L’anoressia, o anoressia nervosa, è un disturbo alimentare che si manifesta con il rifiuto di mangiare e la paura patologica di ingrassare.
Chi ne soffre, più precisamente, limita severamente l’assunzione di cibo, attraverso una dieta ferrea. La conseguenza è una importante perdita di peso che causa, il più delle volte, una grave condizione di malnutrizione e sottopeso.
Si tratta di una patologia complessa e devastante che colpisce sempre più persone in tutto il mondo, in particolare adolescenti e giovani adulti. È una sorta di epidemia nascosta, stando alla definizione che ne ha dato il primo sondaggio nazionale italiano sui disturbi della nutrizione e della alimentazione.
In questo articolo, vediamo cos’è l’anoressia, quali sono le cause, e come affrontarla. La consapevolezza e la comprensione di questo disturbo alimentare, infatti, sono fondamentali per sconfiggerlo e aiutare coloro che ne soffrono a intraprendere un cammino verso il recupero e il benessere.
In che cosa consiste l’anoressia? Significato e definizione
L’anoressia è una mancanza di appetito di tipo patologico. Il termine deriva dal greco, ed è composto dal prefisso privativo an-, che indica assenza, e dalla parola órexis, che vuol dire appetito.
Si tratta di un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da una preoccupazione ossessiva riguardo al peso corporeo e alla forma fisica e un rifiuto parziale o totale del cibo. Questi aspetti hanno di solito conseguenze gravi sulla salute fisica e mentale.
Con maggior rigore, quando si parla del disturbo alimentare dovrebbe essere utilizzato il termine anoressia nervosa, dal momento che l’anoressia può essere considerata il sintomo clinico relativo a diverse condizioni mediche. Ci possono essere delle cause organiche di tipo passeggero associate alla mancanza di appetito, come ad esempio la gastrite, o delle cause di tipo organico acute o passeggere, come la febbre.
In questo senso, classifichiamo l’anoressia nervosa tra i disturbi alimentari insieme a:
- bulimia nervosa
- binge eating
- disturbo di alimentazione incontrollata
- disturbo alimentare evitante
- picacismo, l’assunzione ripetuta nel tempo di sostanze che non nutrono
- mericismo, che si verifica quando il soggetto rigurgita cibo in modo continuativo per almeno un mese.
Quando è considerata anoressia? Criteri clinici
Per capire se una persona soffre di anoressia nervosa, esistono alcuni criteri clinici, stabiliti dal DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali):
- la persona limita l’assunzione di cibo, con una perdita di peso significativa
- viene patita una paura di ingrassare, se non di vera e propria obesità
- si ha una errata percezione del proprio corpo, e una ostinata negazione nei confronti della gravità della situazione.
Un ulteriore criterio è dato dall’indice di massa corporea. Questo parametro pone in relazione da un lato la massa corporea di un individuo e dell’altro la sua statura. Quando un adulto è sotto il valore di 17 kg/m2, l’IMC è particolarmente basso, e deve essere considerato un campanello d’allarme.
Tipi e caratteristiche
Ai fini di una corretta diagnosi, e di una relativa scelta terapeutica adeguata, è importante distinguere l’anoressia in due tipi:
- anoressia restrittiva, quando viene adottato un regime alimentare ipocalorico insieme a una intensa attività fisica. Questo porta ad avere un peso più basso della media e una immagine corporea più rispondente ai propri desideri disfunzionali
- anoressia con condotte di eliminazione. Questa forma vede alternarsi abbuffate ad attività di tipo compensativo, come vomito autoindotto, l’uso di lassativi e diuretici.
Esiste, inoltre, un’altra variante del disturbo, l’anoressia atipica. In questa forma, le caratteristiche principali dell’anoressia sono presenti, senza che siano soddisfatti tutti i criteri diagnostici tradizionali. In particolare, sebbene la persona limiti drasticamente l’apporto calorico, non si assiste a una significativa perdita di peso.
Che disturbi porta l’anoressia?
I sintomi e i segni dell’anoressia dipendono dalla gravità della condizione. Si distinguono in due tipi: fisici e psicologici. Tra le manifestazioni psicologiche figurano:
- paura ossessiva di aumentare di peso
- limitazione nell’assunzione di cibo e importante perdita di peso
- esercizio fisico eccessivo, su base quotidiana
- controllo spasmodico delle calorie assunte
- basso o scarso livello di autostima
- insonnia e vertigini
- sintomi da disturbo ossessivo compulsivo.
Anche sul piano più fisico il disturbo può incidere in modo significativo. I sintomi e i segni fisici possono essere:
- riduzione della massa, oltre che debolezza muscolare
- brachicardia e abbassamento della pressione arteriosa
- problemi sul piano ematologico e renale
- abbassamento della temperatura corporea e aumento della percezione del freddo
- problematiche gastrointestinali, come la stipsi e dolore addominale
- anemia e altri deficit nutrizionali
- unghie fragili
- perdita di capelli
- osteoporosi
- nelle donne, scomparsa del ciclo mestruale (amenorrea)
- disfunzioni di tipo ormonale.
Quali sono le conseguenze dell’anoressia?
Quando la persona anoressica non riconosce il proprio problema, e non intraprende il lungo e necessario percorso terapeutico da svolgere con medici professionisti e specialisti, il quadro clinico può presentare complicazioni.
Stati d’ansia e di depressione possono affliggere la persona. La sfera sessuale può risentire delle condizioni in cui versa il corpo. Nell’uomo può presentarsi disfunzione erettile, nella donna di infertilità.
Il cuore può subire danni e sviluppare:
- aritmie
- insufficienza cardiaca
- prolasso della valvola mitralica.
Come si diventa anoressici? Cause e fattori di rischio
Le cause dell’anoressia nervosa sono riconducibili a più aspetti della vita di una persona. In particolare:
- fattori ambientali. Viene creata l’equazione del tutto fuorviante per la quale essere magri voglia dire essere belli. Altre cause possono essere i lavori che richiedono un corpo magro e sempre performante, come nel caso delle modelle e dei modelli, la danza o la ginnastica artistica
- fattori emotivi e relativo stress, dovuti a perdita di affetti o di lavoro, trasferimenti o cambiamenti non vissuti funzionalmente
- mutamenti fisici dovuti alla pubertà o all’adolescenza, che possono impattare negativamente sull’equilibrio e l’identità della persona giovane
- l’avere subìto violenze fisiche o abusi sessuali.
Nelle persone anoressiche, si osserva sempre uno scarto tra:
- ciò che è detto e ciò che è agito
- i desideri (vorrei) e gli atteggiamenti (le modalità di comportamento)
- il vorrei essere (processi ideativi) e il sono (piano di realtà).
Pertanto l’unico mezzo per mantenere il controllo e la sicurezza è aderire al comportamento ossessivo e/o compulsivo, appropriarsene per esistere.
Il sintomo diventa un’identità sostitutiva a cui ci si appiglia per non perdersi. Il loro interrogativo interiore è: “Se io non sono anoressica, chi sono?”.
Quanto è diffuso il disturbo in Italia?
Con riferimento agli studi della SISDCA, la Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare, su base annuale 8-9 donne su 100.000 soffrono di anoressia. Mentre i nuovi casi che interessano gli uomini non superano 1,4 su 100.000.
Secondo una ricerca svolta dalla ABA, l’Associazione Italiana per la cura e la prevenzione di Anoressia e Bulimia, l’anoressia maschile rappresenta una percentuale che va dal 5% al 10% dei casi complessivi. Il sesso femminile rappresenta il rimanente 90-95%.
Chi colpisce di più?
L’anoressia colpisce maggiormente le donne, come si evince anche dai dati riportati sopra, anche se può verificarsi anche negli uomini. Statisticamente, si stima che circa il 90-95% dei casi di anoressia nervosa riguardino il genere femminile.
Seppur possa presentarsi a tutte le età, l’anoressia colpisce maggiormente gli adolescenti e i giovani adulti. L’adolescenza e la giovinezza, infatti, sono due fasi della vita caratterizzate da numerosi cambiamenti fisici, emotivi e sociali. In effetti, si tratta di un periodo in cui aumentano le pressioni sociali e culturali riguardanti l’immagine corporea e il peso, e di conseguenza anche la mancanza di autostima, in cui avvengono numerosi cambiamenti ormonali e fisici e in cui lo stress e le pressioni accademiche influiscono negativamente sui comportamenti alimentari.
Indipendentemente dall’età, il trattamento tempestivo e il sostegno adeguato sono fondamentali per il recupero e il benessere delle persone affette da questo disturbo alimentare.
Quali esami fare?
L’anoressia nervosa beneficia di un approccio terapeutico multidisciplinare, che richiede diverse figure professionali di riferimento: lo psicologo e lo psichiatra, il nutrizionista e il dietista.
Si parte da un esame obiettivo per stabilire l’indice di massa corporea e il peso del paziente. Viene misurata la pressione insieme alla temperatura. Il cuore è auscultato e sono fatti svolgere degli esercizi specifici per comprendere le condizioni del tono muscolare.
Al paziente vengono chiesti inoltre esami da laboratorio. La visita, per arrivare alla diagnosi, si conclude con degli esami strumentali quali l’elettrocardiogramma e la radiografia del torace.
Qual è il trattamento dell’anoressia?
L’anoressia prevede due principali tipi di trattamento. In prima istanza, si ricorre alla psicoterapia, che può avere diversi approcci:
- molto valida risulta essere la terapia cognitivo comportamentale, per intercettare e disinnescare le false credenze del paziente. Questo può aiutarlo a sviluppare strategie comportamentali più sane e funzionali
- la terapia familiare dà risultati quando il paziente, o la paziente, sono in adolescenza
- con la terapia interpersonale si lavora sulle influenze e i fattori ambientali e interpersonali che hanno intaccato l’autostima della persona
- la terapia cognitivo-analitica aiuta il paziente a recuperare eventi e ricordi del passato che hanno inciso e scatenato i comportamenti scorretti e dannosi.
In ambito farmacologico, il paziente può trovare giovamento nell’assunzione, sotto stretta osservanza dello psichiatra, di:
- antidepressivi per alleviare gli stati d’ansia
- antipsicotici.
Il percorso terapeutico mira, inoltre, al ripristino di un peso corporeo nella norma, attraverso una riabilitazione delle abitudini alimentari.
Come comportarsi con una persona che non vuole mangiare?
Interfacciarsi con qualcuno che non vuole mangiare può essere spesso delicato, specie se si sospetta che la persona sia coinvolta in un disturbo alimentare come l’anoressia.
Per affrontare la situazione, dunque, serve tanta empatia e comprensione e una totale mancanza di giudizio nei confronti del rifiuto di nutrirsi, del peso o dell’aspetto fisico della persona. Quest’ultima, inoltre, non va né costretta né pressata a mangiare: questo potrebbe solo aumentare la sua resistenza e ansia riguardo al cibo. A tal proposito, è ugualmente consigliabile evitare del tutto le conversazioni che riguardano l’alimentazione.
Ricordiamo che il supporto e l’empatia, sommati all’aiuto di un professionista, sono di grande aiuto per chi lotta con un disturbo alimentare. Il percorso verso la guarigione può essere lungo e difficile per tutte le persone coinvolte. Tuttavia, se si è pazienti e rispettosi nei confronti della persona anoressica, le possibilità che tutto vada per il meglio aumentano esponenzialmente.
Prognosi
Nel 10% dei casi, in assenza di trattamento e nei casi di anoressia grave, il paziente va incontro al decesso. Quando si interviene, invece, la prognosi risulta positiva.
Nel 50% dei casi, si recupera un sano stato di salute, nel 25% delle occasioni può verificarsi una recidiva. Nei rimanenti casi le recidive aumentano sensibilmente, insieme a disturbi di ordine mentale.
Per questa ragione intervenire immediatamente, anche con un primo colloquio on-line, risulta essere la strategia più adeguata e con maggiore efficacia nel corso del tempo.
(3 Settembre 2024)