Gli antidepressivi rappresentano una classe di farmaci, dai diversi principi attivi e differenti tipi di azione, che vengono utilizzati per il trattamento della depressione e dei disturbi depressivi.
Dal momento che un farmaco antidepressivo, oltre ad aiutare il trattamento di diverse condizioni, può causare effetti avversi, può entrare in interazione con altri farmaci e richiede comunque diverse settimane prima che i suoi effetti positivi siano evidenti, è bene che l’assunzione di tali farmaci avvenga sotto la stretta indicazione dello psichiatra.
Il dottor Cipriani, psichiatra e psicoterapeuta del Santagostino, spiega quali sono i principali tipi di antidepressivi, in quali circostanze vanno assunti. Indica poi cosa fanno e come si possono verificare eventuali effetti collaterali.
Cosa sono gli antidepressivi?
Gli antidepressivi sono psicofarmaci, costituiti da diverse famiglie di molecole, il cui scopo è il trattamento di diverse condizioni quali disturbi depressivi, i disturbi d’ansia e il disturbo ossessivo-compulsivo.
Questi farmaci agiscono sui neurotrasmettitori nel cervello. Molti sintomi della depressione sono correlati a squilibri o alterazioni funzionali della serotonina, noradrenalina, dopamina e altri neurotrasmettitori. Gli antidepressivi mirano a ristabilire questi equilibri, influenzando i sistemi di ricaptazione, degradazione o legame di queste sostanze.
Nonostante la terminologia comune di “antidepressivi”, in realtà si tratta di farmaci d’elezione nel trattamento a medio e lungo termine dei disturbi di ansia, al contrario degli ansiolitici (benzodiazepine), che invece andrebbero riservati a un utilizzo temporaneo di 4, 8 settimane al massimo.
Gli antidepressivi sono farmaci privi di potenziale di dipendenza o assuefazione e hanno la funzione di aumentare sia il livello di resilienza a situazioni stressanti, sia di migliorare alcune dimensioni psicopatologiche spesso presenti nei disturbi ansioso-depressivi, quali anedonia o ritiro sociale o insonnia, in alcuni casi.
Cosa fanno gli antidepressivi?
Il meccanismo d’azione degli antidepressivi differisce notevolmente in base alla molecola utilizzata. In generale, si tratta di molecole progettate per migliorare il funzionamento dei neurotrasmettitori implicati nella sfera affettiva, tra cui serotonina, noradrenalina e, a volte, dopamina.
In seguito a predisposizione biologica e, talvolta, a situazioni vissute in modo particolarmente traumatico, il funzionamento di alcuni network cerebrali, in parte modulati da questi neurotrasmettitori, può essere compromesso. Questo può determinare l’insorgenza di disturbi dell’umore o di ansia.
L’effetto di inibizione della ricaptazione della serotonina è stato da molto tempo ritenuto uno degli effetti chiave di questi farmaci, ma nel 2022 è stata completata una revisione della letteratura scientifica molto ampia che ha fatto emergere come, in realtà, non vi sia alcuna evidenza che gli individui affetti da depressione abbiano ridotti livelli di serotonina o alterazioni del suo sistema recettoriale.
Tuttavia, non vi è dubbio sull’efficacia degli antidepressivi. Questo dipende probabilmente dal fatto che oltre all’inibizione della ricaptazione della serotonina, gli effetti degli antidepressivi sono molto complessi e coinvolgono l’attivazione di numerosi fattori trascrizionali che, a livello del nostro DNA, portano a:
- creazione di nuovi collegamenti tra neuroni, neurosinaptogenesi
- riduzione della atrofia neuronale
- miglioramento del microbiota intestinale.
Che effetti fanno gli antidepressivi?
L’effetto ottenuto in seguito a somministrazione di antidepressivi dipende dalla molecola utilizzata. In linea generale, questi farmaci, quando correttamente utilizzati:
- migliorano la resilienza individuale, ovvero la capacità di tollerare e gestire alcune situazioni ambientali o interne
- aumentano la capacità di progettazione
- riducono la componente ansiosa
- aumentano l’energia vitale, per affrontare le situazioni quotidiane e i progetti di vita.
Quali sono gli antidepressivi?
Gli antidepressivi si differenziano in:
- SSRI, inibitori della ricaptazione della serotonina, tra cui escitalopram, paroxetina, fluoxetina
- SNRI, inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina, come venlafaxina e duloxetina
- DRI, inibitori della ricaptazione della dopamina
- Multimodali, trazodone e vortioxetina
- Triciclici, clomipramina, amitriptilina, ad esempio
- IMAO, inibitori delle monoamminaossidasi
- Antagonisti del recettore NMDA: esketamina e memantina.
All’interno della stessa sottofamiglia, queste molecole si differenziano enormemente in base al loro specifico profilo farmacodinamico, variabile a seconda dei recettori verso i quali mostrano maggiore affinità.
Quali sono gli antidepressivi più efficaci?
I triciclici e gli IMAO fanno parte di una famiglia significativamente più potente di farmaci, che però trovano una limitazione per la minore tollerabilità. Da linee guida internazionali, quindi, si inizia una terapia antidepressiva con farmaci maggiormente tollerabili, per poi passare eventualmente ad altre molecole più potenti, qualora la prima o la seconda scelta non dovesse funzionare.
Va poi considerato come altre classi di molecole, appartenenti alla famiglia degli antipsicotici atipici oppure degli stabilizzatori dell’umore, presentano, a certe dosi e per certi farmaci, uno spiccato effetto antidepressivo o ansiolitico. E spesso vengono affiancati con successo a una terapia con antidepressivo.
Quando è necessario prendere gli antidepressivi?
Gli antidepressivi sono farmaci da assumere quando la condizione di ansia, depressione o sintomatologia ossessiva sono tali da compromettere il funzionamento sociale, lavorativo o personale dell’individuo.
Ogni scelta farmacologica deve sempre essere orientata dai lavori scientifici che sono stati effettuati in precedenza. Da alcuni studi, è emerso che l’antidepressivo è un farmaco efficace per i suddetti disturbi, senza indurre dipendenza o assuefazione. La psicoterapia e la farmacoterapia hanno entrambe dimostrato un’efficacia in queste condizioni, ma le due strategie combinate portano a una efficacia maggiore.
Esistono antidepressivi naturali?
Sì, esistono degli antidepressivi naturali, basti pensare all’iperico, spesso utilizzato tra le popolazioni teutoniche. È necessario però ricordare che l’utilizzo di fitoterapici spesso è sostenuto da un’evidenza scientifica inferiore e, soprattutto, può presentare significative interazioni, nel caso di politerapia, ed è gravato da un metabolismo epatico molto più impegnativo e meno prevedibile rispetto alla terapia farmacologica.
L’utilizzo di fitoterapici a dosi efficaci non deve trarre in inganno apparendo una scelta più “soft” in quanto si tratta di preparati che non seguono gli stessi protocolli di purezza e prevedibilità dei farmaci e che molto spesso hanno una quantità di interazioni che ne sconsigliano l’utilizzo rispetto a un farmaco approvato.
Come si sceglie l’antidepressivo più adatto a un paziente?
La scelta dell’antidepressivo specifico per una persona, quindi in qualche modo la personalizzazione della cura, a livelli molto basilari si basa proprio sulla valutazione delle collateralità del determinato farmaco.
Fermo restando la necessità di iniziare da molecole più tollerabili (SSRI e SNRI), in base alla sintomatologia del paziente si può aderire il più possibile alla sintomatologia riportata. Per spiegare meglio il concetto, si può fare l’esempio dell’insonnia.
Se un paziente ha problemi a prendere sonno, può avere senso optare per un antidepressivo che vada ad agire anche sull’istamina, o che sia un anticolinergico o un antiadrenergico. Se invece è presente astenia e ipersonnia, forse sarebbe meglio evitare questo tipo di profilo farmacologico, anche se in realtà si è sempre all’interno della stessa sottofamiglia di antidepressivi.
Per questo, nella scelta della terapia farmacologica, è sempre fondamentale avere ben presenti i sintomi riportati dal paziente e il profilo farmacodinamico e farmacocinetico della molecola che si vuole scegliere.
Come capire se si ha bisogno di psicofarmaci?
Parlare di psicofarmaci è come trattare di un mare magnum di molecole con azioni e collateralità totalmente differenti, quindi non bisogna generalizzare.
Cercando di semplificare la risposta, lo psicofarmaco è utile, spesso affiancato ma non sostitutivo della psicoterapia, quando il disagio psicologico è tale da impedirci di affrontare le normali situazioni di vita, sia esse sentimentali, lavorative o sociali, o anche solo individuali.
Una buona farmacoterapia non causerà mai dipendenza o assuefazione e, anche se con il tempo dovesse smettere di funzionare (effetto drop-out) sarà sufficiente modificare la strategia terapeutica.
Che effetti collaterali hanno gli antidepressivi?
Tralasciando i possibili effetti avversi iniziali, come nausea, tremori, giramenti di testa, che si risolvono solitamente in pochi giorni, possono essere presenti anche effetti collaterali a medio o lungo termine che dipendono dalla molecola scelta.
Un’attenta scelta iniziale dell’antidepressivo può evitare che si verifichino gli effetti più temuti, come l’aumento del peso, sedazione etc.; ma non può comunque scongiurare che possano verificarsi altre situazioni come ad esempio: anorgasmia ed eiaculazione ritardata. Risulta quindi fondamentale che la scelta del farmaco sia effettuata in base alle caratteristiche:
- emerse in anamnesi: familiarità e precedenti assunzioni
- dovute alla situazione: stati di gravidanza o di sovrappeso oppure obesità
- legate all’età del paziente: c’è una importante differenza nella risposta e nell’adeguatezza del farmaco nell’adolescenza, nell’età adulta o nella senescenza, e in base al sesso.
Come possono essere gestiti?
Alcuni effetti collaterali dei depressivi possono essere gestiti cambiando il farmaco. Per quanto riguarda, invece, i rari effetti collaterali che non possono essere evitati nemmeno con il cambio di molecola, allora queste possono essere minimizzate interpellando figure quali l’endocrinologo o il medico internista.
Bisogna sempre tenere conto che, così come quando si è affetti da ipertensione, disturbi della tiroide, o altre condizioni mediche, l’alternativa all’assunzione della terapia non è stare bene ma è comunque vivere in una condizione di disagio. Per questo è sempre fondamentale soppesare i rischi e benefici di quanto si va ad assumere.
(2 Maggio 2024)