Psichiatria

Disturbo evitante di personalità: quello che c’è da sapere

Questa sindrome psicologica è caratterizzata da un pervasivo evitamento di situazioni considerate fonte di ansia, pericolo o imbarazzo e può influenzare negativamente ogni ambito della quotidianità di chi ne soffre

Disturbo evitante di personalità: quello che c’è da sapere

Si parla di disturbo evitante di personalità quando l’individuo evita qualsiasi situazione che crede possa suscitare in lui stati d’ansia, in quanto fonte di imbarazzo o pericolo.

Il paziente che soffre di questo disagio psicologico vedrà assai limitati i margini di manovra in molti ambiti della sua vita, a causa della continua tendenza ad evitare di affrontare la quotidianità.

In questo articolo cercheremo di capire quali siano:

  • le principali caratteristiche del disturbo evitante
  • le tipiche manifestazioni sintomatologiche di questo disagio psicologico 
  • la prognosi del disturbo
  • le possibili strategie di intervento

Che cos’è il disturbo evitante di personalità

Il disturbo evitante di personalità è una sindrome psicologica caratterizzata da un pervasivo evitamento di situazioni considerate fonte di ansia, pericolo o imbarazzo.

La persona con un disturbo evitante di personalità vede limitati molti ambiti della sua vita, a causa del continuo ritiro in se stessa e allontanamento dalle difficoltà.

La diagnosi di disturbo di personalità evitante, ad ogni modo, è abbastanza sfuggente e sovrapponibile con altre forme di disagio psicologico. 

In questo senso, può essere paragonabile ad altre forme di disagio psicologico come:

Possiamo definire una persona come “evitante”, quando l’elusione dei problemi e delle fonti di ansia diventa il meccanismo principale con cui la persona affronta la quotidianità.

Una persona evitante si riconosce, ad esempio, da alcuni comportamenti quali: 

  • tendenza a rinunciare a situazioni sociali
  • propensione costante a procrastinare
  • un certo grado di passività. 

Queste caratteristiche, comunque, non sono sempre indice di un disturbo evitante. Rimandare o cercare di “non pensare” a qualcosa che mette ansia sono, infatti, strategie comuni a tutti. 

Questi comportamenti diventano patologici nel momento in cui vengono messi in atto in maniera sistematica.

La differenza, infatti, la fa la frequenza con cui una persona ricorre a tali meccanismi e la loro centralità nella sua vita di tutti i giorni.

Disturbo evitante: sintomi principali

Secondo il DSM-5, uno dei manuali diagnostici dei disturbi mentali più usati e diffusi nella pratica clinica, il Disturbo di personalità è definito come “un pattern pervasivo di inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità al giudizio negativo, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti, come indicato da quattro (o più) dei seguenti elementi:

  1. Si evitano attività lavorative che implicano un significativo contatto con altre persone, per paura di eventuali critiche, disapprovazione o rifiuto.
  2. Si è restii a entrare in relazione con persone, a meno che non si abbia la certezza di piacere. 
  3. Ci sono limitazioni nelle relazioni intime per timore di essere umiliati o ridicolizzati.
  4. Ci si preoccupa di essere criticati o rifiutati in situazioni sociali.
  5. Si è inibiti in situazioni interpersonali nuove per sentimenti di inadeguatezza.
  6. Ci si vede come socialmente inetti, personalmente non attraenti o inferiori agli altri.
  7. Si è insolitamente riluttanti ad assumere rischi personali o a impegnarsi in qualsiasi nuova attività, poiché questo può rivelarsi imbarazzante.

Quando si sospetta la presenza di un disturbo evitante, è importante valutare la natura delle paure e delle aspettative fobiche della persona. Un disturbo evitante può nascondere standard perfezionistici in termini di “performance”. Questi tratti possono andare ad influenzare qualsiasi ambito della vita di una persona: dalla sua cerchia sociale, alla sfera lavorativa fino allo studio..

In alcune circostanze, il disturbo evitante di personalità può assumere tratti ossessivi o narcisi.

Disturbo evitante: la prognosi

Un disturbo evitante di personalità non ha una prognosi specifica e ben definita.
Ogni sindrome psicologica ha una storia a sé e le diagnosi da DSM non vanno prese alla lettera. Ogni diagnosi ha molteplici sfumature e sfaccettature e, addirittura, secondo alcuni, la diagnosi andrebbe eseguita alla fine del trattamento, non all’inizio.

Il disturbo di personalità evitante può risolversi grazie all’ausilio di una psicoterapia psicoanalitica, che aiuti la persona a comprendere la genesi e lo sviluppo dei sintomi psicologici e il senso che hanno per lei e per la sua storia di vita. Gradualmente, nel corso della psicoterapia la persona imparerà a prendere contatto con le proprie emozioni e con i pensieri che la spaventano e la spingono a evitare le situazioni di difficoltà.

Anche una psicoterapia cognitivo-comportamentale o una terapia di gruppo possono essere utili per affrontare le credenze patogene e i meccanismi di difesa disfunzionali della persona evitante.Lo psicoterapeuta che ha in carico una persona con presunto disturbo evitante dovrà essere in grado di operare una diagnosi differenziale raffinata, nonché comprendere quali sfumature assume questo disturbo e se esiste una compresenza di altre sindromi di personalità o altri disturbi come ansia, depressione o fobie sociali. Una valutazione di questo tipo è cruciale per definire una prognosi adatta. Una diagnosi approfondita può ad esempio rilevare la presenza di una “semplice” fobia sociale, oppure indicare la presenza di un disturbo di personalità narcisistico più strutturato. La prognosi, nei due casi, può cambiare molto: se la fobia sociale è affrontabile con interventi più mirati e circoscritti nel tempo, un disturbo narcisistico può richiedere mesi, se non anni di psicoterapia personale.