Il delirio, cos’è, tipologie e trattamenti

Se una persona mostra di avere delle convinzioni o delle idee fisse, che non hanno alcuna relazione con la realtà, e la qualità della vita ne risente in modo importante, forse siamo di fronte ad un sintomo di delirio. E richiede trattamento psichiatrico e terapeutico.

Il delirio, cos’è, tipologie e trattamenti

Il delirio può essere definito come un sintomo psicotico. Si caratterizza per convinzioni oppure idee errate che non corrispondono affatto alla realtà. Queste idee, quindi, sono persistenti e non condivisibili, anche quando l’evidenza indica distintamente il contrario.

Il dottor Stefano Porcelli, psichiatra e psicoterapeuta del Santagostino, spiega cosa si intende precisamente con il termine delirio, quanti tipi di deliri esistono e con quale approccio terapeutico possono essere trattati.

Che cosa è un delirio?

Il delirio è definibile come sintomo psicotico. È una credenza, una convinzione stabile, non criticabile, né è adesa alle convinzioni e alle credenze del sottogruppo sociale a cui appartiene il soggetto. La persona che si trova in uno stato mentale delirante può avere la convinzione, ad esempio, di essere seguìto o avvelenato. Oppure ingannato dal proprio o dalla propria partner o di essere perseguitato. Può credere di essere un personaggio storico dei secoli precedenti, come Napoleone, o più legato alla stretta attualità.

Il delirio non è da confondere con il delirium, che è uno stato confusionale acuto che può essere dovuto a varie condizioni mediche e in cui si possono manifestare alterazioni del pensiero e della senso-percezione.

Quando viene inquadrato questo sintomo per la prima volta?

Il termine delirio è etimologicamente riconducibile al verbo latino delirare, scomponibile in de e lira, nell’accezione di uscire dal solco o, in parole più chiare, andare oltre una percezione reale delle cose.

Il delirio di riferimento sensitivo” è uno studio di Ernst Kretschmer, del 1918, utile per comprendere gli sviluppi, in ambito psicopatologico, di questo sintomo psicotico. Il volume del filosofo e psichiatra di origini tedesche Karl Jaspers, “Psicopatologia generale”, del 1975, presenta la definizione più nota e adottata e ripresa dai successivi testi di psicopatologia

Quali sono i tipi di delirio?

I deliri possono essere classificati in vari sottotipi, a seconda della tipologia di credenza e convinzione su cui si basa l’ideazione delirante. Per fare alcuni esempi, il delirio può essere:

  • persecutorio, quando il soggetto è nella convinzione di essere perseguitato
  • di gelosia, se il soggetto è convinto di essere tradito dal proprio o dalla propria partner
  • di controllo, nei casi in cui si ha la convinzione che i propri pensieri e le emozioni ricadono sotto il controllo di forze esterne
  • erotomania, quando il soggetto ha la convinzione che una persona sia innamorata di lui, segretamente
  • onirico, se il soggetto non risulta essere capace di distinguere la realtà dal sogno
  • bizzarro, nei casi in cui il soggetto mostra di possedere credenze del tutto non plausibili
  • di grandezza, o di megalomania, quando si crede di avere qualità o poteri particolari
  • sindrome di Capgras, nella quale il soggetto è convinto di come persone a lui vicine, come colleghi o familiari, siano state sostituite da sosia.

Quali sono le cause di un delirio?

Il delirio è un sintomo psicotico che può essere ricondotto, in un’ottica fisiopatologica, ad una disregolazione del sistema dopaminergico, l’insieme delle vie nervose che usano la dopamina, un neurotrasmettitore.

Tuttavia si può avere una comprensione più completa di questo sintomo inquadrandolo come sintomo di patologie psichiatriche.

Di quali patologie può essere sintomo?

Le patologie in cui si può presentare questo sintomo possono essere:

  • schizofrenia, che si distingue per una perdita di contatto dalla realtà e la presenza di sintomi psicotici cronici
  • depressione acuta, grave, durante la quale possono manifestarsi solitamente ideazioni deliranti di rovina o di colpa
  • disturbo bipolare, caratterizzato dalla presenza di episodi maniacali e depressivi alternati a fasi di remissione sintomatologica, dove l’ideazione delirante può comparire in caso di episodi particolarmente gravi, solitamente con deliri congrui all’umore, cioè di grandezza durante le fasi maniacali e di rovina durante le fasi depressive
  • disturbo delirante, in cui il delirio è il sintomo principale, con ripercussioni sul funzionamento nei principali ambiti di vita del paziente.

Il delirio è un sintomo la cui risposta al trattamento riflette la risposta al trattamento della patologia di cui è espressione. Per cui in caso di patologie come la schizofrenia o il disturbo delirante, il sintomo tende a rimanere cronico nel tempo, seppure i trattamenti disponibili consentono di controllarlo e di far recuperare la qualità di vita al paziente affetto.

Nel caso invece di disturbi dell’umore, quali la depressione maggiore o il disturbo bipolare, il sintomo può regredire con la guarigione dell’episodio di malattia scomparendo completamente.

Come capire se si soffre di delirio?

La mancanza di consapevolezza da parte del soggetto è la spia principale. Nei casi in cui sia presente un dubbio, invece, non si può parlare di delirio. Una seconda variabile è data dagli interessi di vita della persona, che risultano essere del tutto messi da parte e come spazzati dalle idee errate, che prendono il sopravvento nella mente del paziente, diventando totalizzanti.

È compito del clinico svolgere una valutazione psichiatrica, per riconoscere i sintomi che richiedono un trattamento adeguato.

In che modo si può intervenire?

Il soggetto, solitamente, ha modo di entrare in contatto con uno psichiatra grazie all’intermediazione di persone significative della sua vita; un familiare o una figura affettiva di riferimento. Una frase tipica, che il soggetto delirante può pronunciare, è: “Mi trovo qui perché mi hanno obbligato i miei familiari”.

Segue quindi una valutazione psichiatrica, insieme ad un esame obiettivo e un esame mentale, oltre ad eventuali approfondimenti clinici, come esami ematochimici e radiologici, se necessari. Solo in seguito ad una corretta diagnosi, lo psichiatra potrà valutare e stabilire la terapia farmacologica più adatta.

In un secondo momento, anche un intervento di supporto psicoterapeutico può essere utile per aiutare il paziente a riprendere un’adeguata qualità di vita e un funzionamento adeguato nelle principali aree di vita.