Schizofrenia: che cos’è e come trattarla

La schizofrenia è una patologia psichiatrica in grado di compromettere la percezione di sé, la sfera emotiva e le interazioni sociali della persona che ne soffre. Vediamo di cosa si tratta.

Schizofrenia: che cos’è e come trattarla

La schizofrenia è una forma di psicosi cronica, caratterizzata da alterazioni del pensiero, delle emozioni e del comportamento.

I sintomi causati da questa condizione spaziano dalla psicosi alle allucinazioni, e possono prevedere l’insorgenza di deliri. Non sono ancora note delle cause certe e univoche, e certamente non va trascurata una componente genetica.

Il trattamento farmacologico, che comunque non è esente da effetti collaterali, è affiancato e corroborato da una terapia familiare.

Che cos’è la schizofrenia?

La schizofrenia è un disturbo mentale particolarmente grave. Il significato del termine viene dalle due parole greche schizein e phren che possono essere tradotte con scissione della mente.

La schizofrenia si caratterizza per diversi sintomi, ma gli aspetti principali sono:

  • psicosi, ovvero una perdita di contatto con la realtà
  • allucinazioni solitamente uditive
  • deliri, definibili come false e radicate convinzioni slegate dalla realtà.

Il linguaggio e il comportamento del soggetto schizofrenico appaiono disorganizzati e anomali, le manifestazioni emotive sono ridotte, così come ridotta è la motivazione. Il soggetto schizofrenico mostra anche deficit cognitivi e una compromissione delle funzioni occupazionali e sociali.

Stando ai numeri pubblicati dall’Istituto superiore di sanità, i parenti di primo grado di pazienti schizofrenici, infatti, avrebbero il 6,5% circa di sviluppare la malattia, contro una percentuale inferiore all’1% della popolazione generale. La diagnosi e il trattamento precoci sono fondamentali per il miglioramento del benessere a lungo termine.

Classificazione

In passato, la classificazione più consolidata divideva la schizofrenia in quattro varianti principali: catatonica, ebefrenica (o disorganizzata), paranoide e semplice. Con l’avanzamento delle linee guida diagnostiche, il DSM ha ampliato questa suddivisione a cinque sottotipi, mentre l’ICD-10, standard internazionale dell’Organizzazione mondiale della sanità, ne individua sette.

 I cinque sottotipi, secondo il DSM-5, sono:

  • catatonico: caratterizzata da significativi disturbi nel comportamento psicomotorio, che possono manifestarsi con immobilità (stupore catatonico) o strane posture mantenute a lungo.
  • disorganizzato (o ebefrenico): evidenzia una netta diminuzione dell’espressione emotiva e della capacità organizzativa del pensiero, spesso accompagnata da comportamenti inappropriati
  • paranoide: si distingue per la prevalenza di deliri e allucinazioni persistenti, spesso con un tema persecutorio o di grandiosità, senza una marcata disorganizzazione del pensiero o del comportamento. Si evidenzia un’affettività appiattita. Solitamente esordisce in modo improvviso.
  • residuo: questa variante incapsula quei casi in cui i sintomi psicotici (non paranoici) si presentano in forma attenuata, in presenza, invece, di sintomi negativi più evidenti, spesso seguenti ad altre manifestazioni psichiatriche maggiori.
  • indifferenziato: qui convergono i quadri clinici che presentano sintomi psicotici positivi senza rientrare nettamente nelle categorie sopra menzionate.

Tuttavia, l’approccio più recente del DSM-5, introdotto nel 2013, non suddivide più la schizofrenia in sottotipi. Invece, la patologia è inserita all’interno di un più ampio spettro che comprende vari disturbi, tra cui: 

Questo approccio punta a una visione più integrata e comprensiva delle diverse manifestazioni psicotiche.

Quali sono i sintomi della schizofrenia?

I sintomi della schizofrenia possono essere divisi in quattro gruppi:

  • positivi, traducibili in un comportamento anomalo della persona e spesso disconnesso dalla realtà. Tipici sintomi positivi sono allucinazioni, che possono interessare tutti i sensi, e deliri
  • negativi, che possono comparire già prima della manifestazione vera e propria della malattia nella sua forma acuta. Consistono in una progressiva perdita di interesse e apatia verso tutto ciò che lo circonda. Tra i sintomi negativi si indicano la perdita di interesse per l’igiene personale, i rapporti sociali, oltre a una perdita di capacità decisionali e di concentrazione
  • disorganizzati. Questa tipologia di manifestazioni può essere considerata una particolare espressione di sintomi positivi, che consistono solitamente in comportamenti bizzarri e disturbi del pensiero. Si possono citare comportamenti infantili, agitazione o catatonia, inadeguatezza dell’aspetto a livello di condotta e igiene
  • deficit cognitivi. Le persone con schizofrenia possono soffrire una compromissione di memoria, della capacità di problem solving, nella velocità di elaborazione del pensiero e di elaborazione del pensiero astratto.

Sintomi iniziali

Durante la fase iniziale, gli individui possono non presentare sintomi evidenti o mostrare solo:

  • leggere difficoltà nelle interazioni sociali
  • leggera confusione mentale o percezioni alterate
  • una ridotta capacità di provare piacere (anedonia
  • altri problemi nella gestione generale. 

Questi segni possono essere appena percettibili o più evidenti, influenzando la capacità di socializzare, studiare o lavorare. Nella fase immediatamente successiva alla fase iniziale, possono emergere sintomi subclinici come:

  • ritiro sociale
  • isolamento
  • irritabilità 
  • sospettosità
  • pensieri bizzarri
  • percezioni distorte
  • disorganizzazione mentale. 

L’inizio della schizofrenia, caratterizzato da deliri e allucinazioni, può essere repentino (in pochi giorni o settimane) oppure graduale e insidioso (nel corso di diversi anni).

Cosa fa una persona schizofrenica?

Una persona affetta da schizofrenia può avere la convinzione che le altre persone stiano complottando per arrecargli danni, o può essere persuaso che le altre persone possano leggergli i pensieri.

È possibile che parli producendo frasi e, più in generale, discorsi che non abbiano alcun senso. Inoltre, ha la capacità di starsene seduto per un lungo arco di tempo senza pronunciare alcune parole né fare alcun movimento.

Chi soffre di disturbi psicotici come la schizofrenia spesso non è consapevole della propria condizione. Le allucinazioni e i deliri, per definizione, non vengono riconosciuti come tali dalla persona che li vive. Questa mancanza di consapevolezza rende difficile intervenire, dal momento che il paziente non sente il bisogno di ricevere aiuto. Spesso, i familiari o coloro che cercano di aiutarlo vengono visti come nemici e diventano oggetto dei deliri stessi.

A cosa è dovuta la schizofrenia? Cause e fattori di rischio

Le cause della schizofrenia sono tutt’oggi ancora incerte. Tuttavia, è condivisa dalla maggior parte degli esperti la convinzione che alla base di questa condizione psichiatrica ci sia una molteplicità di fattori concomitanti e non una causa univoca.

Tra i fattori di rischio e i meccanismi associati alla schizofrenia si possono indicare innanzitutto alterazioni nella struttura cerebrale, ovvero delle modifiche nella struttura cerebrale di individui affetti da schizofrenia, come l’aumento di volume dei ventricoli cerebrali, l’assottigliamento della corteccia e la diminuzione di alcune regioni cerebrali quali l’ippocampo anteriore.

Si segnalano poi variazioni neurochimiche. Sono infatti state associate alla schizofrenia sia l’attività alterata nei marker della dopamina che le trasmissioni del glutammato. Si tratta di neurotrasmettitori che contribuiscono alla regolazione dell’umore e delle funzioni cognitive. Recenti scoperte indicano un ruolo significativo dei fattori genetici nella schizofrenia. Individui con un parente di primo grado affetto da schizofrenia hanno un rischio più elevato di sviluppare il disturbo rispetto alla popolazione generale.

La schizofrenia è raro che si manifesti nell’infanzia, esistono tuttavia delle vulnerabilità dell’età dello sviluppo come predisposizione genetica, complicazioni intrauterine, infezioni virali del sistema nervoso centrale e trauma infantile, che possono influenzare l’insorgenza della malattia in età adulta.

Chi è a rischio schizofrenia?

La schizofrenia può colpire persone di tutte le età, ma ci sono alcuni fattori che possono aumentare il rischio di sviluppare questa malattia. Fattori genetici, ambientali e di stile di vita possono giocare un ruolo importante nell’aumentare il rischio di soffrire di questo disturbo. 

Ad esempio, avere un parente di primo grado (come un genitore o un fratello) affetto da schizofrenia aumenta significativamente il rischio di sviluppare la malattia.

Eventi stressanti, sia di natura farmacologica che sociale, come ad esempio, l’uso di sostanze come la marijuana o eventi come la perdita di lavoro possono contribuire all’esordio o alla recidiva dei sintomi.

Anche complicanze o eventi avversi al momento del parto possono comportare conseguenze patologiche a lungo termine sul cervello, come ad esempio un parto prematuro o il ridotto afflusso di ossigeno al cervello.

In che modo si svolge la diagnosi?

Per l’accertamento della sindrome schizofrenica, secondo il DSM-5, il soggetto deve soffrire di almeno due dei seguenti disturbi provocati dalla patologia:

  • allucinazioni
  • deliri
  • disturbi del linguaggio e del pensiero
  • disturbi motori.

Queste manifestazioni, inoltre, dovrebbero essere presenti per un periodo di almeno sei mesi consecutivi e impattare negativamente sulla quotidianità del paziente: studio, lavoro o attività di routine.

La diagnosi di schizofrenia avviene anche per esclusione, in quanto bisogna accertare che i sintomi non siano associabili ad altri disturbi simili come il disturbo schizoaffettivo, che ha una classificazione a sé, o il disturbo bipolare.

Lo specialista potrebbe, inoltre, richiedere una serie di esami strumentali (risonanza magnetica cerebrale o TAC) o di laboratorio (esami del sangue o delle urine) per escludere cause organiche dal ventaglio di ragioni che possono determinare certe manifestazioni cliniche.

Schizofrenia e suicidio

Il rischio suicidario rappresenta una preoccupante complicanza per le persone affette da schizofrenia. Gli studi indicano che individui con schizofrenia hanno una significativa probabilità di attuare tentativi di suicidio, ed è importante evidenziare che circa il 20% dei pazienti tenta il suicidio almeno una volta nel corso della vita. 

Questi presentano inoltre una notevole ideazione suicidaria, il che sottolinea l’urgenza del riconoscimento e dell’intervento tempestivo in questi casi.

I fattori di rischio associati al comportamento suicidario in pazienti con schizofrenia includono l’uso di sostanze e la presenza di sintomi depressivi. Anche alcune caratteristiche della malattia, come allucinazioni intense o convinzioni deliranti di essere perseguitati o puniti, possono incrementare il rischio. 

La comprensione e l’identificazione di questi fattori sono essenziali per lo sviluppo di strategie preventive, incentrate sulla gestione della sintomatologia del paziente e sull’offerta di un supporto psicosociale adeguato.

La valutazione del rischio suicidario dovrebbe quindi rientrare nella prassi clinica per i pazienti con schizofrenia, integrando interventi mirati alla riduzione di tali rischi. Questo include l’impiego di terapie farmacologiche e psicoterapeutiche per affrontare non solo i sintomi psicotici ma anche la comorbidità con disturbi dell’umore, problemi di abuso di sostanze, e possibili fattori stressanti psicosociali.

Come si cura la schizofrenia?

Il trattamento della schizofrenia, a oggi, consiste nella cura o nell’attenuazione delle principali manifestazioni sintomatologiche della malattia. Solitamente ciò avviene attraverso la somministrazione di farmaci antipsicotici, abbinata a percorsi psicoterapeutici e di riabilitazione, finalizzati a far riacquisire al paziente le capacità relazionali e sociali perse a causa della patologia.

Terapia farmacologica

Per quanto riguarda la terapia farmacologica, sia per il trattamento della fase acuta della schizofrenia sia per il mantenimento successivo, vengono utilizzati antipsicotici di prima e seconda generazione. La differenza sta nel fatto che questi ultimi garantiscono una migliore tollerabilità da parte del paziente e maggiore efficacia.

In alcuni casi, la terapia farmacologica può prevedere la somministrazione di antipsicotici in combinazione con ansiolitici o antidepressivi. L’importante è attenersi scrupolosamente alle prescrizioni dello specialista.

Psicoterapia

Nel trattamento della schizofrenia è fondamentale, come anticipato, abbinare alla terapia farmacologica dei percorsi di psicoterapia. Tra le principali strategie di intervento, in questo senso, si possono citare: 

  • la psicoterapia 
  • addestramento alla riacquisizione di capacità sociali
  • lavoro psicologico sulla gestione dello stress e dei comportamenti problematici
  • psicoterapia familiare, con partecipazione di membri chiave, in grado di riconoscere tempestivamente eventuali segnali di ricadute.

Gli interventi di tipo psicoterapeutico prevedono anche programmi di inserimento sia nella società in generale sia nel mondo del lavoro in forme protette. È molto importante non interrompere le cure a fronte di effetti indesiderati o un generale senso di sfiducia, per diminuire il rischio di eventuali ricadute.