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Empatia: cosa significa e come svilupparla

L'empatia è un’abilità preziosa per ciascun individuo, in special modo quando sta soffrendo. Vediamo in cosa consiste, a cosa è utile e perché è importante svilupparla e saperla dimostrare.

Empatia: cosa significa e come svilupparla

L’empatia è una delle risorse fondamentali per mantenere i legami sociali. Provare empatia aiuta infatti a migliorare le relazioni, le rende più profonde e sincere.

La capacità di comunicare con efficacia con chi sta soffrendo, e non solo, può essere inoltre appresa e sviluppata, fin dagli anni della scuola. Ed è un primo passo per raggiungere la felicità. Pensiamo a quando ci capita di consolare qualcuno senza sapere come comportarci o cosa dire. Perché accade? Per una questione di empatia.

Che cos’è l’empatia?

L’empatia è la capacità di sentire con l’altro. La parola deriva dal greco antico “empátheia”, composto a sua volta da “en-“, ovvero “dentro”, e “pathos”, cioè “sofferenza”. È quindi l’abilità di immedesimarsi nell’altra persona, assumerne il punto di vista e provare i suoi stessi sentimenti. Condividere le esperienze e il supporto reciproco aiuta ad instaurare un senso di intimità che fortifica i rapporti, i legami sociali, e diminuisce il senso di solitudine.

La Royal Society of the Arts (RSA), sulla base di una TED conference di Brené Brown, ricercatrice e docente che si occupa di rapporti umani all’università di Houston, ha realizzato un cortometraggio animato che analizza le diverse componenti dell’empatia.

Quali sono i 3 principi alla base dell’empatia? 

Per lo psicologo Martin Hoffman l’empatia si compone di tre fattori: affettivo, cognitivo e motivazionale, e si manifesta fin dai primi giorni di vita come pura affettività, cui si affianca la componente cognitiva con la crescita della persona. Infine l’esperienza personale e di confronto con la sofferenza altrui genererà una ulteriore spinta motivazionale.

L’empatia richiede la capacità di immedesimarsi nell’altro, un concetto affrontato da Daniel Goleman nel suo volume, pubblicato in prima edizione nel 1995, intitolato Emotional Intellingence: Why It Can Matter More Than IQ.

Ma cos’è l’intelligenza emotiva? È nient’altro che la capacità di riconoscere, accogliere e usare le proprie e altrui emozioni, affinché pensieri e azioni seguano di conseguenza in modo sano, consapevole e funzionale.

L’empatia cognitiva, segnatamente, permette di intuire quello che l’altra persona pensa e di capire a fondo il suo punto di vista. Ad esempio, è utilizzata da mediatori, negoziatori, ma anche dai bravi venditori per rendere più efficace il proprio lavoro.

L’empatia emotiva o affettiva permette non solo di comprendere quello che l’altro pensa, ma anche di sentire le sue emozioni e sensazioni.

L’empatia motivazionale si manifesta nel momento in cui l’esperienza di empatizzare con una persona che sta soffrendo induce a mettere in atto comportamenti di aiuto. Questo effetto motivante deriva dalla condivisione delle emozioni dell’altro: il gesto di aiutare creerebbe uno stato di benessere nella persona empatica.

Che relazione c’è tra empatia e narcisismo?

È comune associare l’assenza di empatia al narcisismo e, in casi estremi, alla psicopatia.

Ma essere poco empatici non implica automaticamente il soffrire di un disturbo di personalità. Per questo tipo di diagnosi è necessario, per la psicologia, mostrare una serie di pensieri e comportamenti specifici e pervasivi, di cui l’assenza di empatia è un aspetto particolare.

Come instaurare una comunicazione empatica?

Se chi sta soffrendo si confida, è fondamentale ascoltare senza mai giudicare né banalizzare.

Glen O. Gabbard, autorevole psichiatra americano, afferma che incoraggiare una persona, che per esempio soffre di depressione, a focalizzarsi sugli aspetti positivi è controproducente.

Un buon modo di stare vicino a una persona depressa consiste invece nel trasmetterle l’idea che esistono diversi validi motivi per essere tristi, che la sofferenza è un sentimento legittimo. Dire: “Non hai motivo di essere depresso, hai molte qualità” sortisce come unico effetto quello di far sentire l’altro ancora più solo e incompreso.

Le regole per comunicare con empatia

Elizabeth Dorrance Hall, studiosa statunitense di relazioni familiari e comunicazione, ha proposto alcuni punti da considerare per affrontare una conversazione con chi soffre:

  • Scegliere messaggi personalizzati, perché le persone amano ascoltare messaggi che legittimano il loro stato d’animo e li aiutano nell’esplorarsi. Dire: “Riesco a immaginare come per te questo sia un momento difficile, ma tu sei forte, ne verrai fuori” può essere d’aiuto. L’importante è sottolineare una qualità reale
  • Alternare sostegno e “sfida”. Le persone vogliono sentirsi accettate e stimolate. Accanto a un messaggio rassicurante si può suggerire di esaminare il comportamento, per capire cosa non va e cosa potrebbe essere fatto diversamente in futuro. Con delicatezza, senza colpevolizzare
  • Evitare ansia e consigli. Le persone, specie sotto stress, non amano messaggi minacciosi, giudicanti o paternalistici. Non serve creare urgenza con frasi del tipo: “Se continui così, ti prenderai un infarto!”, è sbagliato. Meglio suggerire attività alternative a quelle che generano stress, per evitare di indurre angoscia e tutelare la libertà di scelta
  • Non giudicare. Risultiamo più empatici quando si sospende il giudizio. Per chi soffre è più facile sentirsi accettato e compreso se si evita un’opinione espressa in termini di giusto o sbagliato.

Le parole da evitare sempre

È importante fare attenzione a una tendenza diffusa e irritante, l’uso del: “Ma almeno…”. Quando qualcuno è triste, cerchiamo a volte di spostare la sua attenzione sugli aspetti positivi. Se per esempio l’altro dice: “Il mio matrimonio è un disastro” si è tentati di rispondere: “Ma almeno hai dei figli fantastici”.

Questo tentativo di consolare l’interlocutore produce l’effetto di farlo sentire colpevole. Il messaggio implicito comunicato è: “La tua tristezza è la tua incapacità di vedere le cose dalla giusta prospettiva”. Una frase del genere è opposta alla vera empatia, sminuisce i sentimenti dell’altra persona.

Come si dimostra empatia?

L’empatia è certamente una capacità innata che può essere migliorata nel tempo, per connettersi con gli altri più profondamente. È possibile sviluppare una maggiore empatia persino in persone affette da autismo. Questo disturbo include deficit nell’interazione, ridotta condivisione di interessi, emozioni e sentimenti.

Il ricercatore scozzese David Jeffrey ha fornito ai medici alcuni consigli per entrare in relazione con i propri pazienti. Due suggerimenti, tra quelli dati, risultano particolarmente validi anche nella vita quotidiana:

  • Prestare attenzione a come si sente l’altro ed esercitarsi nell’assumere la prospettiva altrui significa, a tutti gli effetti, immaginare di essere l’altro, assumere la sua prospettiva totalmente, considerando il contesto specifico, la personalità e la vita di quella persona
  • La meditazione, insieme alla scrittura creativa e al role playing, è in grado di aumentare le capacità empatiche. Il role playing consiste nel giocare a recitare la parte della persona che sta soffrendo, così da comprenderla più a fondo.

Si possono aumentare le capacità empatiche immaginando, poi, la storia di un personaggio vero e proprio. Seguire quindi in soggettiva le vicende del protagonista induce a utilizzare un punto di vista diverso dal proprio. La meditazione, infine, e i corsi di mindfulness possono essere utili per sviluppare un contatto maggiore con le emozioni proprie e altrui in modo non giudicante.

Qual’è la differenza tra intelligenza emotiva ed empatia?

L’intelligenza emotiva, secondo Salovey e Mayer (1990), è la capacità di percepire, comprendere, valutare, utilizzare le proprie emozioni e quelle degli altri. In altre parole, le persone con un’alta intelligenza emotiva riescono a riconoscere le proprie e le altrui emozioni, a distinguerle tra loro, e utilizzare questa consapevolezza per guidare i propri pensieri e le proprie azioni.

L’intelligenza emotiva, più precisamente, racchiude tutte quelle abilità e competenze, fondamentali per ciascun individuo, che permettono di gestire e migliorare il proprio comportamento e le relazioni con gli altri. Include diverse componenti, come:

  • Consapevolezza: essere consapevoli delle proprie emozioni e riconoscere i diversi stati emotivi che si provano.
  • Capacità di gestire in modo costruttivo le proprie emozioni, evitando reazioni eccessive o impulsive.
  • Empatia verso gli altri, che permette di comprendere i loro sentimenti e mettersi nei loro panni
  • Gestione delle relazioni: capacità di costruire e mantenere relazioni interpersonali sane ed efficaci, gestendo le emozioni sia in se stessi che negli altri.

L’empatia, dunque, è un componente fondamentale dell’intelligenza emotiva. Si tratta della capacità di percepire e condividere le emozioni di un’altra persona, di mettersi nei loro panni e di vedere il mondo dalla loro prospettiva. È quindi un aspetto dell’intelligenza emotiva, ma non la comprende interamente. Un individuo con alta intelligenza emotiva è sicuramente empatico, ma oltre all’empatia, ha anche la capacità di gestire efficacemente le proprie emozioni e quelle degli altri.

Psicoterapia e empatia: un esempio di ascolto

L’ascolto di uno psicoterapeuta è un tipico esempio di ascolto empatico. Uno degli aspetti centrali della psicoterapia, infatti, è proprio la capacità del terapeuta di porsi in una modalità di ascolto rispettosa e non giudicante. Questo tipo di ascolto presenta diversi aspetti positivi:

  • Permette alle persone di essere accolte per come sono
  • Aiuta il cliente a sviluppare a sua volta empatia
  • Migliora la qualità della conversazione.

Riconoscere le emozioni degli altri e i loro stati d’animo è importante. Comprendere lo stato delle persone che si hanno intorno, mettersi nei loro panni, è segno di intelligenza emotiva.

Seguendo questi consigli è possibile diventare più empatici e aggiungere valore ai propri rapporti sociali. Se invece pensate di aver bisogno in prima persona di un ascolto del genere, è possibile fare questa esperienza prenotando un primo colloquio psicologico, anche online, presso il Santagostino. Uno dei nostri psicologi psicoterapeuti è pronto a parlarvi con la giusta empatia.