La depressione è un disturbo che si manifesta con sentimenti di tristezza profonda, vuoto interiore e, talvolta, irritabilità.
Chi ne è affetto affronta una situazione seria, spesso di notevole gravità, che richiede l’intervento di un professionista. Quali sono i segnali e le cause di questa condizione? Come si dovrebbe agire verso chi soffre di depressione? E, soprattutto, a chi rivolgersi per ottenere supporto?
In questo articolo esploreremo i concetti fondamentali alla base del Disturbo Depressivo e le terapie attualmente considerate più efficaci.
Cos’è la depressione?
Il termine depressione indica principalmente un soggetto che prova umore triste, senso di vuoto e irritabilità. Accanto a questi stati d’animo, fanno comparsa modificazioni di tipo cognitivo e fisico che gravano negativamente sulla qualità della vita della persona. Un’altra definizione possibile di depressione è la costante sensazione di tristezza, unita alla importante riduzione di piacere e di interesse nei confronti delle attività che solitamente danno senso.
Secondo il World Mental Health Report del 2022, a cura dell’OMS, si è assistito ad un aumento della depressione del 25%, e attualmente si contano 300 milioni di persone con questa diagnosi, nel mondo.
La depressione può inoltre essere considerata non solo una patologia a sé stante, anche un sintomo da inquadrare in un contesto diagnostico più ampio, come nel caso del disturbo depressivo maggiore. Va inoltre considerato come la depressione maggiore risulta essere associata ad una mortalità elevata: circa il 15% delle persone con depressione grave termina la propria vita con il suicidio.
Nella maggior parte dei casi, comunque, la persona riferisce sintomi che apparentemente non sarebbero riconducibili alla depressione, ma che pure la caratterizzano: apatia, calo del desiderio, stanchezza cronica.
I principali sintomi della depressione
Nella sfera emotivo-affettiva si segnalano sintomi in base ai quali il soggetto amplifica il vissuto emotivo negativo che riguarda ricordi passati o aspetti della vita vissuta nella quotidianità.
Tra questi si includono:
- incapacità di provare gioia: il soggetto non riesce a essere allegro e non prova piacere per condizioni e fatti che in passato gli risultavano gradevoli.
- incapacità di provare alcun tipo di sentimento. Spesso a questa situazione si associa una condizione di ansia, tradotta dal paziente in un senso di minaccia incombente.
- mancanza di vitalità, concretamente percepibile, soprattutto nelle espressioni del viso
- sentimenti di colpa, di vergogna o senso di inadeguatezza
Tra i sintomi cognitivi, il soggetto può lamentare una capacità di pensare e di concentrarsi compromessa, prova difficoltà nel prendere decisioni o ricordare. I contenuti dei pensieri stessi acquistano sfumature patologiche: la realtà viene interpretata in chiave puramente negativa o pessimistica, si prova un forte senso di insicurezza e mancanza di fiducia in se stessi.
Sintomi depressivi della sfera neurovegetativa
Tra i sintomi della sfera neurovegetativa si possono notare:
- alterazione del ciclo sonno-veglia
- alterazione dell’alimentazione che provoca un cambiamento del peso corporeo: l’appetito può diminuire o aumentare, con una tendenza ad assumere una maggior quantità di carboidrati o cibi dolci.
- variazione dell’attività psicomotoria: la persona depressa percepisce un senso di vuoto mentale, che provoca un senso di rallentamento motorio, gestuale e mimico. L’individuo ha difficoltà a esprimersi verbalmente, accompagnate da una sensazione generale di riduzione dell’energia, astenia, fatica e stanchezza. Al contrario, il soggetto può invece manifestare sintomi di irrequietezza, agitazione e soffrire di una pervasiva inquietudine interna
- declino cognitivo: anche la cognitività ne risente poiché attenzione, capacità di concentrazione e memoria risultano alterate
- La sfera sessuale è anche interessata: si segnala una significativa riduzione dell’interesse sessuale o calo del desiderio.
Le persone affette da depressione possono anche sperimentare ricorrenti pensieri di morte e suicidio. Questi pensieri possono essere visti dal soggetto come una possibile fuga dalla condizione di estremo malessere o derivare dalla convinzione che la propria assenza sarebbe un sollievo per i familiari e amici.
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), per stabilire una diagnosi di depressione è necessario constatare la presenza contemporanea di almeno cinque dei seguenti sintomi per un periodo di almeno due settimane, e che questi rappresentino un cambiamento rispetto al normale livello di funzionamento precedente.
Almeno uno dei sintomi dev’essere costituito da umore depresso (o deflesso) o perdita di interesse o piacere.
Quali sono i comportamenti di una persona depressa?
Una persona depressa tende all’evitamento e all’isolamento sociale, riduce le proprie relazioni e abbandona le attività sociali, adotta un comportamento passivo. Accanto ad una riduzione generale di tutte le attività quotidiane e all’apatia, la persona depressa manifesta anche anedonia, letteralmente mancanza di piacere, nello svolgere una qualunque attività, e senso di vuoto.
Un ulteriore aspetto che risulta trascurato è la cura di sé e del proprio corpo, nel nutrimento, nell’igiene personale e nel vestirsi. Anche la vita sessuale viene messa in secondo piano, se non completamente accantonata.
Chi soffre di depressione tende a lamentarsi, si abbandona alla ruminazione e si ritrova in un circolo vizioso per il quale svolge sempre meno azioni, e ogni tentativo di intraprendere un’attività risulta sempre più difficile. In questo modo si rafforza la propria idea di persona incapace, determinata dalla autosvalutazione e dall’autocritica.
La possibilità di svolgere una qualsiasi attività minimamente piacevole, o di semplice cura, viene anche costantemente sabotata da pensieri pessimistici e catastrofici che pervadono il vissuto interiore.
Quando la depressione è grave?
Nei casi di depressione grave, è possibile che la persona manifesti sintomi specifici e più importanti, come pensieri deliranti e allucinazione. Quando sono presenti sintomi psicotici si parla di depressione psicotica.
La psicosi può essere definita come perdita del principio di realtà o, più semplicemente, come distacco dalla realtà. In una simile situazione la persona può avere convinzioni poco verosimili, e può provare allucinazioni.
Perché il depresso allontana chi ama?
Il depresso si ritrova ad allontanare le persone che ama per molte ragioni. Innanzitutto l’aprirsi all’altra persona implica scoprirsi, dunque dare accesso alla propria parte intima e più vulnerabile. È un rischio che può determinare, comprensibilmente, paura.
Se poi da tenere in conto il fatto che mostrare la propria condizione di malessere di disagio espone, più nel dettaglio, a rischio di essere feriti oppure di essere rifiutati. Non esporsi può essere, anche se in modo disfunzionale, una scelta difensiva.
A volte, inoltre, la persona depressa decide di non condividere la propria condizione con chi ama, o con i primi familiari e le persone amiche, perché non vuole essere un peso.
Quali sono le cause della depressione?
È possibile definire tre ordini di cause, o fattori, che concorrono nella manifestazione di sintomi depressivi:
- cause biologiche quali l’alterazione nella regolazione di noradrenalina e serotonina, che sono neurotrasmettitori. Questa alterazione può incidere sul sonno, sui rapporti con gli altri, sul rimuginio. Il disturbo disforico premestruale, poi, può presentare una componente depressiva
- cause psicologiche e sociali determinate da eventi stressanti quali lutto, nascite (si pensi alla depressione post partum), conflitti familiari o interpersonali, cambiamenti di amicizie o di città
- cause genetiche e fisiologiche nella misura in cui chi soffre di disturbo depressivo maggiore vede nei propri familiari un rischio fino a quattro volte maggiore di sviluppo di questo disturbo.
Quanti tipi di depressione ci sono?
La depressione ha un andamento che si caratterizza per episodi o fasi. A periodi, più o meno lunghi, di condizione “normale” si alternano episodi con sintomi depressivi. Quando a fasi depressive si avvicendano episodi maniacali scanditi da euforia, in questo caso si parla di depressione bipolare, in un più ampio contesto di disturbo bipolare. Questi i tipi di episodi:
- episodio depressivo, quando si hanno sintomi depressivi per almeno 14 giorni
- disturbo depressivo ricorrente nel caso in cui gli episodi si susseguono
- distimia, che si caratterizza per sintomi meno gravi, ma più persistenti nel tempo
- depressione bipolare di forma I quando, come accennato in precedenza, episodi depressivi si alternano a episodi maniacali (euforia, eccitabilità). Si parla di depressione bipolare II quando la condizione maniacale è meno pronunciata, e viene definita ipomania
- depressione psicotica, caratterizzata da false idee e convinzioni e, a volte, allucinazioni. Le false convinzioni possono riguardare la sfera economica e/o della salute. Si parla rispettivamente di delusione della povertà e delusione ipocondriaca. A volte il soggetto può esprimere eccessivi sensi di colpa
- depressione atipica, quando il soggetto eccede nell’alimentazione e non soffre di insonnia, ma dorme ben oltre le 8 ore consigliate
- depressione reattiva, solitamente si presenta dopo un evento traumatico per il soggetto
- disturbo affettivo stagionale che interessa chi soffre di depressione atipica, solitamente durante l’autunno e l’inverno.
Come si fa a riconoscere se si soffre di depressione?
Come si fa a capire se si è davvero depressi? Si parla innanzitutto di circadianità.
La deflessione dell’umore patisce delle fluttuazioni con un andamento, quotidiano, appunto circadiano. Le prime ore della giornata sono le peggiori e, verso la sera, si percepisce un sollievo modesto.
Il secondo aspetto è la fasicità. Durante la propria vita, il soggetto che ha avuto uno o due episodi depressivi è più propenso ad avere ulteriori episodi dello stesso tipo, manifestando lo stesso tipo di suscettibilità. Un po’ come accade con l’allergia, alla stessa maniera la depressione può verificarsi una seconda, e terza, volta.
Una diagnosi di depressione, che deve essere svolta dallo specialista, si basa sulla sintomatologia; sia per quanto riguarda la gravità che la durata dei sintomi. in caso di depressione maggiore, si ha diagnosi quando quotidianamente, per almeno due settimane di seguito, la persona presenta almeno 5 tra sintomi che sono stati indicati.
Per quanto riguarda invece il disturbo depressivo persistente, è sufficiente che siano presenti almeno due sintomi depressivi da almeno due anni. Né deve essere stata presente alcuna remissione.
Va comunque specificato che non sono sufficienti i criteri clinici né l’inquadramento dei sintomi, ma esistono test specifici che aiutano lo specialista a perfezionare e a definire la diagnosi.
Sono depresso o triste?
La depressione, a differenza della tristezza o di un semplice calo d’umore, si manifesta chiaramente attraverso l’incapacità di affrontare la vita quotidiana e la perdita di interesse per attività che un tempo erano appaganti. La depressione non è una fase temporanea o qualcosa che può risolversi da sola o con il semplice supporto delle persone care.
Riconoscere un disturbo depressivo è cruciale per il percorso verso il recupero. La terapia va pensata sia come cura di una fase della malattia, sia come prevenzione per possibili ricadute, dal momento che sintomi, di diversa intensità, possono presentarsi anche dopo lunghi periodi di serenità e calma.
Chi è più soggetto alla depressione?
La depressione colpisce in modo differenziato tra la sfera femminile e quella maschile, con una chiara prevalenza tra le donne, che presentano una percentuale del 30% superiore rispetto agli uomini.
Questa disparità sembra già emergere durante l’adolescenza in quanto studi hanno evidenziato che le ragazzine adolescenti sperimentano il doppio delle probabilità di sviluppare depressione rispetto ai loro coetanei maschi.
Un divario che sembra essere attribuito a molteplici fattori, tra cui le influenze genetiche, i cambiamenti e fluttuazioni ormonali come il ciclo mestruale e i problemi derivati dalla percezione del proprio aspetto fisico.
A incidere su tale differenza si aggiunge l’aspetto culturale: le donne sono costrette ad affrontare maggiori sfide sociali legate all’equilibrio tra carriera e famiglia e sono quindi più inclini a sperimentare sindromi ansiose e disturbi depressivi.
Le donne, inoltre, mostrano una maggiore propensione a cercare aiuto per la loro sofferenza emotiva.
Le differenze di genere non si limitano all’incidenza della depressione, ma si estendono anche alle modalità di manifestazione e alle relative conseguenze. Solitamente gli uomini tendono a sperimentare una forma più persistente di depressione, mentre le donne sono soggette a eventi più episodici.
Questa discrepanza ha implicazioni significative in quanto gli uomini sono spesso più a rischio di subire gravi conseguenze legate alla depressione, come l’abuso di sostanze o il suicidio.
Come uscire dalla depressione, e come si cura?
La depressione si cura con un trattamento farmacologico mirato composto di solito da farmaci antidepressivi (ascrivibili alla categoria degli psicofarmaci), assunti gradualmente. Il dosaggio pieno sarà ottenuto dopo 2, massimo 3 settimane.
Si hanno benefici concreti dopo circa 4/6 settimane, con un miglioramento soprattutto sulla seconda parte della giornata e, successivamente, lungo tutto l’arco giornaliero. Gli antidepressivi agiscono su tutto il quadro clinico, dalla tristezza all’insonnia. Non è quindi affatto opportuno associare ansiolitici a farmaci per l’insonnia, in modo sistematico, in un contesto terapeutico per la cura della depressione.
I farmaci antidepressivi appartengono a diverse classi. Per indicarne alcune, esistono:
- gli antidepressivi SSRI, che inibiscono il reuptake della serotonina
- gli antidepressivi NSRI, che inibiscono il reuptake di serotonina e noradrenalina
- gli antidepressivi NaRI, la cui funzione è quella di inibire la ricaptazione della noradrenalina
- gli stabilizzatori dell’umore, adottati nei casi di disturbo bibolare
- gli antidepressivi triciclici (TCA) la cui adozione sta passando in secondo piano, per via degli effetti collaterali.
L’assunzione del farmaco va sostenuta anche dopo che è stato raggiunto il benessere, solitamente per un periodo di tempo che va dai 6 ai 12 mesi, ovvero per il cosiddetto periodo di mantenimento. In seguito, sulla base di una serie di valutazioni cliniche fatte con il proprio specialista curante, il farmaco potrà essere sospeso o si potrà optare per un basso dosaggio. In questo caso il mantenimento diventa una terapia di stabilizzazione e di prevenzione di nuovi episodi depressivi.
Accanto ai trattamenti di tipo farmacologico, non è da escludere un approccio terapeutico con un professionista della psiche. In questo senso, la terapia cognitivo-comportamentale ha dimostrato di avere un buon margine di successo nella gestione della depressione. Cercare un primo colloquio con un professionista è il primo passo verso il benessere.
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