Depressione reattiva. Di cosa si tratta e come si cura

La depressione reattiva può colpire dopo un evento traumatico. Bisogna agire con il giusto supporto professionale, per risolverne i sintomi e riprendere la propria vita con maggiore consapevolezza.

Depressione reattiva. Di cosa si tratta e come si cura

Un avvenimento doloroso, che si tratti di una perdita fortemente sentita o di un trasloco improvviso e inaspettato, può determinare un contraccolpo psichico di forte intensità, e dalla durata più lunga di quanto ci si aspetterebbe.

In questi casi si parla di reazione depressiva. Più propriamente, di depressione reattiva, termine dallo specifico significato clinico. In cosa si contraddistingue e come può essere curata?

Cosa si intende per depressione reattiva?

Cosa si intende per depressione reattiva?

La depressione reattiva è una forma di depressione che si manifesta in seguito ad un fatto percepito come estremamente doloroso, sia esso un lutto, quindi la perdita di una persona cara, un problema fisico importante come un tumore, la perdita del proprio posto di lavoro o un fallimento. Il soggetto sviluppa una reazione del tutto spropositata, che prende i contorni di una vera e propria depressione.

Il sentimento dominante della depressione reattiva è una sensazione di tristezza totalizzante rispetto ad ogni altro sentimento che il soggetto potrebbe esperire. Una sensazione che determina forte stress oltre che senso di smarrimento.

Come si manifesta la depressione reattiva?

La depressione reattiva, rispetto alla depressione maggiore con la quale condivide alcuni aspetti sintomatologici, si distingue, come accennato, per eventi che minano la vulnerabilità del soggetto. Le cause dei sintomi di questo disturbo dell’umore sono pertanto da ricondurre a fattori ambientali e non, come nel caso della depressione maggiore, per fattori di ordine biologico e genetico.

I sintomi determinati da questa condizione possono coinvolgere non solo la psiche ma anche il corpo del soggetto. Tra i sintomi più ricorrenti si possono indicare:

  • una bassa autostima e una sensazione di sfiducia
  • un senso pervasivo di tristezza e la sensazione che qualcosa di catastrofico stia per accadere
  • una perdita di interessi
  • una condizione di ansia
  • disturbi del sonno e stanchezza
  • possibili disturbi dell’alimentazione
  • disturbi più propriamente fisici, tra i quali bruciori di stomaco oppure cefalee
  • un sensibile calo del desiderio sessuale.

Il soggetto può esperire anche sintomi cognitivi quali ruminazione, estrema difficoltà nel prendere decisioni, difficoltà sia di concentrazione che di memoria. La concomitanza di sintomi si manifesta con maggiore incisività durante la sera.

In alcuni casi, quando si soffre di depressione reattiva grave, il soggetto può abbandonarsi all’abuso di sostanze come via di fuga dalla realtà.

I cambiamenti e le nostre reazioni

Non è detto che i cambiamenti che determinano una depressione reattiva siano esclusivamente eventi traumatici. È il caso, ad esempio, della depressione post partum, nella quale un evento tra i più gioiosi nella vita rischia di prosciugare le energie di una donna, lasciandola priva di energie, con senso di colpa e con il desiderio di isolarsi.

Una depressione reattiva può verificarsi anche in un contesto lavorativo perché si è stati licenziati, ad esempio, o perché si è vittima di mobbing, evento stressante per definizione in ambito professionale.

Quanto dura la depressione reattiva?

Per la depressione reattiva non ci sono stime di durata valide in termini assoluti. I sintomi possono durare alcune settimane o persistere anche per diversi anni, con alcune caratteristiche che vengono affrontate in sede diagnostica.

È possibile affermare come la durata e l’intensità della condizione dipendono molto dalla struttura della personalità di chi ne soffre, potenzialmente già resa fragile da eventi traumatici vissuti nel passato, e dal significato dell’evento in termini emotivi.

In che modo avviene la diagnosi?

Il DSM-V inquadra la depressione reattiva tra i disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti. Di riflesso, il primo criterio diagnostico è dato dalla comprensione di quale evento scatenante abbia determinato l’insorgenza dei sintomi depressivi.

In un contesto più circostanziato il DSM-V fa riferimento, per l’inquadramento diagnostico, ai disturbi dell’adattamento. Si tratta di disturbi che possono determinare ansia oltre a sintomi comportamentali ed emotivi di natura depressiva. Importante, ai fini diagnostici, l’identificazione di un evento scatenante.

Per avere una diagnosi di depressione reattiva è comunque necessaria una manifestazione di questi sintomi entro tre mesi dall’evento traumatico e una loro cessazione entro i sei mesi dall’accadimento dell’evento scatenante.

Quando i sintomi della depressione reattiva persistono per tempi più lunghi, si ha una situazione di cronicità, che decorre a partire dai due o più anni dall’esordio, senza che si verifichi alcuna remissione. Superata questa soglia temporale si parla di distimia.

Come aiutare una persona con depressione reattiva?

L’approccio terapeutico d’elezione per una depressione reattiva è la psicoterapia, una terapia parlata, vista anche l’eccezionalità dell’origine di questa forma di depressione rispetto al vissuto emotivo solito del soggetto. Si può ricorrere tuttavia a una terapia farmacologica, segnatamente gli ansiolitici o gli antidepressivi, spesso somministrati in fase di avvio di una psicoterapia.

È scopo di una psicoterapia fare in modo che il soggetto rielabori l’evento scatenante, cercando di comprendere il significato che ha assunto per il soggetto, per costruire o ritrovare una narrazione di sé, rispetto all’evento, più funzionale e svincolata da possibili condizionamenti di tipo familiare e sociale.

In questo modo, il soggetto può avere accesso ad una esperienza del dolore più autentica, che risuoni con la propria identità. Sarà possibile quindi elaborare il lutto o l’evento scatenante in modo più funzionale.