Tripofobia, cos’è e come trattare la paura dei buchi

Per tripofobia s'intende la paura dei buchi. Si tratta di un termine piuttosto recente in letteratura scientifica, e non ancora assurto nel DSM a disturbo vero e proprio. Vediamo da cosa è determinata questa fobia e come si può intervenire per superarla.

Tripofobia, cos’è e come trattare la paura dei buchi

La tripofobia è la paura di qualunque oggetto, naturale o artificiale, costituito da buchi più o meno profondi e ravvicinati tra loro.

Si manifesta in alcune persone con una sensazione di nausea e ribrezzo alla vista di tali oggetti e può provocare anche tachicardia e stati di ansia. Gli oggetti in questione, provvisti di fori, possono includere anche alimenti o immagini incontrate durante la navigazione nel web.

Ma qual è la storia di questa fobia? Quali sono le sue possibili cause e gli approcci terapeutici? Ce ne parla Stefano Barbieri, psicologo e psicoterapeuta del Santagostino.

 

Tripofobia: cos’è la paura dei buchi?

La tripofobia, o paura dei buchi, può essere definita come un moto di repulsione e disgusto che coglie una persona quando osserva una superficie sulla quale siano presenti buchi o fori piuttosto ravvicinati tra loro.

Non può essere considerata una vera e propria fobia, nonostante la denominazione, non solo perché non è presente nel DSM-5, ma anche perché mancano aspetti caratterizzanti le fobie, come l’evitamento. Ma non mancano comunque, nei casi gravi, stati di ansia o effettivi attacchi di panico.

Qual è l’origine del termine?

Il termine tripofobia, deriva dal greco trýpa, che significa buco, e phóbos, che significa paura e indica la paura dei buchi o dei fori. Questa breve definizione non esaurisce comunque il ventaglio degli stimoli fobici che attivano il soggetto e deve essere specificata.

Questo termine fa la sua comparsa nei primi anni 2000, ma è soltanto nel 2013 che entra ufficialmente nella letteratura scientifica, grazie allo studio di Geoff G. Cole e Arnold J. Wilkins. Le due università che hanno portato avanti studi sulla tripofobia sono state l’Università dell’Essex e, in tempi più recenti, l’Università del Kent.

I ricercatori, nell’abstract del loro studio, hanno scritto di paure irrazionali e persistenti per determinati oggetti o situazioni, le cui cause sembravano difficili da identificare. Cole e Wilkins aggiungono nel loro studio che i soggetti non sono propriamente consapevoli di questa paura.

Si ricorda che la tripofobia, a differenza per esempio della claustrofobia, non è compresa nel DSM-5, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali.

Quanto è comune la tripofobia?

La tripofobia, come detto, è un disturbo poco studiato e non vi è consenso sulla sua esatta incidenza. Tuttavia, alcune osservazioni suggeriscono che potrebbe essere relativamente comune. Secondo alcuni studi, soffrirebbe di questa fobia 1 persona su 6. Inoltre, sembrerebbe essere più comune nelle donne rispetto agli uomini e può manifestarsi in alcune famiglie, suggerendo l’esistenza di una possibile componente genetica o di apprendimento.

A cosa è dovuta la tripofobia? Cause e fattori di rischio

Solitamente le fobie hanno origine dalle radici culturali oppure dal vissuto traumatico del soggetto. La tripofobia, apparentemente, è un’eccezione poiché davanti a stimoli tutto sommato innocui, la persona si ritrova a patire sintomi anche invalidanti a volte.

Una delle cause della tripofobia, per Cole e Wilkins, potrebbe essere ricondotta alla storia evolutiva. Questa fobia, ripetiamo non ancora ufficializzata, deriverebbe da un meccanismo di sopravvivenza, da una reazione ancestrale dei nostri antenati. Animali o piante pericolose hanno, infatti, buchi o macchie presenti sulla loro superficie e questi segnali sono stati associati a un pericolo di vita.

Questo senso di disgusto potrebbe, inoltre, essere determinato dal fatto che buchi e fori, sottolineano Cole e Wilkins, sono luoghi di interscambio e, quindi, di potenziale contaminazione. Possiamo aggiungere come questa repulsione sia legata anche alla possibilità di contrarre malattie infettive o malattie caratterizzate da eruzioni, sulla pelle, di forma circolare. Le malattie cutanee parassitarie e infettive sono spesso caratterizzate da grappoli di lesioni come vescicole o pustole, e costituivano un serio rischio per la vita dei nostri antenati. La repulsa verso immagini che ricordano questi segni di malattia potrebbe quindi essere una risposta evolutiva per prevenire la trasmissione di malattie altamente contagiose. Persone affette da condizioni cutanee tendono a mostrare una maggiore sensibilità verso immagini che inducono tripofobia, rispetto a individui senza disturbi della pelle, suggerendo una correlazione tra la presenza di malattie della pelle e la suscettibilità alla tripofobia.

Come capire se si ha la tripofobia? Diagnosi

La paura dei buchi, anche se non ancora riconosciuta ufficialmente come fobia, può portare chi ne soffre a vivere in modo del tutto insoddisfacente la propria vita. Per la tripofobia, non ci sono criteri affinché si parli di diagnosi clinica, ma se un soggetto per oltre sei mesi vede la qualità della propria vita diminuire sensibilmente, allora è il caso di chiamare uno specialista.

Un test che può indicare la presenza di tripofobia consiste nel far visionare alcune immagini che agiscono come trigger per il soggetto che soffre di tripofobia:

  • favi di alveari
  • bolle di sapone
  • tubi impilati tra loro
  • spugne da bagno
  • coralli
  • melograni
  • fragole
  • formaggio con buchi, come Emmental, o groviera
  • il soffione della doccia
  • un fiore di loto, o meglio il suo baccello
  • pori della pelle o bulbi piliferi.

Questo elenco dovrebbe aiutare a comprendere come la tripofobia possa innescare reazioni e sintomi del tutto inaspettati con oggetti assolutamente ordinari.

Quali sono i sintomi della tripofobia?

Chi ha paura dei buchi, alla vista delle immagini o degli oggetti che abbiamo appena elencato, reagisce come se si trovasse di fronte a pericoli imminenti per la propria incolumità.

Sintomi fisici

I principali sintomi di tipo fisico sono riportati in tabella.

Sintomi fisici Descrizione
Nausea Molti individui sperimentano una sensazione di malessere allo stomaco osservando immagini o oggetti con piccoli fori.
Brividi Vedere schemi ripetuti che presentano fori può determinare quella che viene chiamata comunemente pelle d’oca.
Sudorazione È comune un aumento della sudorazione, soprattutto sulle mani e sul viso.
Battito cardiaco accelerato La frequenza cardiaca può aumentare, segnalando una risposta di stress.
Sensazione di prurito Alcuni pazienti riferiscono di sentire prurito o formicolio sulla pelle.
Tensione muscolare Si può avvertire un irrigidimento dei muscoli a causa del disagio.
Vertigini Nei casi estremi l’esposizione ai trigger può determinare capogiri o sensazione di instabilità.

 

Sintomi psichici

Ci sono anche diversi sintomi che ineriscono la psiche della persona tripofobica.

Sintomi psichici Descrizione
Ansia o panico Guardare pattern tripofobici può indurre sensazioni di paura o panico.
Disgusto È una delle risposte più comuni, e si accompagna spesso al bisogno di allontanarsi dallo stimolo.
Irritabilità Alcuni pazienti provano un’irritazione persistente e difficilmente controllabile.
Difficoltà di concentrazione Il disagio può interferire con la capacità di focalizzarsi su altre attività.
Pensieri ossessivi Le immagini trigger possono rimanere nella mente per diverso tempo, causando un disagio a volte difficile da eliminare nel breve periodo.

 

Esempi di immagini trigger per la tripofobia

Per chi soffre di tripofobia, qualsiasi oggetto o immagine che presenta schemi ripetitivi di piccoli buchi, protuberanze o superfici irregolari può agire da potente trigger. Tra i fattori scatenanti più comuni vi sono elementi naturali come i semi di loto, gli alveari, i coralli e le spugne marine, che hanno tutti in comune una disposizione regolare di cavità o fori.

Alcuni frutti e verdure, come melograni, fragole, o mais, possono risultare disturbanti a causa delle loro cavità naturali o semi visibili.

Oltre agli elementi naturali, anche oggetti artificiali come spugne, materiali perforati, altoparlanti o superfici con texture particolari possono attivare una forte reazione tripofobica. Le immagini digitali manipolate, che spesso amplificano pattern tripofobici direttamente su corpi umani o animali, sono particolarmente disturbanti, soprattutto perché mescolano elementi familiari con aspetti innaturali. Alcuni trigger possono persino derivare da condizioni cutanee o cicatrici, che possono distinguersi per piccoli fori o irregolarità sulla pelle.

Impatto sulla vita quotidiana

La tripofobia può esercitare un notevole impatto sulla vita quotidiana e sulle dinamiche relazionali di coloro che ne soffrono. In primo luogo, può influenzare le attività di tutti i giorni e le interazioni sociali, dal momento le persone colpite tendono a evitare situazioni o oggetti che possono provocare ansia o disagio. Ad esempio, potrebbero rinunciare a frequentare parchi, luoghi naturali con fiori, piante o alveari, o in generale, evitare di incappare in stimoli che scatenano la loro paura.

Questo atteggiamento di evitamento può comportare restrizioni nella routine quotidiana, influenzando la scelta di attività ricreative, la partecipazione a eventi sociali o persino le decisioni lavorative. Il disagio provocato dalla tripofobia può portare a una riduzione della qualità della vita e a una sensazione di isolamento sociale e solitudine: coloro che soffrono di tripofobia possono sentirsi imbarazzati o giudicati dagli altri per le loro reazioni

Questo può incidere sulle relazioni interpersonali, in quanto il disagio emotivo legato alla condizione può risultare difficile da comunicare agli altri.

 

Come superare la paura dei buchi?

Chi soffre di tripofobia o di fobie specifiche e riconosciute nel DSM, a seconda della frequenza, dell’intensità e del numero complessivo dei sintomi, ha a disposizione diverse strategie per affrontare questa situazione.

Per superare la paura dei buchi, possiamo partire dall’adottare tecniche di rilassamento ed esercizi di respirazione, qualora ci ritrovassimo improvvisamente davanti ad un oggetto o immagine trigger. Nei casi più complessi, sedimentati nel tempo e nei sintomi, è allora necessario ricorrere all’aiuto di uno specialista, che da parte sua propone al paziente:

Un terzo, e recentissimo, approccio è dato dalla Realtà Virtuale, per mezzo della quale il soggetto viene esposto a situazioni non percepite come rischiose e, in modo progressivo e controllato, a situazioni più complesse. Il tutto accade con l’affiancamento costante del professionista. Nella terapia in RV, il paziente ha comunque la possibilità di fare training di rilassamento muscolare e tecniche di respirazione diaframmatica.

Oltre alla Realtà Virtuale, il soggetto può beneficiare anche della tecnica del biofeedback, con cui impara a riconoscere e, con adeguata preparazione, gestire e tenere sotto controllo le risposte e le funzioni del proprio corpo rispetto a stimoli, in questo caso, di tipo fobico.