La preadolescenza, o età preadolescenziale, è quel periodo della vita dei giovani che va dagli 11 ai 14 anni. È un momento particolarmente significativo perché segna la transizione dall’infanzia all’adolescenza, un passaggio che porta con sé cambiamenti fisici, emotivi e sociali.
Con la psicologa psicoterapeuta del Santagostino, Gaia Gragnano, proviamo a capire come affrontare la preadolescenza, in che cosa consiste esattamente e cosa avviene in questo periodo della vita.
Che cos’è la preadolescenza?
La preadolescenza è una fase della vita, compresa tendenzialmente tra gli 11 e i 14 anni. Si è attraversata l’infanzia e ci si appresta ad entrare nell’adolescenza vera e propria.
Durante l’infanzia, il corpo vive un periodo di relativa tranquillità (quantomeno su un piano corporeo). In preadolescenza, invece, inizia lo sviluppo puberale che porta a evidenti cambiamenti fisici (spesso anche repentini).
Quali sono i principali cambiamenti nella preadolescenza?
Uno dei segni distintivi della preadolescenza femminile è lo sviluppo del seno e l’arrivo delle mestruazioni, mentre nel sesso maschile si osservano un ingrossamento dei testicoli e un mutamento della voce.
Per entrambi, compaiono i peli pubici e ascellari, accompagnati da una rapida crescita corporea, con aumento di statura e peso.
Sono questi cambiamenti fisici a costituire il grande motore di questa fase: il corpo comincia a farsi sentire, vuole essere maggiormente esplorato, a volte viene rifiutato, o diventa oggetto di preoccupazione e vergogna.
La coscienza di sé si lega sempre di più al proprio corpo e ogni cambiamento fisico comporta trasformazioni psicologiche e sociali che possono influenzare notevolmente il benessere emotivo del preadolescente e delle persone a lui vicine.
Questa fase può generare criticità all’interno della famiglia e nei rapporti con i coetanei, ma se affrontata con consapevolezza e positività, può diventare una base solida per la costruzione di un’identità più matura.
Cosa succede durante la preadolescenza?
Durante questo periodo, con maggiore forza rispetto ad altri momenti, si fanno strada le domande “Chi sono? Come sono fatto? In cosa/chi mi identifico?”.
Inizia la ricerca della propria identità, con l’esplorazione di interessi, valori e ideali personali. Si fa strada la ricerca di nuovi modelli con cui identificarsi, comincia il confronto con i propri coetanei e si sperimentano le prime amicizie e i primi amori caratterizzati da litigi, paure e delusioni.
Comincia inoltre a svilupparsi un’intensa instabilità emotiva: i preadolescenti possono sperimentare frequenti sbalzi d’umore, irritabilità, pianti immotivati e difficoltà nella gestione delle emozioni. Questi cambiamenti sono dovuti in parte alle fluttuazioni ormonali e in parte alle nuove sfide emotive che si presentano in questa fase.
Affrontare la preadolescenza: il rapporto con i genitori
Durante l’infanzia, i genitori rappresentano un solido punto di riferimento: sono guide, modelli da seguire, a volte persino “eroi”. Con l’arrivo della preadolescenza, però, questo schema inizia a vacillare.
I ragazzi mettono in discussione il ruolo genitoriale, talvolta lanciando vere e proprie “sfide”. Conflitti, litigi e frizioni diventano più frequenti, segnando questo delicato passaggio evolutivo.
È importante però sottolineare che questi contrasti, pur se accesi, non devono essere visti come eventi negativi. Al contrario, rappresentano un’importante occasione di crescita per il preadolescente. Nel confronto con i genitori, il ragazzo impara a sostenere le proprie opinioni, a gestire le emozioni e a misurarsi con un adulto in grado di “reggere il colpo” senza crollare.
In questo periodo di trasformazione, il giovane non è più un bambino, ma diventa, anche agli occhi dei genitori, un individuo che sta costruendo il proprio sistema di valori, il proprio senso critico, e sta delineando i contorni dei suoi progetti futuri. Con sguardo curioso e attento, si apre al mondo che lo circonda, pronto a esplorarlo e a definirsi in esso.
E i genitori? Qual è la posizione più auspicabile per coloro che assistono ad un simile cambiamento, a volte così burrascoso? Winnicott ci parla di “madre sufficientemente buona” (1987), concetto apparentemente semplice ma colmo di significati.
L’obiettivo non è quello di essere “perfetti”, ma sufficientemente presenti e sufficientemente assenti, con i propri limiti e non senza fatiche.
I preadolescenti iniziano infatti a desiderare maggiore autonomia dai genitori e cercano di affermare la propria individualità. Tuttavia è necessario ricordare che la preadolescenza è un periodo di sperimentazione di nuove autonomie, ma non corrisponde ancora ad una vera e propria indipendenza.
Il genitore, quindi, è chiamato a svolgere un ruolo di supporto durante questa fase cruciale del figlio, anche quando quest’ultimo potrebbe esplicitamente richiedere il contrario.
Affrontare la preadolescenza: quando preoccuparsi
La preadolescenza, come già evidenziato, può presentare diverse sfide. Nella maggior parte dei casi si tratta di una fase naturale e transitoria, caratterizzata da cambiamenti fisiologici ed evolutivi, non patologici.
Cosa succede però quando questo periodo di transizione diventa particolarmente delicato e complesso? Non tutti i preadolescenti attraversano con facilità i numerosi cambiamenti fisici, cognitivi, emotivi e sociali che caratterizzano quest’epoca. Diventa quindi cruciale, per genitori e adulti di riferimento, prestare attenzione ai loro comportamenti e alle modalità con cui affrontano questi mutamenti.
Tra i segnali che possono destare preoccupazione:
- cambiamenti repentini del comportamento: bruschi cali del rendimento scolastico, disinteresse per le attività precedentemente gradite, solitudine, isolamento sociale, irritabilità e atteggiamenti autolesivi.
- Stati d’animo persistenti e negativi: tristezza profonda, ansia immotivata, attacchi di panico, sensazione di vuoto o di inutilità, pensieri ricorrenti di morte o suicidio.
- Difficoltà relazionali gravi: conflitti frequenti e intensi con i genitori o i coetanei, difficoltà a stringere amicizie, bullismo subito o perpetrato.
- Problemi fisici inspiegabili: disturbi del ritmo sonno-veglia o legati all’alimentazione, dolori fisici senza una causa medica evidente.
Tali manifestazioni possono provocare nell’adulto di riferimento spavento, rifiuto, rabbia o impotenza. Si tratta, però, nella quasi totalità dei casi, di richieste d’aiuto che ancora non hanno trovato le parole per esprimersi.
Ascoltare tali richieste con attenzione e sensibilità è il primo passo per aiutare i ragazzi a trovare la strada verso un percorso di cura che trasformi la loro sofferenza.
Come intervenire?
A fronte di un momento di particolare sofferenza o l’insorgere di un sintomo, la richiesta di aiuto può essere veicolata direttamente dal giovane o dai suoi adulti di riferimento (i genitori, o gli insegnanti mediante una segnalazione).
La psicoterapia per preadolescenti offre uno spazio sicuro e protetto dove il ragazzo può esplorare liberamente le proprie emozioni, pensieri e fantasie, anche quelle più difficili e dolorose. In questo contesto, la figura dello psicoterapeuta diventa un riferimento stabile e neutrale, che aiuta il preadolescente a fare luce sui vissuti che si celano dietro ai suoi sintomi di disagio.
Il percorso di cura coinvolge attivamente anche i genitori, attraverso incontri periodici dedicati, concordati con lo psicoterapeuta.
Intervenire con la psicoterapia durante la preadolescenza, come in adolescenza, è fondamentale perché si tratta di fasi di sviluppo in cui la personalità e le strutture mentali sono ancora in fase di formazione (“plastiche“).
Per questo motivo, i cambiamenti positivi prodotti in questa fase possono avere effetti benefici a lungo termine, favorendo il benessere psicologico e la qualità della vita anche in età adulta.
(9 Luglio 2024)