La disposofobia è una condizione psicologica complessa che coinvolge un forte attaccamento e un bisogno compulsivo di accumulare oggetti, anche se spesso inutili o privi di valore.
Questo disturbo, noto anche come accumulo patologico o accaparramento compulsivo, va ben oltre la semplice tendenza a conservare oggetti come ricordi o per scopi pratici.
In questo articolo, ne esploriamo in dettaglio il meccanismo psicologico, le cause, i sintomi e le opzioni di trattamento più risolutive.
Che cos’è la disposofobia?
Il disturbo da accumulo compulsivo, chiamato anche disposofobia, accaparramento compulsivo e, in inglese hoarding disorder, Attualmente è ricompreso nella categoria “Disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati”, secondo il DSM-V.
Questo disturbo, che può essere considerato anche come la paura o fobia di disfarsi di qualsiasi cosa, si manifesta con un’incontrollabile necessità di acquisire e conservare oggetti, anche di scarsa o nulla utilità, generando un accumulo che può invadere significativamente gli spazi abitativi e compromettere le normali attività quotidiane. La disposofobia comporta, per conseguenza, una marcata difficoltà a disfarsi degli oggetti accumulati, spesso percepiti dal soggetto come essenziali o legati a un forte attaccamento emotivo.
Nonostante sia spesso associata a comportamenti di raccolta compulsiva, disposofobia si distingue per la presenza di una forte resistenza a liberarsi degli oggetti, che può sfociare in un intenso disagio emotivo alla sola idea di doverli togliere di torno. Il disturbo da accumulo è riconosciuto come entità clinica a sé stante e può avere gravi ripercussioni sulla funzionalità sociale, lavorativa e personale di chi ne soffre.
Come riconoscere un accumulatore seriale?
I sintomi della disposofobia possono essere così sintetizzati:
- acquisizione compulsiva, ovvero un forte bisogno di acquisire sempre più oggetti, anche quando non sono necessari o utili
- difficoltà a separarsi dagli oggetti, anche se inutili o rotti
- ansia e disagio associati all’idea di separarsi dagli oggetti
- impatto sulle attività quotidiane, con problemi di igiene e vivibilità che rendono gli spazi vissuti inutilizzabili
- isolamento sociale che porta a evitare l’ingresso in casa di familiari, amici o figure professionali (per esempio, tecnici per interventi di riparazione).
Quali oggetti conserva chi soffre di disposofobia?
Le persone che soffrono di disposofobia possono accumulare diversi tipi di oggetti, tuttavia esistono alcune tipologie maggiormente ricorrenti, tra cui:
- vestiti: spesso conservati con la giustificazione potrebbero essere utili in seguito o in caso di cambiamenti nel peso corporeo
- giornali e riviste: conservati perché considerati potenzialmente utili in futuro
- documenti e carte: vecchie ricevute, bollette, estratti conto e altro materiale cartaceo che si considera importante
- libri: gli accumuli di libri vengono giustificati come una risorsa di informazioni da utilizzare
- attrezzature e utensili: potrebbero servire per aggiustare o costruire qualcosa in futuro
- oggetti da collezione: desiderio di tenere oggetti che hanno un valore sentimentale o che si considera abbiano un valore collezionistico
- prodotti alimentari: la tendenza a conservare eccessive quantità di cibo può essere conseguenza della paura di rimanerne senza
- articoli per la casa: piatti, posate, biancheria da letto e asciugacapelli
- elettronica: vecchi apparecchi e hardware, componenti e cavi. La prospettiva è ripararli e riutilizzarli in un ipotetico futuro.
Disposofobia: cause
Le cause esatte della disposofobia non sono ancora del tutto comprese, ma coinvolgono una combinazione di fattori genetici, ambientali e psicologici. Ecco alcune delle principali ragioni che possono contribuire allo sviluppo di questa condizione:
- esperienze passate: molte persone con disposofobia hanno vissuto esperienze traumatiche o stressanti nel corso della loro vita, come perdite significative o situazioni che hanno generato in loro insicurezza. Questi episodi possono innescare un forte desiderio di controllo sugli oggetti come meccanismo di difesa
- fattori genetici: soggetti con una storia familiare di accumulo patologico potrebbero essere a maggior rischio di sviluppare il disturbo
- mancanza di supporto emotivo: individui che crescono senza adeguato sostegno emotivo, calore e accettazione possono sviluppare la disposofobia come una forma di compensazione. Gli oggetti possono diventare una sorta di conforto o una fonte di sicurezza
- disturbi mentali correlati: l’accumulo compulsivo può anche essere associato ad altri disturbi mentali, come il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) o il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (DDAI)
Che problema hanno gli accumulatori?
La disposofobia ha un forte impatto sulla vita delle persone che ne sono affette, complicando la gestione della routine quotidiana e il benessere emotivo.
L’accumulo eccessivo ha innanzitutto una ricaduta sulla qualità della vita domestica, poiché l’accatastare oggetti all’interno degli ambienti abitativi rende difficile svolgere attività basilari come cucinare, pulire o riposare. A questa condizione di disagio pratico se ne aggiunge una di disagio sociale: molti accumulatori evitano il contatto o l’ingresso di altre persone nelle proprie case a causa dell’imbarazzo legato al disordine e finiscono spesso per isolarsi. Nel caso di convivenza con altre persone, devono invece affrontare tensioni significative con queste ultime, dovute al disordine generato dagli oggetti accumulati.
Le case degli accumulatori possono diventare pericolose e mettere a rischio la loro salute, a causa dell’aumentato rischio di incendi, infestazioni da parassiti e lesioni provocate dagli oggetti accatastati. L’acquisto compulsivo di oggetti, unito all’incapacità di separarsene, può portare inoltre a problemi finanziari, con spese eccessive per acquistare beni inutili.
Non da ultimo, va considerato il prezzo dell’accumulo patologico in termini di integrità psicologica: le persone affette da disposofobia spesso soffrono di un senso di colpa e vergogna legato al loro comportamento, il che può minare l’autostima e l’immagine di sé.
Differenze tra DOC e disturbo da accumulo
Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) si caratterizza per la presenza di ossessioni, che possono essere pensieri, impulsi, o immagini intrusive e indesiderate e compulsioni, ovvero atti mentali o comportamenti ripetitivi che l’individuo si sente obbligato a eseguire in risposta a un’ossessione. Le compulsioni, in un simile contesto, possono essere considerate come tentativi di prevenire o ridurre l’ansia o il disagio dovuti alle ossessioni.
Il disturbo da accumulo, invece, è dato dalla difficoltà persistente a disfarsi degli oggetti, qualunque sia il loro valore reale. Questa difficoltà porta ad un’accumulazione che interferisce significativamente con l’uso degli ambienti domestici. Le persone con disturbo da accumulo non accumulano oggetti per motivi di paura o ansia, come nel DOC, ma spesso a causa di un attaccamento emotivo ad essi o alla difficoltà di prendere decisioni sull’opportunità di tenere o scartare gli oggetti. Poi, fatto ancora più importante, i pensieri relativi all’accumulo non sono percepiti come intrusivi, né hanno tratti ripetitivi.
Come aiutare un malato di disposofobia?
Quando si riconosce in una persona vicina un atteggiamento di accumulo patologico come ci si deve comportare? A chi bisogna rivolgersi?
Il primo passo per affrontare il problema è creare uno spazio di comunicazione aperto e privo di giudizi, in cui la persona possa sentirsi ascoltata e accettata. È fondamentale, inoltre, incoraggiarla a cercare supporto professionale: la disposofobia è infatti un disturbo che richiede un trattamento specializzato, il solo a poter fare la differenza in circostanze simili.
L’approccio terapeutico può giovare moltissimo del coinvolgimento della famiglia e degli amici della persona affetta da disposofobia. La comprensione degli effetti indotti da questo disturbo e il sostegno emotivo da parte di persone care possono essere determinanti per il successo della terapia.
Cosa, invece, non bisogna fare quando si vuole aiutare un accumulatore? È importante evitare qualsiasi tentativo di forzare la persona ad eliminare gli oggetti o a pulire l’ambiente in modo coercitivo, poiché ciò potrebbe peggiorare la situazione.
Come si cura la disposofobia?
Come si è detto, la cura della disposofobia richiede l’intervento di figure specializzate come psicoterapeuti e psichiatri. Il trattamento terapeutico è un processo che agisce sia sugli aspetti cognitivi sia sugli aspetti comportamentali della condizione. Ne consegue che la terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è spesso la principale modalità di trattamento utilizzata.
Attraverso la TCC, il paziente apprende a identificare e a modificare le credenze distorte e i pensieri irrazionali che guidano il suo comportamento di accumulo. Questo processo mira a favorire una maggiore consapevolezza e a sviluppare abilità per prendere decisioni più consapevoli e funzionali riguardo agli oggetti. Un elemento fondamentale del percorso terapeutico è la psicoeducazione, attraverso cui il terapeuta guida il paziente e i suoi familiari nella comprensione della condizione, dei sintomi e delle strategie per affrontarla.
In alcuni casi, la cura della disposofobia deve essere integrata con un trattamento farmacologico, ad esempio a base di antidepressivi, per gestire l’ansia e la depressione associate alla condizione.
Il trattamento per la disposofobia richiede tempo e impegno, e il successo dipende in gran parte dalla motivazione e dalla collaborazione del paziente. Tuttavia, con l’approccio terapeutico adeguato e il sostegno appropriato, molte persone affette da disposofobia possono migliorare la loro qualità di vita e gestire in modo più efficace il disturbo.
Come ci si libera dalle ossessioni?
Il comportamento ossessivo che si cela dietro la disposofobia è un aspetto che può essere affrontato grazie a un piano di intervento ad ampio raggio. Tutto comincia con il riconoscimento e l’accettazione del problema: prendere consapevolezza del fatto che l’ossessione da cui si è animati è irrazionale e dannosa e richiede un’azione immediata.
Fondamentale è, poi, come si è detto, intraprendere un percorso psicoterapeutico per imparare a identificare i pensieri che alimentano il ciclo delle ossessioni e a contrastarli. A questo possono aggiungersi eventuali terapie farmacologiche e il ricorso a tecniche come la mindfulness e il rilassamento, utili per gestire l’ansia e prevenire il ritorno dei comportamenti ossessivi.
Il supporto emotivo e la comprensione di familiari e amici sono altrettanto importanti nel processo di liberazione dalle ossessioni. Infine, un approccio olistico alla salute, comprensivo di un’adeguata alimentazione, un esercizio fisico regolare e un buon equilibrio sonno-veglia può migliorare lo stato psicologico generale e ridurre lo stress, influenzando positivamente il controllo delle ossessioni.
(24 Luglio 2024)