Razzismo: cause psicologiche e significato

Quali sono le origini psicologiche del razzismo? E quali le migliori strategie di “coping” da mettere in campo per affrontare le discriminazioni?

Razzismo: cause psicologiche e significato

Il razzismo è una concezione fondata sul presupposto che esistano gruppi umani biologicamente e storicamente superiori ad altri.

Le discriminazioni razziali sono un tema ricorrente del dibattito pubblico del nostro Paese anche a causa di episodi sgradevoli che capitano con fastidiosa regolarità. È utile saperne individuare le matrici psicologiche, poiché gli episodi di razzismo possono denunciare un problema culturale tanto radicato, quanto odioso.

Ormai da moltissimi anni, il dibattito sul razzismo e sulle strategie da attuare per combatterlo è vivo e intenso anche nel nostro Paese.

I processi migratori, la globalizzazione, l’accessibilità dei media e l’attenzione sempre più capillare alle identità personali hanno infatti contribuito ad accendere i riflettori su un tema complesso. Questo coinvolge educazione ed esperienza personale, le cui radici psicologiche profonde si innestano su una divisione arbitraria del mondo. Questa divisione ci distingue in buoni e cattivi, semplicemente in base alla provenienza o al gruppo sociale d’origine.

I motivi alla base di questi comportamenti possono essere diversi. Giocano un ruolo preponderante:

  • la paura di perdere ciò che si ha in favore di un nuovo elemento ignoto
  • il timore di ciò che non si conosce e quindi appare diverso e strano
  • l’ostilità verso gruppi sociali precisi per interessi altri (politici, religiosi o economici che siano).

Che cos’è il razzismo in psicologia? Significato

Il razzismo è la credenza che alcune categorie di persone, identificate come “razze” attraverso caratteristiche fisiche o etniche, siano superiori o inferiori ad altre. In altre parole, è un sistema di classificazione che attribuisce valore e capacità sulla base dell’appartenenza a un determinato gruppo etnico.

La scienza moderna considera errata la classificazione umana in razze su base biologica. Evidenzia, invece, che le variazioni genetiche all’interno delle popolazioni umane sono continue e che i confini tra gruppi sono fluidi e costruiti socialmente. Inoltre, le differenze genetiche tra gli esseri umani sono minime e non correlano a capacità intellettive o morali. Malgrado ciò, la percezione delle “razze” come entità distinte continua ad avere una forte presa su molte società. Questo avviene a causa della loro lunga storia e utilizzo a fini di discriminazione.

La lotta contro il razzismo richiede dunque un impegno costante. Sono essenziali l’educazione, la sensibilizzazione e l’adozione di politiche che promuovano l’uguaglianza e il rispetto delle differenze. A questo scopo, è fondamentale riconoscere che la diversità umana è una ricchezza e non una minaccia.

In che modo le persone imparano a creare stereotipi e pregiudizi?

Stereotipi e pregiudizi hanno alla loro origine diverse cause. Si va dall’ignoranza alla paura dell’ignoto e del diverso. Non manca, inoltre, una forte componente legata agli interessi politici ed economici.

Talvolta, possono anche esserci implicazioni religiose. Per suffragare stereotipi e pregiudizi, poi, basta focalizzarci sull’attribuzione di precise e ricorrenti caratteristiche negative a un dato gruppo sociale. In questo modo, si costruisce una narrazione che si autoalimenta con il passare delle generazioni.

Perché l’uomo è razzista? Cause psicologiche

Nel corso della ricerca della propria identità, un essere umano si trova presto o tardi a concludere che, nel mondo che lo circonda, i gruppi sociali si dividono in due tipi di profili fondamentali: “noi” e “loro”. Magari lo si apprende all’interno di un processo di educazione, impartito dai genitori ai figli.

In realtà, si tratta di una distinzione obsoleta. Un esempio noto è quello degli antichi Greci. Questi dividevano tutti i popoli della Terra in due gruppi: sé stessi, i Greci appunto, e i barbari, ossia l’insieme di tutti i non Greci.

Nel momento in cui si arriva a pensare che “noi” non siamo uguali a “loro” e che gli altri non meritino pari diritti e pari dignità, perché in qualche modo ritenuti inferiori, nascono stereotipo e pregiudizio.

Diverso spesso è sinonimo di ignoto, e l’ignoto, o il non ben conosciuto, fa paura, generando una batteria di emozioni e di sentimenti negativi, come l’ansia e il senso di insicurezza dovuto alla messa in discussione della propria identità (la bassa autostima si enfatizza davanti al diverso).

Inoltre, il senso di appartenenza a un gruppo può portare a identificare il diverso come fuori dal confine. Questo è un meccanismo che serve a consolidare la propria appartenenza e il proprio ruolo nella stessa comunità.

Ad ogni modo, la parola chiave è paura. Le reazioni alla paura possono essere la fuga dalla minaccia, ma anche l’attacco, che è il file rouge delle discriminazioni razziali.

Come affrontare il razzismo? Questione di coping

Il razzismo e la discriminazione, specialmente quando messe in atto in maniera continua, hanno conseguenze sulla salute mentale e fisica di chi la riceve. Queste conseguenze possono includere:

Fortunatamente non è detto che chi subisce comportamenti discriminatori o aggressivi sviluppi poi una malattia psichiatrica. La differenza sta nelle strategie di coping che vengono messe in campo, cioè dal modo in cui la persona fronteggia i fattori di stress.

Il termine “coping” può essere tradotto in italiano con termini come “fronteggiamento”, “gestione attiva”, “risposta efficace”, “capacità di risolvere i problemi”. Indica l’insieme di strategie messe in atto per far fronte a una situazione stressante. Il concetto si riferisce sia a quello che una persona fa effettivamente per affrontare una situazione difficile, sia al modo in cui si adatta emotivamente a tale situazione.

La strategie buone

La psicologia positiva, che si occupa del benessere delle persone, ha individuato nella risposta proattiva la strategia più efficace. Recenti studi, compiuti all’Università di Louisville al Centro per le disparità nell’ambito della salute mentale, hanno dimostrato come gli afro-americani usino normalmente questo tipo di strategie per mantenere l’autocontrollo di fronte all’ostilità razziale. Per esempio:

  • la riserva di giudizio su chi si è mostrato aggressivo o insensibile, fino a quando non saranno ottenute ulteriori informazioni 
  • un atteggiamento positivo
  • un forte autocontrollo per evitare reazioni impulsive
  • l’utilizzo di informazioni personali per incoraggiare chi ha un atteggiamento discriminante a considerare la vittima più simile a sé e non farla nello stereotipo negativo che ha in mente. Un altro obiettivo di questa strategia è indagare quanto i suoi pregiudizi razziali siano stabili.

Come è ovvio, queste risposte “proattive” non sono sufficienti a prevenire la discriminazione razziale. Non possono, inoltre, sempre mitigare lo stress emotivo provato da chi subisce un episodio di razzismo. Anche per questo ulteriori strategie di coping includono:

  • ricerca di supporto sociale all’interno della propria comunità
  • pratiche di conforto spirituale o religioso
  • impegno in attività a cui si è interessati
  • partecipazione a iniziative collettive (come le molteplici manifestazioni di pace che si sono svolte negli Stati Uniti).

Le strategie deleterie

Purtroppo, talvolta lo stress emotivo causato dal razzismo conduce a utilizzare strategie non efficaci, come:

Queste risposte, lungi dal fornire un aiuto alle vittime di razzismo, hanno conseguenze negative durature sia per le vittime dirette che per quelle indirette.

Per chi viene inghiottito all’interno di questo modello distruttivo è molto difficile comprendere che le strategie adattive positive possono permettergli di raggiungere un miglior benessere. Oltre che di perseguire i propri obiettivi personali. In questi casi, un aiuto professionale potrebbe quindi avere un ruolo fondamentale.

Come si può combattere la discriminazione razziale?

Non esiste un modo semplice e univoco per combattere la discriminazione razziale. Tuttavia, molti Paesi del mondo hanno percepito l’impegno nella lotta al razzismo come un valore primario da perseguire con forza e costanza. A questo scopo, la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale è stata adottata all’unanimità dell’Assemblea generale dell’ONU già nel 1965.

Anche grazie a questo documento, la consapevolezza degli esiti nefasti del razzismo è cresciuta. Questo è vero specie quando il razzismo è praticato a livello sistematico. Molti Stati sono intervenuti sulle loro leggi per modificare e/o cancellare norme e articoli, che anche in maniera indiretta, legittimavano o incoraggiavano pratiche di natura razzista.

Inoltre, in parallelo, in diverse Nazioni s’è cercato di perseguire in maniera particolarmente severa i responsabili di discriminazione razziale. Allo stesso modo, si è provato a incoraggiare la diffusione di contenuti e movimenti integrazionisti e multirazziali, per accrescere consapevolezza e conoscenza nei propri cittadini. Formazione e informazione, in particolare, sono considerate concetti chiave per costruire un domani senza razzismo.

Come spiegare a un bambino cos’è il razzismo?

I bambini sono spessissimo attenti osservatori della realtà. Magari non sono ancora in grado di elaborare concettualmente gesti, comportamenti e scelte che si trovano a osservare ma, certamente, sono più che capaci di registrare ciò che vedono e interrogarcisi sopra.

La prima mossa che anche l’Unicef consiglia è quella di ascoltare i propri figli e incoraggiarli a fare tutte le domande che ritengono opportune. Magari ammettendo senza problemi con loro di non conoscere qualche risposta, se ne si dà il caso.

L’occasione di confronto con i bambini può anche l’opportunità per insegnare loro che le differenze esteriori tra esseri umani non hanno alcun tipo di peso sulla simpatia, sulla natura o sul carattere delle persone. Ancora meno, sul loro valore e sulla loro dignità. L’appartenenza a un dato popolo o essere nati in un dato luogo non ti rendono buono o cattivo.

È anche importante riuscire a insegnar loro i termini corretti per definire quelle stesse differenze e a fruire di contenuti prodotti da altri popoli e altre culture. Questo è utile per ampliare il bagaglio esperienziale dei nostri figli e condurli a comprendere qualcosa in più di realtà differenti dalle nostre.