Agorafobia. Quali i sintomi e come superarla?

L'agorafobia, quando diagnosticata, può essere risolta grazie alla psicoterapia. Negli ultimi anni, la Realtà Virtuale e la tecnica del biofeedback stanno dando notevoli risultati.

Agorafobia. Quali i sintomi e come superarla?

L’agorafobia è un disturbo d’ansia legato a spazi aperti o luoghi affollati.

Chi soffre di agorafobia prova intense sensazioni di angoscia e disagio in situazioni poco familiari, percepite come prive di vie di fuga o di aiuto. Spesso questa condizione è collegata a attacchi di panico, crisi d’ansia e stress post-traumatico, può variare nella sua gravità e manifestarsi con sintomi fisici come sudorazione fredda, tachicardia, nausea e senso di soffocamento.

Nei casi più gravi, può influire negativamente sulla vita quotidiana, limitando la sfera sociale e lavorativa della persona.

Quali sono le cause dell’agorafobia? E come intervenire per curarla? Scopriamolo insieme.

Cos’è l’agorafobia?

L’agorafobia è un disturbo d’ansia caratterizzato da una paura, o fobia, intensa e persistente di situazioni in cui una persona si sente esposta e vulnerabile, o situazioni e luoghi in cui può esserci difficoltà a fuggire o trovare aiuto, in caso di panico o altri sintomi imbarazzanti.

In termini psicologici è definita da una preoccupazione riguardante l’essere in luoghi o situazioni da cui potrebbe essere difficile o imbarazzante scappare o in cui potrebbe non essere disponibile aiuto in caso di un attacco di panico. Non si tratta, quindi, esclusivamente della paura degli spazi aperti, come spesso si è portati a pensare.

L’agorafobia può verificarsi da sola, ma spesso si accompagna ad altri disturbi d’ansia, in particolare il disturbo da attacchi di panico. Le persone affette da agorafobia si ritrovano evitare situazioni come luoghi affollati, viaggiare in auto, bus o aereo e nei casi più significativi possono sentirsi sicure solo all’interno della propria casa, attuando una vera e propria strategia di evitamento, in inglese avoidance.

Prime diagnosi di agorafobia

Le primissime informazioni di carattere scientifico relative all’agorafobia (letteralmente: paura della piazza, dalle parole greche agorà, piazza in cui si tiene il mercato e phobos, paura) risalgono a due studiosi tedeschi, Karl Friedrich Westphal e Moriz Benedikt.

Il primo, nel 1871, propose il termine agorafobia per denominare un disturbo il cui sintomo prevalente era l’ansia che si manifestava quando la persona attraversava ampi spazi o strade vuote. Il secondo descrisse la stessa sindrome, ma poiché considerava essere le vertigini il sintomo prevalente e più caratteristico, le attribuì il nome di Platzchwindel, ovvero vertigini in luoghi pubblici. Questo termine, però, non ebbe molta fortuna.

Incidenza dell’agorafobia

L’agorafobia, classificabile come disturbo ansioso, si manifesta in Italia con una percentuale che oscilla tra il 2% e il 5%. Nella maggior parte dei casi l’esordio si presenta in genere tra i 20 e i 30 anni. Sia le donne che gli uomini possono essere colpiti, anche se le statistiche mostrano che l’agorafobia è più diffusa tra le donne.

Cerchiamo quindi di conoscerne la sintomatologia. L’agorafobia, come approfondiremo a breve, si presenta come una condizione apparentemente molto semplice, costituita essenzialmente dal sentimento di paura di determinate situazioni e da un comportamento volto a evitare il pericolo di stare male, in inglese “avoidance”.

Con quali sintomi si manifesta la paura degli spazi aperti?

Tra i principali sintomi fisici si possono indicare:

  • sudorazione eccessiva
  • tremori
  • palpitazioni o accelerazione del battito cardiaco
  • sensazione di soffocamento
  • dolore o fastidio al petto
  • nausea o disturbi addominali
  • vertigini o sensazione di svenimento
  • intensa sensazione di paura, fino a provare un vero e proprio attacco di panico.

Questi sintomi fisici sono l’espressione di un’intensa reazione emotiva e fisiologica allo stress e all’ansia che la persona percepisce in luoghi e situazioni che la intimoriscono. Il vissuto di chi soffre di agorafobia può comunque variare notevolmente di intensità da individuo a individuo fino a non rendere possibile, come accennato, anche il solo uscire di casa.

Questi i sintomi fisici, ai quali possono essere aggiunti altri segnali di disagio e malessere del corpo quali disfagia, vertigini e acufene.

Quali sono i sintomi cognitivi e comportamentali?

L’agorafobia può essere tuttavia caratterizzata da altri ordini di sintomi di tipo cognitivo e, in ultima istanza, comportamentale. Tra i sintomi cognitivi citiamo la paura di:

  • patire un attacco di panico, come già visto
  • un pericolo di vita imminente
  • una perdita di controllo in pubblico
  • arrossire oppure tremare, sempre in pubblico
  • una perdita della propria salute mentale
  • monofobia, ovvero la paura di rimanere da soli in casa.

Agorafobia: la diagnosi

Per una diagnosi di agorafobia, il DSM-5 richiede che il soggetto patisca in modo persistente ansia o paura, per almeno sei mesi, a causa di almeno due tra queste situazioni:

  • l’uso di mezzi pubblici
  • l’essere in spazi aperti
  • trovarsi in luoghi chiusi
  • lo stare fuori casa da soli
  • stare in mezzo alla folla o essere in fila.

Inoltre affinché l’agorafobia sia diagnosticabile, sempre in accordo con il DSM-5, è obbligatorio che:

  • ci sia sempre paura o ansia nelle stesse situazioni
  • i soggetti siano evitanti, in queste situazioni, o richiedano l’aiuto di persone fidate
  • ansia e paura siano spropositate rispetto alla reale minaccia
  • ansia, paura ed evitamento compromettano in modo significativo la vita sociale e professionale.

Quali sono le cause dell’agorafobia?

Tra i fattori che possono determinare l’insorgenza dell’agorafobia si possono indicare:

  • fattori biologici: le ricerche suggeriscono che possono esserci aspetti neurobiologici. Ad esempio, disfunzioni nei sistemi di neurotrasmettitori, come il sistema di serotonina e noradrenalina
  • genetica: esiste una certa evidenza che suggerisce una componente genetica nell’agorafobia. Individui con familiari di primo grado affetti da disturbi d’ansia hanno una probabilità maggiore di sviluppare l’agorafobia, il che suggerisce che la predisposizione genetica possa avere un ruolo
  • esperienze traumatiche o stressanti: incidenti, malattie gravi o perdita improvvisa di una persona cara, possono agire come trigger in persone predisposte
  • fattori ambientali e apprendimento: la storia di vita di una persona, comprese le sue esperienze di apprendimento, può influenzare lo sviluppo dell’agorafobia. L’osservazione di comportamenti ansiosi in altri membri della famiglia o figure significative, ad esempio, può insegnare a una persona ad avere paura di certe situazioni. Anche l’apprendimento tramite esperienze negative dirette, come l’avere avuto un attacco di panico in pubblico, può rafforzare la paura e l’evitamento di determinate situazioni
  • personalità e fattori psicologici: alcuni tratti di personalità o schemi di pensiero possono rendere un individuo più suscettibile allo sviluppo di agorafobia. Per esempio, le persone che hanno una tendenza generale all’ansia, quelle che sono particolarmente sensibili allo stress o che hanno stili di attaccamento insicuri, possono essere a maggior rischio.

Quanto dura l’agorafobia?

La durata dell’agorafobia può variare notevolmente da persona a persona. Alcune persone possono sperimentare sintomi agorafobici solo per un breve periodo, mentre per altre il disturbo può diventare cronico. La gravità dei sintomi, il momento in cui è iniziato il disturbo, la presenza di eventuali fattori di rischio o condizioni sottostanti e la ricerca di trattamenti adeguati possono influenzare la durata dell’agorafobia.

È tuttavia importante sottolineare che, già per formularne la diagnosi, l’agorafobia non solo dovrebbe persistere da qualche tempo (di solito, 6 mesi o più), ma anche comportare sintomi che non possono essere attribuiti ad un’altra condizione mentale, come il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) o il disturbo da stress post-traumatico (PTDS).

In alcuni casi, l’agorafobia può migliorare con il tempo, soprattutto con l’aiuto di alcuni interventi psicologici che elencheremo qui di seguito.

Come superare l’agorafobia?

Le possibilità di trattamento dell’agorafobia sono molteplici, dall’auto-aiuto per le forme meno gravi, a percorsi psicoterapeutici o farmacologici (quindi una presa in carico psichiatrica) per le forme più complesse e severe.

Il modello terapeutico d’elezione per trattare l’agorafobia è la CBT, Terapia Cognitivo Comportamentale. Grazie a questo approccio, il paziente si sforza nel cambiare o modificare i propri pensieri disadattivi, costruendone di nuovi maggiormente funzionali.

Un secondo approccio a questa fobia è dato dalla terapia di esposizione e desensibilizzazione, attraverso la quale il soggetto ottiene una desensibilizzazione sistemica dopo essere stato sottoposto, in modo e ambiente controllato, agli stimoli fobici.

Il soggetto può inoltre beneficiare di tecniche di rilassamento. Possiamo citare il training autogeno e lo yoga.

La terapia farmacologica

Nei casi in cui chi soffre di agorafobia appare in una condizione già severa e fortemente invalidante, il medico psichiatra può decidere di ricorrere a un approccio farmacologico. Il principio attivo che può dare maggiore beneficio al soggetto agorafobico è l’inibitore della ricaptazione della serotonina. Indichiamo anche l’adozione, sempre sotto controllo medico, di benzodiazepine.

In entrambi i casi, la terapia farmacologica dovrebbe essere affiancata a un percorso terapeutico, dal momento che affronta e allieva i sintomi, ma non agisce sulle cause.

Come comportarsi con una persona che soffre di agorafobia?

L’agorafobia ha un notevole impatto sulla qualità della vita di chi ne soffre e di chi gli sta intorno. Avere a che fare con un agorafobico, infatti, richiede molta sensibilità, pazienza e comprensione. Tra i suggerimenti che possiamo offrire a chi si ritrova a vivere con qualcuno che soffre di agorafobia, i più efficaci sono:

  • informarsi sulla condizione per comprendere al meglio cosa comporta l’agorafobia
  • comunicare apertamente e mostrare empatia. Chiedere alla persona come si sente e quali situazioni specifiche possono scatenarle ansia o paura, può essere molto d’aiuto. È importante mantenere una comunicazione aperta e senza giudizi
  • rispettare i limiti della persona ed evitare di esercitare pressione per affrontare situazioni che potrebbero scatenare ansia
  • essere pazienti. L’agorafobia può richiedere tempo per essere gestita e spesso richiede a chi non ne soffre molti sacrifici.
  • offrire compagnia in situazioni che causano ansia
  • sostenere il trattamento e supportare pratiche benefiche come la mindfulness, aiutando la persona a raggiungere la propria serenità e indipendenza secondo i suoi tempi
  • Valutare un percorso di terapia familiare se necessario.

Agorafobia: il trattamento con la Realtà Virtuale

Al Santagostino proponiamo un’innovativa tecnica per trattare l’agorafobia, la Realtà Virtuale. Grazie alla Realtà Virtuale, il paziente può vivere un’esperienza immersiva con il supporto dello psicoterapeuta. Nell’ambiente virtuale in cui si ritrova, un ambiente protetto e controllato, potranno accadere confronti rispetto agli stimoli agorafobici, in modo interattivo.

Il paziente ha dunque modo di sperimentare ed esplorare situazioni potenzialmente attivanti, nella vita reale, in un ambiente virtuale che riproduce uno scenario rilassante che, progressivamente, porterà verso lo scenario temuto. La Realtà Virtuale si è dimostrata efficace anche nei casi di aerofobia e, più in generale, ha provato la sua validità come passaggio intermedio tra apporto terapeutico con il professionista e un’autonomia, rispetto alla specifica fobia, da riconquistare.

L’esposizione virtuale si è dimostrata un’importante innovazione delle tradizionali tecniche espositive proprie del modello cognitivo comportamentale. In particolare, l’impiego della Realtà Virtuale ha reso possibile un maggiore controllo sull’aspetto di gradualità del trattamento, permettendo al paziente di sperimentare l’efficacia delle strategie apprese in sedute in un ambiente sicuro.

In conclusione, non dobbiamo dimenticare il contributo che la tecnica del biofeedback ha apportato anche nel trattamento dell’agorafobia, grazie alla possibilità che dà, al soggetto trattato, di apprendere strategie per poter gestire la componente psicofisiologica di questo disturbo.

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