La paranoia, prima di essere intercettata e inquadrata all’interno di un quadro clinico, rischia di passare inosservata nelle sue prime fasi, per poi articolarsi e svilupparsi in deliri cronici o psicosi croniche.
La paranoia può anche manifestarsi come sintomo di una patologia mentale sottostante. Negli Stati Uniti, la sua diffusione è tra il 2,3% e il 4,4% della popolazione, con una incidenza maggiore nel genere maschile.
Ma di cosa si tratta esattamente? Come possiamo individuarla? E quali sono le terapie migliori per affrontarla? Nell’articolo proveremo a rispondere a questa e altre domande.
Come si può definire la paranoia?
La paranoia, secondo il DMS-5, è una malattia mentale caratterizzata da “diffidenza ingiustificata e dal sospetto” che gli altri abbiano intenzioni dannose nei propri confronti. Si parla, nello specifico, di modello pervasivo: la persona che soffre di disturbo paranoide della personalità tende sempre a vedere nelle azioni dell’altro qualcosa che determinerà inevitabilmente un danno per sé.
Questo disturbo della personalità si caratterizza inoltre per produrre un delirio cronico ma lucido. Il soggetto filtra la realtà da una percezione distorta, ma questa distorsione è comunque inquadrata in una logica di pensiero che appare coerente, ed è relativa a situazioni piuttosto verosimili. Le stesse facoltà intellettive del soggetto non sono intaccate.
Lo stesso termine, “paranoia”, deriva dal greco e si compone del prefisso “para-”, che indica distorsione, e “noia”, traducibile con mente e, per estensione, conoscenza. Fu usato per la prima volta da Ippocrate.
Quali sono i sintomi della paranoia?
I sintomi della paranoia di solito comprendono:
- Difficoltà a distinguere la realtà dalla propria percezione o sensazione. Possono manifestarsi vere proprio allucinazioni e deliri.
- Sospettosità, timore e sfiducia negli altri, che vengono percepiti e considerati come malintenzionati
- Iperattivazione e ipervigilanza: la persona vive in uno stato di allarme fisico e mentale constante
- Scarsa empatia e incapacità di mettersi nei panni dell’altro
- Irritabilità, rabbia o depressione
- Isolamento sociale.
Come ragiona un paranoico?
Dal momento che la paranoia è una psicosi caratterizzata da una diffidenza pervasiva, le persone che ne soffrono nutrono il sospetto che gli altri stiano architettando sempre progetti di inganno, sfruttamento e danneggiamento nei loro confronti, anche in assenza di prove.
La mancanza di prove non è comunque un deterrente, poiché la persona paranoica ha sempre una soglia di attenzione estremamente alta rispetto a possibili minacce, offese, insulti e slealtà. Sottopone le persone a uno scrutinio severo di azioni e osservazioni, alla ricerca di conferme dei propri sospetti.
Rabbia e mancanza di fiducia
Quando percepiscono di essere stati offesi, i paranoici possono indulgere al rimuginio e non perdonano chi può averli feriti anzi, tendono alla rabbia e al contrattacco. Hanno bisogno di autonomia e di controllo, quindi, proprio per la loro diffidenza inscalfibile.
Per una persona con disturbo paranoide è complesso fidarsi o intessere rapporti di intimità affettiva, perché ha paura che quanto raccontano di sé potrà essere usato a proprio danno. Una persona che soffre di paranoia può considerare difficile essere leale verso gli amici, e nutre gelosia nei confronti del partner.
Oltre al delirio e alle manie di persecuzione, la paranoia può configurarsi come megalomania o delirio mistico.
In che modo si effettua una diagnosi di paranoia?
Con riferimento al DSM-5, per avere una diagnosi di disturbo paranoide della personalità, il soggetto deve nutrire una sospettosità e sfiducia persistenti nei confronti degli altri in presenza di almeno quattro delle seguenti condizioni:
- L’ingiustificato sospetto di essere sfruttati, feriti e ingannati
- Preoccupazione, rispetto alla affidabilità di amici e colleghi, con dubbi del tutto ingiustificati
- Riluttanza nel confidarsi per paura che quanto detto possa essere usato contro di sé
- Eventi, oppure osservazioni benevole, interpretati erroneamente come denigrazioni ostili, celate, o dal contenuto minaccioso
- Conservare rancore rispetto ad offese, ferite e insulti
- Una certa disponibilità nel ritenere che gli altri attacchino il proprio carattere e la reputazione, insieme ad una rapidità di reazione rabbiosa e di contrattacco
- Sospetti, ricorrenti e ingiustificati, che il proprio o la propria partner siano infedeli.
Questi sintomi, sempre in sede diagnostica, dovrebbero manifestarsi nella prima età adulta.
Quali sono le cause di questa condizione?
È possibile indicare un gruppo di tre fattori, che possono concorrere in questo tipo di disturbo:
- Fattori ereditari, poiché una storia familiare di depressione, di disturbi d’ansia o fobie può determinare una probabilità maggiore di sviluppare questo disturbo
- Fattori psicologici quali il disturbo di abuso di sostanze, disturbi psicotici o disturbi dell’umore. La paranoia può essere presente in psicosi croniche come il disturbo bipolare e può apparire in alcune forme di schizofrenia
- Fattori psicosociali che includono interazioni con i propri familiari, che hanno determinato negligenza, rifiuto, forme di attaccamento insicuro o abusi. Oppure interazioni con i propri pari, quando si configurano come bullismo o causano isolamento.
Il disturbo paranoide di personalità, quindi, ha una sua comorbidità: può manifestarsi in concomitanza con altri disturbi, o essere sintomo di un disturbo dal quadro clinico simile all’apparenza.
Una persona con diagnosi di disturbo paranoide può manifestare, per fare un esempio, false credenze (sulla fedeltà, sulla lealtà, come si è visto), che a loro volta caratterizzano il disturbo delirante. In questo senso, la diagnosi differenziale del terapeuta sarà dirimente.
In che modo si più intervenire?
La principale prassi terapeutica è data dalla terapia cognitivo-comportamentale, che ha dimostrato efficacia nel rendere più miti, o quantomeno gestibili, le false credenze del paziente. Tuttavia, anche le psicoterapie psicoanalitiche sono molto efficaci con i disturbi di personalità. In particolare, questo approccio terapeutico può aiutare il paziente a riconoscere e modificare le proprie convinzioni, con l’obiettivo di mettere in atto comportamenti più funzionali.
Sul piano farmacologico, alcuni psicofarmaci vengono utilizzati nei casi in cui il paziente dimostra impulsività, labilità nelle emozioni e una certa aggressività. In queste circostanze si può ricorrere al litio o al valproato.
(31 Luglio 2023)