Psichiatria

La disposofobia: cos’è e come contrastarla

Accumulare giornali, vestiti, persino animali fino a non avere più spazio per vivere normalmente. È il meccanismo distorto che alimenta la disposofobia, un disturbo che può compromettere in modo severo la qualità di vita di una persona. Scopriamo come riconoscerla e come curarla.

La disposofobia: cos’è e come contrastarla

La disposofobia è una condizione psicologica complessa che coinvolge un forte attaccamento e un bisogno compulsivo di accumulare oggetti, anche se spesso inutili o privi di valore. 

Questo disturbo, noto anche come accumulo patologico o accaparramento compulsivo, va ben oltre la semplice tendenza a conservare oggetti come ricordi o per scopi pratici.

In questo articolo, ne esploriamo in dettaglio il meccanismo psicologico, le cause, i sintomi e le opzioni di trattamento più risolutive.

Che cos’è la disposofobia?

La disposofobia è una condizione in cui un individuo trova estremamente difficile separarsi dagli oggetti che accumula nel corso del tempo. Questi oggetti possono variare notevolmente, da giornali vecchi e vestiti non utilizzati a oggetti rotti o persino animali domestici in quantità eccessive, tali da impedirne l’adeguato accudimento.

La caratteristica chiave della disposofobia è la mancanza di controllo nell’acquisizione e nell’accumulo di questi beni, anche quando non hanno alcun valore intrinseco.

A differenza del collezionismo, dove gli oggetti vengono catalogati con cura e mantenuti in buone condizioni, i disposofobici accumulano in modo disorganizzato. Gli oggetti spesso invadono completamente i loro spazi vitali, rendendo le stanze inutilizzabili per le attività quotidiane: le persone finiscono per essere “sepolte in casa”.

Disposofobia: cause

Le cause esatte della disposofobia non sono ancora del tutto comprese, ma coinvolgono una combinazione di fattori genetici, ambientali e psicologici. Ecco alcune delle principali cause che possono contribuire allo sviluppo di questa condizione:

  • esperienze passate: molte persone con disposofobia hanno vissuto esperienze traumatiche o stressanti nel corso della loro vita, come perdite significative o situazioni che hanno generato in loro insicurezza. Questi episodi possono innescare un forte desiderio di controllo sugli oggetti come meccanismo di difesa
  • fattori genetici: soggetti con una storia familiare di accumulo patologico potrebbero essere a maggior rischio di sviluppare il disturbo
  • mancanza di supporto emotivo: individui che crescono senza adeguato sostegno emotivo, calore e accettazione possono sviluppare la disposofobia come una forma di compensazione. Gli oggetti possono diventare una sorta di conforto o una fonte di sicurezza
  • disturbi mentali correlati: l’accumulo compulsivo può anche essere associato ad altri disturbi mentali, come il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) o il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (DDAI)

Che problema hanno gli accumulatori?

La disposofobia ha un forte impatto sulla vita delle persone che ne sono affette, complicando la gestione della routine quotidiana e il benessere emotivo.

L’accumulo eccessivo ha innanzitutto una ricaduta sulla qualità della vita domestica, poiché l’accatastare oggetti all’interno degli ambienti abitativi rende difficile svolgere attività basilari come cucinare, pulire o riposare. A questa condizione di disagio pratico se ne aggiunge una di disagio sociale: molti accumulatori evitano il contatto o l’ingresso di altre persone nelle proprie case a causa dell’imbarazzo legato al disordine e finiscono spesso per isolarsi. Nel caso di convivenza con altre persone, devono invece affrontare tensioni significative con queste ultime, dovute al disordine generato dagli oggetti accumulati.

Le case degli accumulatori possono diventare pericolose e mettere a rischio la loro salute, a causa dell’aumentato rischio di incendi, infestazioni da parassiti e lesioni provocate dagli oggetti accatastati. L’acquisto compulsivo di oggetti, unito all’incapacità di separarsene, può portare inoltre a problemi finanziari, con spese eccessive per acquistare beni inutili.

Non da ultimo, va considerato il prezzo dell’accumulo patologico in termini di integrità psicologica: le persone affette da disposofobia spesso soffrono di un senso di colpa e vergogna legato al loro comportamento, il che può minare l’autostima e l’immagine di sé.

Come riconoscere un accumulatore seriale?

I sintomi della disposofobia possono essere così sintetizzati:

  • acquisizione compulsiva, ovvero un forte bisogno di acquisire sempre più oggetti, anche quando non sono necessari o utili
  • difficoltà a separarsi dagli oggetti, anche se inutili o rotti
  • ansia e disagio associati all’idea di separarsi dagli oggetti 
  • impatto sulle attività quotidiane, con problemi di igiene e vivibilità che rendono gli spazi vissuti inutilizzabili
  • isolamento sociale che porta a evitare l’ingresso in casa di familiari, amici o figure professionali (per esempio, tecnici per interventi di riparazione) 

Come aiutare un malato di disposofobia?

Quando si riconosce in una persona vicina un atteggiamento di accumulo patologico come ci si deve comportare? A chi bisogna rivolgersi?

Il primo passo per affrontare il problema è creare uno spazio di comunicazione aperto e privo di giudizi, in cui la persona possa sentirsi ascoltata e accettata. È fondamentale, inoltre, incoraggiarla a cercare supporto professionale: la disposofobia è infatti un disturbo che richiede un trattamento specializzato, il solo a poter fare la differenza in circostanze simili.

L’approccio terapeutico può giovare moltissimo del coinvolgimento della famiglia e degli amici della persona affetta da disposofobia. La comprensione degli effetti indotti da questo disturbo e il sostegno emotivo da parte di persone care possono essere determinanti per il successo della terapia.

Cosa, invece, non bisogna fare quando si vuole aiutare un accumulatore? È importante evitare qualsiasi tentativo di forzare la persona ad eliminare gli oggetti o a pulire l’ambiente in modo coercitivo, poiché ciò potrebbe peggiorare la situazione.

Come si cura la disposofobia?

Come si è detto, la cura della disposofobia richiede l’intervento di figure specializzate come psicoterapeuti e psichiatri. Il trattamento terapeutico è un processo che agisce sia sugli aspetti cognitivi sia sugli aspetti comportamentali della condizione. Ne consegue che la terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è spesso la principale modalità di trattamento utilizzata.

Attraverso la TCC, il paziente apprende a identificare e a modificare le credenze distorte e i pensieri irrazionali che guidano il suo comportamento di accumulo. Questo processo mira a favorire una maggiore consapevolezza e a sviluppare abilità per prendere decisioni più consapevoli e funzionali riguardo agli oggetti. Un elemento fondamentale del percorso terapeutico è la psicoeducazione, attraverso cui il terapeuta guida il paziente e i suoi familiari nella comprensione della condizione, dei sintomi e delle strategie per affrontarla.

In alcuni casi, la cura della disposofobia deve essere integrata con un trattamento farmacologico, ad esempio a base di antidepressivi, per gestire l’ansia e la depressione associate alla condizione.

Il trattamento per la disposofobia richiede tempo e impegno, e il successo dipende in gran parte dalla motivazione e dalla collaborazione del paziente. Tuttavia, con l’approccio terapeutico adeguato e il sostegno appropriato, molte persone affette da disposofobia possono migliorare la loro qualità di vita e gestire in modo più efficace il disturbo.

Come ci si libera dalle ossessioni?

Il comportamento ossessivo che si cela dietro la disposofobia è un aspetto che può essere affrontato grazie a un piano di intervento ad ampio raggio. Tutto comincia con il riconoscimento e l’accettazione del problema: prendere consapevolezza del fatto che l’ossessione da cui si è animati è irrazionale e dannosa e richiede un’azione immediata.

Fondamentale è, poi, come si è detto, intraprendere un percorso psicoterapeutico per imparare a identificare i pensieri che alimentano il ciclo delle ossessioni e a contrastarli. A questo possono aggiungersi eventuali terapie farmacologiche e il ricorso a tecniche come la mindfulness e il rilassamento, utili per gestire l’ansia e prevenire il ritorno dei comportamenti ossessivi.

Il supporto emotivo e la comprensione di familiari e amici sono altrettanto importanti nel processo di liberazione dalle ossessioni. Infine, un approccio olistico alla salute, comprensivo di un’adeguata alimentazione, un esercizio fisico regolare e un buon equilibrio sonno-veglia può migliorare lo stato psicologico generale e ridurre lo stress, influenzando positivamente il controllo delle ossessioni.