La violenza ostetrica è un tipo di abuso fisico, emotivo o verbale nei confronti delle donne durante gravidanza, parto o post-partum. Si manifesta attraverso pratiche mediche coercitive, non consensuali o umilianti.
Questo tipo di violenza può assumere diverse forme, e comprende tutte le pratiche che non sono giustificate da effettive necessità cliniche, come:
- comportamenti denigratori
- manovre rischiose sull’addome
- lunghe attese in reparto senza assistenza
- mancanza di terapie adeguate per il dolore
- esecuzione di cesarei senza consenso
- interventi chirurgici non necessari.
Scopriamo insieme di cosa si tratta e come fare per far valere i propri diritti.
Cosa si intende per violenza ostetrica?
La violenza ostetrica consiste in pratiche violente, talvolta sessiste, avvenute nell’ambito di consultazioni mediche o del parto. È così definita dalla Risoluzione n. 2306/2019, adottata dal Consiglio d’Europa nel 2019. La stessa risoluzione la classifica inoltre come una forma di violenza di genere, spesso difficile da denunciare, che a lungo è rimasta nascosta e/o ignorate.
Un’indagine commissionata dall’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia (OVOItalia) ha rilevato che il 21% delle madri italiane, su un campione di 1 milione di donne nel corso di 14 anni, ha subito violenza ostetrica.
Ulteriori dati evidenziano che il 41% delle donne che hanno partorito ha vissuto un’assistenza al parto considerata lesiva della propria dignità e integrità psicofisica. Per oltre la metà delle mamme intervistate (54%) la principale esperienza negativa in sala parto è legata alla pratica dell’episiostomia, una procedura chirurgica che prevede un taglio controllato nella regione perineale per facilitare l’uscita del bambino o evitare strappi non controllati dei tessuti durante la nascita.
In particolare, è la questione del consenso informato ad emergere come problematica. Il 61% delle donne sottoposte a episiotomia afferma di non aver mai firmato un consenso informato. La ricerca sottolinea la necessità di affrontare e prevenire la violenza ostetrica e ginecologica, promuovendo la consapevolezza e garantendo il rispetto dei diritti umani durante il parto e il percorso della maternità.
Quali sono le violenze in ambito ostetrico? Esempi
Tra le forme più comuni di violenza ostetrica e ginecologica denunciate rientrano:
Forme di violenza ostetrica | Descrizione |
---|---|
Mancanza di consenso informato | La donna ha il diritto di essere informata e di dare il consenso alle procedure mediche. |
Abuso verbale o violenza psicologica |
Spesso riservati alle partorienti, soprattutto a coloro che soffrono di tocofobia (la paura del parto). |
Procedure NON necessarie o senza consenso | Tra le pratiche più tristemente comuni in Italia ricordiamo:
Sono considerati violenza ostetrica anche i controlli di routine ripetitivi e pratiche eccessivamente medicalizzate effettuate sulla madre e sul neonato. |
Mancanza di rispetto per la privacy | Durante l’esame fisico o altri procedimenti. |
Discriminazione | Basata su fattori come la razza, la classe sociale o altri. |
Rooming-in selvaggio | Il rooming-in è una forma di sostegno post-parto che concede alla madre e al bambino la possibilità di stare per 24 ore nella stessa stanza.
Se questa attività non viene affiancata da un lavoro di supporto adeguato, può trasformarsi in una forma di violenza ostetrica. Ciò accade quando la madre viene:
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Costrizioni ingiustificate e giudizi negativi nel post parto | I professionisti sanitari sottopongono la madre a costrizioni fisiche o restrizioni. O esprimono giudizi negativi o di disapprovazione riguardo, ad esempio, la scelta dell’allattamento artificiale |
Inadeguatezza delle risorse mediche |
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Come riconoscere la violenza ostetrica?
Per essere certi di sapere riconoscere la violenza ostetrica, bisogna essere informati. Le donne dovrebbero conoscere in modo dettagliato i loro diritti durante la gravidanza e il parto, tra questi spiccano:
- il diritto al consenso informato
- il diritto alla riservatezza e al trattamento rispettoso al fine di riconoscere eventuali violazioni.
In questa prospettiva, i corsi pre-parto rappresentano una risorsa di grande valore.
In tal senso, anche parlare con un’ostetrica di fiducia e ascoltare le esperienze di donne che hanno già partorito, può offrire preziose prospettive sulle pratiche mediche e sull’assistenza da ricevere. Inoltre, per affrontare in modo consapevole la maternità e i cambiamenti fisici ed emotivi a essa legati, può essere molto utile rivolgersi a un professionista della salute mentale perinatale.
Ovviamente, anche gli operatori sanitari devono essere consapevoli delle questioni legate alla violenza ostetrica, ricevere formazione sull’ascolto attivo e sulla comunicazione rispettosa.
La lotta contro la violenza ostetrica coinvolge infatti un cambiamento culturale nella percezione della gravidanza e del parto. Questo cambiamento deve interessare l’intera rete di supporto delle partorienti, ovvero:
- il partner
- i familiari
- il personale sanitario coinvolto nel percorso di maternità, tra cui ginecologi, ostetriche, consulenti dell’allattamento e pediatri.
Solo così si promuoverà il rispetto dei diritti delle donne e si garantirà che le pratiche mediche siano centrate unicamente sui bisogni e il rispetto della paziente.
Quali sono le conseguenze?
La violenza ostetrica può avere gravi conseguenze psicologiche sulle donne che ne sono vittime. Alcune delle possibili conseguenze includono:
- Disturbi d’ansia e stress post-traumatico, dovuti all’esperienza traumatica vissuta durante il parto o durante altre procedure mediche
- Depressione post partum e sintomi depressivi. Le donne possono sperimentare sentimenti di tristezza, disperazione e perdita di interesse per le attività quotidiane
- Diffidenza verso il personale medico e il sistema sanitario
- Paura delle cure mediche. Le donne possono diventare riluttanti a cercare assistenza sanitaria quando necessario
- Disturbi del sonno. L’ansia e lo stress derivanti dalla violenza ostetrica possono influire negativamente sul sonno, causando insonnia o altri disturbi
- Impatto sulla relazione madre-figlia o madre-figlio. Le esperienze traumatiche durante il parto possono influire sulla relazione madre-figlio, ostacolando l’instaurarsi di un legame affettivo sano.
- Bassa autostima e senso di colpa. Con la tendenza a colpevolizzandosi per eventi che non sono sotto il proprio controllo
- Effetti sulla futura gravidanza. Le donne che hanno subito violenza ostetrica possono sperimentare ansie e paure durante future gravidanze, influenzando le decisioni riguardanti l’assistenza sanitaria.
È importante riconoscere e affrontare le conseguenze psicologiche della violenza ostetrica per garantire il benessere emotivo delle donne coinvolte. L’accesso a supporto psicologico e cure adeguate può essere cruciale nel processo di recupero.
Perché denunciare le violenze subite?
Il primo passo per contrastare la violenza ostetrica è promuovere una maggiore consapevolezza tra le donne riguardo ai loro diritti. È fondamentale incoraggiarle a riconoscere segnali di allarme e, soprattutto, a non esitare nel far sentire la propria voce e nel denunciare situazioni, se necessario.
Denunciare le violenze ostetriche è infatti fondamentale per diversi motivi. In primo luogo, l’atto di denunciare può contribuire a far emergere altri casi di abusi e cattiva condotta. Inoltre promuove una maggiore trasparenza e responsabilità nel sistema sanitario e un miglioramento delle pratiche mediche.
La denuncia delle violenze ostetriche può anche sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche legate alla maternità e alla salute delle partorienti. Questa consapevolezza può portare a un cambiamento culturale e sociale, sostenendo la necessità di rispettare i diritti delle donne.
Dal punto di vista individuale, poi, denunciare può essere parte di un percorso di guarigione per le donne che hanno subito tali abusi. Esprimere le proprie esperienze può contribuire a rompere il silenzio, fornendo e ottenendo al contempo supporto emotivo. Queste azioni possono aiutare anche altre donne a elaborare ciò che hanno vissuto.
Infine, le denunce possono essere un catalizzatore per azioni legali e regolamentari mirate a garantire standard più elevati di assistenza ostetrica e a punire eventuali violazioni dei diritti delle pazienti.
Chi desidera denunciare può dirigersi prima di tutto alla direzione dell’ospedale e, se intende intraprendere azioni legali, alle forze dell’ordine.
(19 Novembre 2024)