è fondamentale ed imprescindibile per il trattamento stesso.
È indispensabile, poi, validare le emozioni dei pazienti arrabbiati, per favorire l’alleanza terapeutica e favorire una discussione positiva delle esperienze settimanali.
Segue l’analisi dei trigger, che mira a identificare e valutare gli stimoli scatenanti, con una comprensione più approfondita delle situazioni che innescano la rabbia. La fase successiva si focalizza sui valori, e utilizza la ristrutturazione cognitiva per identificare schemi che influenzano la risposta alla rabbia. Il terapeuta, in questo frangente, incoraggia il rafforzamento del controllo emotivo senza compromettere i valori personali. La riduzione dell’eccitazione fisiologica, step successivo, prevede esercizi di rilassamento, inizialmente con la respirazione addominale.
L’esposizione è il momento centrale del protocollo: i pazienti sono esposti a provocazioni prolungate per mitigare la risposta emotiva. Durante l’esposizione, vanno forniti supporto e feedback positivi, incoraggiando la riflessione prima di ogni risposta impulsiva.
Il consolidamento del supporto conclude questo protocollo, e prevede un allenamento all’ascolto attivo e all’assertività. L’ascolto attivo è esteso anche a familiari o membri del gruppo per fornire ulteriore supporto.
Parte integrante del protocollo Di Giuseppe, Brondolo e Tafrate è l’assesment dello stato mentale dei pazienti, in particolare nei casi di psicosi o abuso di sostanze.
Approccio CBT e ACT
Uno degli approcci più utilizzati è poi la terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Questo tipo di terapia si concentra sullo sviluppo di abilità di gestione della rabbia, sul riconoscimento dei pensieri distorti o negativi che possono alimentare la rabbia e sull’apprendimento di strategie di risoluzione dei conflitti. Può essere utilizzata sia in terapia individuale che di gruppo.
Altri approcci terapeutici includono la mindfulness e la terapia della rabbia basata sulla accettazione e impegno (ACT). La terapia basata sulla consapevolezza può aiutare a sviluppare una maggiore consapevolezza degli stati emotivi e una loro gestione più sana. La terapia ACT si concentra sulla valutazione dei valori personali e sull’impegno a vivere in armonia con essi nonostante la presenza della rabbia.
(4 Gennaio 2024)